Vanity Fair (Italy)

G A BR IE L E L IP P I

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a ancora la voce un po’ assonnata, al telefono, Giorgio Minisini, 19 anni: sta ancora festeggian­do i due bronzi conquistat­i a Kazan, il primo Mondiale della storia aperto ai maschi nel nuoto sincronizz­ato. «Per fortuna ho finito le gare e non ho più bisogno di riposare», scherza, soddisfatt­o per il risultato di un lavoro cominciato 13 anni fa.

HSua madre è un’ex sincronett­a, suo padre giudice di nuoto sincronizz­ato. Saranno felici. «Entusiasti. Sono convinti che l’apertura agli uomini sia lo sbocco naturale di questo sport». Sono stati loro a incoraggia­rla? «Mi ha dato la spinta vedere mio fratello entrare in acqua prima di me. Ma anche mia sorella faceva nuoto sincronizz­ato. Andavamo alle gare insieme, ci allenava mia madre, ci giudicava mio padre». Il ministro dello Sport russo, Vitaly Mutko, ha detto che non è una disciplina «da veri uomini». «Lo stereotipo è andato in frantumi ora che anche gli uomini gareggiano, lo abbiamo dimostrato in acqua: le prese sono più potenti, la differenza tra doppi misti e solo femminili c’è». Lei ha mai vissuto il pregiudizi­o? «Ho imparato con il tempo a fare buon viso a cattivo gioco. Da bambino me la prendevo di più, e ci è scappata pure qualche rissa». La prendevano in giro? «Mi dicevano che “mi truccavo”, anche se è palese che non lo faccio. Quando sono cresciuto ho capito che la loro era ignoranza e ho imparato a controllar­mi». Mai pensato di mollare? «Per le prese in giro, mai. Se ho pensato di farlo, è stato solo per l’impegno che questo sport comporta. Poche soddisfazi­oni e tante bastonate. Ma le soddisfazi­oni valgono di più». È «costretto» a depilarsi. Imbarazzo? «Da bambino non volevo. Anche io pensavo fosse una cosa da donne. Invece è una questione pratica. Senza peli sulle gambe, l’acqua scivola meglio, sei più leggero. E alla mia ragazza, Eleonora, piace: motivo in più per farlo». Anche lei nuota? «Sì, è una sincronett­a. Ci conosciamo fin da bambini. Nuotavamo nella squadra allenata da mia madre. È più grande di me, ha 22 anni». Nel «sincro» deve sorridere sempre, ingoiare acqua e portare avanti l’esercizio a ogni costo, in sintesi: recitare. È così anche nella vita? «Se il nuoto sincronizz­ato mi ha insegnato qualcosa, è stato proprio simulare, ma non è stato un fatto negativo, anzi. Nella vita di tutti i giorni non sono la persona più loquace del mondo, ma ho imparato a esserlo se ce n’è bisogno. Far finta di essere il più forte d’Italia quando arrivavo ventesimo mi ha aiutato a convincere gli altri che ero ad alto livello quando io stesso pensavo di non esserlo. Mi ha fatto andare avanti, crescere, diventare uomo».

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