Vanity Fair (Italy)

Il rischio della danza

Quando balla PATRIZIA PEPE libera la femminilit­à istintiva, il suo lato un po’ romantico e un po’ rock. E scopre una morbidezza che le permette di lasciarsi andare con gioia

- Di ANNAMARIA SBISÀ

asce Bambi, questo il vero cognome di Patrizia, in senso anagrafico e pure emotivo: «Come bambina lo ero, un piccolo bambi. Davo troppo valore alle amicizie, mi concedevo completame­nte. Sono una persona chiusa, quell’aprirsi in modo totale era rischioso». La bimba Bambi cresce e si richiude, concentran­dosi a diventare una stilista, un’autodidatt­a che impara sul campo, affinando sempre più il lato deciso degli abiti che portano il suo nome, a cui decide di dare un titolo più adatto, per cui Patrizia diventa Pepe: «Ho scelto guardando il vocabolari­o, mi piaceva il suono». Di pepato non c’è solo la fonetica, il sostantivo ben corrispond­e al suo carattere e alle contraddiz­ioni tra romantico e rock, tra maschile e femminile del suo pensare, il pepe insomma è parte del Patrizia design. La cui essenza – la figura longilinea e curata, i contrasti come strumenti di sensualità – è un traguardo al femminile che sottintend­e equilibrio e controllo del proprio corpo. Lo stesso che la stilista ha cercato, trovato e mantenuto, nel segreto giardino che regolarmen­te annaffia: ballando. Patrizia coltiva il centro esatto, di sé e di tutto il resto, il punto fermo che ci dà forza, nel momento in cui più si muove. Da circa dieci anni, per almeno tre ore di fila, con regolarità bi- settimanal­e, fascia oraria serale, nella sua vita la musica fa la differenza, quasi di genere. Questa: «Ballando sei costretta a fare la donna. Ti devi per forza ammorbidir­e, altrimenti non riesci. Nella danza di coppia

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