Renzi, la copert(ur)a è corta
«Voglio abbassare le tasse» non si può dire: troppo berlusconiano. E tutto ciò che è berlusconiano, signora mia, è da condannare. In diversi, tra cui Stefano Fassina, hanno reagito così di fronte all’annuncio di Renzi di un piano che prevede, nell’ordine: l’abolizione della tassazione sulla prima casa nel 2016, un intervento su Ires e Irap nel 2017 e un altro che metterà mano alla curva Irpef e alle pensioni nel 2018. Nel 2013 però, quando Letta fece la stessa cosa con l’Imu, Renzi e i renziani si comportarono analogamente: «Per creare lavoro dobbiamo dare una visione per i prossimi 20 anni, il problema non è l’Imu», disse l’attuale premier, allora sindaco di Firenze. Oggi l’abolizione della tassa sulla prima casa non è più una cagata pazzesca ma una cosa essenziale, necessaria, preziosa. I problemi però restano, e il punto centrale non è quanto questa proposta sia di destra, di sinistra, berlusconiana, lettiana o renziana. Il problema sono le coperture, che mancano come al solito. Secondo l’economista Mario Seminerio, la Tasi prima casa costa 3,5 miliardi. «Sommando l’abolizione, sempre annunciata da Renzi, dell’Imu agricola e sui macchinari industriali, il conto totale per il prossimo anno arriva a circa 5 miliardi». E nel 2016 ci sono parecchie altre cose, come l’ipotesi della proroga della decontribuzione per i nuovi assunti con contratto a tempo indeterminato. « Ci sono due modi, per raggiungere l’obiettivo di alleggerimento fiscale», dice Seminerio. «Il primo è la crescita. Per il prossimo anno non ci sono tuttavia previsioni di accelerazione della crescita, che dovrebbe essere intorno a 1,5%. Se il gettito non aumenta per via spontanea, quindi, serve fare deficit. Considerando che le previsioni accreditano all’Italia nel 2016 un deficit-Pil di 1,8%, ecco che Renzi invoca “il rispetto di Maastricht”, cioè del 3%. Ci sarebbe cioè un margine di 1,2% di Pil, cioè 18-19 miliardi». Ma per quale motivo la Ue dovrebbe