Vanity Fair (Italy)

COME MARILYN

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sì – ma siamo state sempre unite. Nel suo primo film, Corpo celeste, c’è una scena che mi emoziona molto. La sorella grande maltratta continuame­nte la piccola ma, quando sente una donna spettegola­re su di lei, la spintona in modo violento e le dice: “Non si parla male di mia sorella”. Mi riconosco in questa dinamica: morirei per lei, è sangue del mio sangue». Di solito si è disposti a dare la vita per i figli. Il suo compagno ne ha già due, da una relazione precedente: le chiedo se lei ne desidera. «Non è qualcosa che direi all’Italia attraverso un giornale». Temo il peggio, ma rimane seduta. «Però posso dirle che ho un rapporto molto forte con Anita, la figlia di Alice. Mi piace ascoltare le cose che dice, sono illuminant­i. Sto rileggendo Jane Eyre per la registrazi­one di un audiolibro. Nella prima parte, descrive alla perfezione l’essenza del bambino. I bambini dicono sempre la verità, e la dicono nel modo più puro. Sono quello che, da grandi, proveranno invano a tornare a essere: vivono nel presente, senza sovrastrut­ture. Se arrivi alla fine della vita e hai riconquist­ato quel bambino dentro te, sei in pace». Come si fa a interpreta­re, come in Hungry Hearts, una madre vegana che affama il figlio? «La sceneggiat­ura era scritta bene, mi è bastato poco per essere “dentro”. E da “dentro” ho difeso quella madre, l’ho capita, le ho voluto bene. Oggi che è passato del tempo e ho maturato il necessario distacco, riconosco che era una donna finita dentro un’ossessione pericolosa». Rohrhwache­r versione

pin-up nel corto di sua sorella Alice, De Djess, prodotto da Miu Miu, che sarà presentato a Venezia.

«Tutto è iniziato con Marco».

Sangue del mio sangue è anche il titolo del nuovo film di Bellocchio, un’opera divisa in due epoche. La prima parte, quella con Alba, ambientata nel Seicento attorno alla figura di una suora murata viva per aver sedotto due gemelli, uno soldato e l’altro prete. La seconda ai giorni nostri, in quella tetra ex prigione ormai diventata la casa di un misterioso conte. «È un film politico, straziante, racconta il disfacimen­to del momento che viviamo, ma con tutta l’ironia di cui è capace Marco». Il regista ci ha messo tutto di sé: il luogo dove è cresciuto (Bobbio, in provincia di Piacenza), la sua famiglia (il protagonis­ta, e unico presente in entrambe le epoche, è interpreta­to da suo figlio Pier Giorgio), i suoi attori prediletti – Filippo Timi, Roberto Herlitzka, e appunto Alba. «La prima immagine filmata che esiste di me, quando ancora ero studentess­a del Centro sperimenta­le, è sua, nell’Ora di religione: ero una suora e spingevo una sedia a rotelle. Tutto è iniziato lì. Tutto».

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