Vanity Fair (Italy)

QUANTI ISMAELE IN ALBANIA ( e, soprattutt­o, quante Ambera)

L’Italia è sotto shock per il diciassett­enne sgozzato per «onore» nel Pesarese. Ma dall’altra parte dell’Adriatico, ci spiega una scrittrice da Tirana, questa è quotidiani­tà. Con una variante

- Di

Un diciassett­enne, Ismaele Lulli, sgozzato per mano di un ventenne, Igli Meta, nelle campagne del Pesarese. Il motivo: una ragazza, Ambera Saliji. Con un sms l’assassino Igli Meta attira nella trappola Ismaele; un altro ragazzo, Marjo Mema, fa da complice. A Ismaele legano mani e piedi, poi Igli gli taglia la gola, poi lo scaraventa­no giù per un dirupo, poi vanno entrambi a lavarsi nelle acque del fiume lì vicino. Ismaele Lulli voleva fare lo chef, o il carabinier­e. È finito col fare il morto perché ha osato corteggiar­e «la donna dell’altro». Solo Ismaele, in questa storia, è italiano. Igli e il complice Marjo sono albanesi d’Albania cresciuti in Italia. Ambera Saliji è albanese di Macedonia, anche lei cresciuta in Italia. La ragazza giura adesso che aspetterà il suo amato Igli finché lui uscirà di prigione, perché ha fatto sì una brutta cosa uccidendo Ismaele, ma l’ha fatto per gelosia. È dunque una questione d’amore, di rispetto e di «onore». Anche la stampa albanese riporta il fatto da giorni, ma senza dargli spazio o peso particolar­e. Perché in Albania, purtroppo, questo non è un episodio eccezional­e. Basta scorrere la cronaca nera locale per trovare numerose tragedie scatenate per ragioni analoghe. Hai guardato la mia ragazza? Perché l’hai guardata? Come osi mandarle un sms? Salta fuori una pistola, o un coltello, e il finale si sa. Va detto, in realtà, che la maggioranz­a dei crimini del genere, in Albania, avvengono a danno delle donne: di regola sono loro le vittime, picchiate, uccise, martoriate nel nome di un senso distorto dell’amore, di un assurdo concetto della proprietà. Il pensiero corre al Kanun, la raccolta di leggi consuetudi­narie che per molti secoli ha regolato la vita delle terre del Nord albanese. Il Kanun prevedeva che il padre della novella sposa desse al genero, insieme alla dote, due pallottole da usare nel caso la sposa disubbidis­se o disonorass­e il marito. Una licenza di ucciderla senza scatenare faide, nel caso la donna si comportass­e «male». Ma il Kanun in nessun caso prevedeva l’uso del coltello. E soprattutt­o non indicava con leggerezza l’omicidio come mezzo

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