Vanity Fair (Italy)

NUDA? SÌ, LA VODKA AIUTA

-

uando la vedo passare, diretta nella stanza d’albergo dove rilascia le interviste, Lizzy Caplan è la versione leggerment­e più glamour del personaggi­o che interpreta in Masters Of Sex: abito anni ’50 al polpaccio, capelli perfetti, rossetto rosso fuoco, scarpe con il tacco. Quando poi, qualche ora dopo, la incontro, mi trovo davanti quella che sembra una ragazzina: scalza, in salopette di jeans, rannicchia­ta sulla sedia che gioca con il cane. «Ho dovuto cambiarmi: sono troppo stanca per quelle scarpe», si giustifica sorridendo. Diventata famosa per la parte di Janis Ian in Mean Girls e dopo una serie di commedie brillanti, Lizzy, come il suo collega Sheen, ha trovato in Virginia Johnson il ruolo di una vita, quello che in un colpo solo l’ha trasformat­a in attrice drammatica, sex symbol e icona fashion. «È buffo, perché Virginia non ha tanti soldi, eppure è sempre perfetta. In questo la invidio, vorrei essere come lei anche nella vita, ma come vede sono molto più trasandata». Nata a Los Angeles, figlia di un consiglier­e politico e di un avvocato, Lizzy ha avuto, dal 2006 al 2012, una relazione con Matthew Perry, il famoso Chandler di Friends. Oggi invece dice: mai con un collega. Soprattutt­o, mai con Michael Sheen, nonostante i due sul set abbiano un’intesa perfetta. «Dopo la nostra prima scena di sesso Michael ha vomitato! Aveva mangiato qualcosa che gli aveva fatto male, ma questo l’ho saputo solo dopo. Scherzi a parte, con lui mi trovo bene e gli sono grata, ho imparato tanto e credo che il suo più grande pregio sia quello di aver reso la profondità del personaggi­o e della relazione con Virginia». Passare dalla commedia a quello che si può definire dramma è stato difficile? «All’inizio un po’, soprattutt­o dal punto di vista psicologic­o. Con l’andare del tempo ho però capito che le differenze tra i due generi non sono così estreme come potrebbe sembrare: il mio lavoro in quanto attrice è di essere vera sempre, indipenden­temente dal tipo di prodotto. E poi in Masters Of Sex ci sono momenti comici e altri, di cui sono orgogliosa, molto profondi dal punto di vista psicologic­o: sicurament­e la mia sfida più grande». È d’accordo con il detto che è più difficile far ridere che far piangere? «Non saprei, quello di cui sono convinta è che non si può insegnare a qualcuno a essere divertente e che il passaggio contrario, dal dramma alla commedia, è spesso più difficile. In questo senso mi ritengo fortunata». Ha sempre pensato di diventare attrice? «No. Sono cresciuta a Los Angeles, ma non mi è mai venuto in mente di fare l’attrice fino a quando ho avuto 15 anni, tardi per gli standard di Hollywood. Non sono stata una bambina prodigio». Prima dei 15 anni che cosa voleva fare? «La spia. Poi il dottore, ma prima di sapere quanto fossi poco portata per la scienza. Poi la psicologa o l’antropolog­a». Le scene di nudo sono davvero le più difficili per un attore? «All’inizio è imbarazzan­te, ma poi diventa una questione tecnica. Più lo fai, meno è difficile. È parte del mio lavoro e io sono fortunata perché non mi sono mai sentita usata sul set: se c’è uno show in cui il nudo è giustifica­to è proprio questo. Arrivata alla terza stagione le scene di nudo non mi fanno più paura». Ha usato qualche trucco all’inizio? «Le prime volte ho bevuto della vodka, ma ora non ho più questo lusso: le scene di Masters Of Sex sono piene di dialoghi, non posso arrivare sul set ubriaca». A molti attori capita di innamorars­i sul posto di lavoro, soprattutt­o girando scene come le vostre. «Alle volte capita di trascorrer­e così tanto

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy