Vanity Fair (Italy)

TORMENTONI

-

avevo bisogno di dirle. Lei è giovane, ha solo 17 anni, ed è anche molto bella, e così io le dico di fare attenzione ai ragazzi, e di non avere fretta con la vita». Gelosia da fratello maggiore? «No, solo premure da fratello maggiore. La gelosia non esiste per le persone che sanno comunicare». L’ultimo passaggio in Italia, per il CocaCola Summer Festival, è stato un trionfo. «È stato a Roma che mi sono reso conto di essere diventato famoso. Ho conosciuto Nek, gli ho detto: “Hey, sei quello di Laura”. Già questo mi sembrava incredibil­e, adoro quella canzone. Sono andato a mangiare una pizza con Emma Marrone e Anna Tatangelo, tutti ci fermavano. È una sensazione stranissim­a, la gente che mi riconosce, dice che El mismo sol ha significat­o qualcosa, che gli farà ricordare per sempre quest’estate o che li ha aiutati a superare un momento difficile». Si accorgeva, mentre la scriveva, che stava uscendo un pezzo speciale? «No, no, per niente. Ero nella fase di transizion­e tra Barcellona e Berlino, vivevo sugli aerei e pensavo a quello che ci accomuna, che unisce persone distanti tra loro. Evidenteme­nte è un messaggio di cui la gente aveva bisogno. La musica serve a questo, far superare le distanze tra le persone, anche solo per quattro minuti». Da questo successo italiano potrebbe tirare fuori anche qualche collaboraz­ione. «Mi piacerebbe tantissimo fare qualcosa con Emma. Ha una voce incredibil­e, ma quello che mi ha colpito è il suo carisma, la sua forza interiore. Credo sia un’artista da cui potrei imparare molto». Dove parte la storia di Alvaro Soler? «Tutto comincia con un pianoforte elettrico che mi avevano regalato i miei genitori per il mio compleanno, quando ci siamo trasferiti a Tokyo. Compivo 10 anni, non sapevo niente di musica, non avevo nessuna struttura, ma mi piaceva giocarci, sperimenta­re i suoni. Poi è venuto il karaoke». Karaoke a Tokyo? Come in Lost in translatio­n? «Sì, ma in versione adolescenz­iale. A Tokyo è come in America, se sei un adolescent­e, non puoi andare nei veri locali, dove servono alcolici. Così, l’unica cosa divertente

Eterno Agosto è il primo album di Alvaro

Soler, lanciato dal successo di El mismo sol. che ci rimaneva da fare era il karaoke. Ci restavamo anche cinque ore di fila, fino a quando non finiva la voce. Però lì ho scoperto che sapevo cantare». Poteva diventare una star in Giappone. «Chissà. Ma ero un ragazzino timido e un po’ spaesato. Il Giappone può intimidire, anche se noi abitavamo in un sobborgo che, per certi versi, non era diverso da certi sobborghi di Barcellona. E poi c’era Taro, un labrador bellissimo che la mia famiglia prese lì e che ci ha seguito fino in Spagna, è morto pochi mesi fa. Mi ha insegnato qualcosa sull’amore che nessun’altra creatura avrebbe potuto trasmetter­mi. Ho scritto una canzone su di lui, non è nell’album, ma spero di pubblicarl­a presto. Un omaggio al mio amico». Quindi quando è tornato in Spagna ha riportato Taro e la musica. «Sì, esatto. Quando sono rientrato a Barcellona avevo 18 anni, ho messo su un gruppetto pop con mio fratello e un amico. Ci chiamavamo Urban Lights. Ci piacevano il funk e il r’n’b. Facevamo tutto da soli, senza etichetta, senza niente. E nel frattempo studiavo design industrial­e all’università». Così c’è un mondo parallelo in cui Alvaro fa il designer. «Non credo. La situazione economica in Spagna era ed è difficile, tutti i miei compagni di corso fanno ancora fatica, si devono barcamenar­e con stage pagati 200 euro al mese. E così mi sono detto: se devo guadagnare poco per lavorare tanto, provo con la musica, e se non funziona, mi toccherann­o gli stage come a tutti». Perché per provarci ha scelto Berlino? «È stato un caso, ma in fondo nemmeno troppo. Le persone che ho conosciuto e l’etichetta che ha creduto in me mi hanno portato a Berlino. È una città speciale, la capitale creativa d’Europa, c’è tanta gente che prova a fare le cose e un contesto che ti permette di provarci. Purtroppo a Barcellona non sarebbe stato così». Ma alla fine Eterno Agosto l’ha curata da quell’amore finito male? «Mi ha aiutato a tirare fuori quello che dovevo. Scrivere è guarirsi». Ora sarà pronto per un nuovo amore. «Per niente. Sono single e va bene così. In questa fase della mia vita, così frenetica, così piena di cose, non potrei mai gestire una relazione nel modo giusto».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy