LA FUGA PIACE, MA IL FUGGIASCO?
Ridley Scott dirigerà un film tratto dal best seller The Cartel di Don Winslow ispirato a Joaquín Guzmán, alias «El Chapo», il narcotrafficante messicano a capo del cartello Sinaloa recentemente evaso (per la seconda volta in 14 anni) da un carcere di massima sicurezza. La sua fuga rocambolesca ha lasciato tutti a bocca aperta: inquadrato per l’ultima volta dalle telecamere di sorveglianza nella zona docce, si è poi dileguato come un topo di fogna attraverso un tunnel sotterraneo scavato per 1.500 metri, in sella a una piccola moto. È inevitabile che la sua vicenda attragga il cinema perché le fughe affascinano da sempre: il bellissimo libro autobiografico di Giacomo Casanova Storia della mia fuga dai Piombi che ha tra l’altro ispirato Le ali della libertà con Tim Robbins e Morgan Freeman, il romanzone Papillon e l’omonimo film con Dustin Hoffman e Steve McQueen, e Fuga da Alcatraz con Clint Eastwood. Tutte fughe «impossibili» da realizzare e invece portate a termine dai nostri affascinanti eroi. Anche un topo di fogna come El Chapo risulterà affascinante, al cinema? Eppure, a pensarci bene la sua fuga non era «impossibile» ma «possibilissima», grazie ai milioni con cui ha probabilmente foraggiato i secondini e comprato connivenze. Del resto, nel Messico del fascinosissimo 49enne Enrique Peña Nieto tutto è possibile, anche la sparizione nel settembre scorso di 43 studenti (un «crimine di Stato» secondo Amnesty International) che protestavano contro la corruzione del loro Paese e i legami tra politica e criminalità organizzata.