Vanity Fair (Italy)

Tutta colpa del ciuffo

Hanno 20 anni e si sono conosciuti sui social. BENJI E FEDE sono il fenomeno pop dell’estate. Ma non definiteli una

- Di FERDINANDO COTUGNO boy band

el video del loro primo singolo, Tutta d’un fiato, Benji e Fede suonano e cantano stesi sui materassin­i di una piscina. Facce pulite, filtri alla Instagram e l’aria di non avere una preoccupaz­ione al mondo. Questi due ragazzi di Modena, Benjamin Mascolo (chitarra) e Federico Rossi (voce), 20 anni, sono gli ultimi ad aver percorso la strada che porta dagli esperiment­i musicali in cameretta a YouTube e da YouTube a un’etichetta discografi­ca, grazie a una manciata di cover e al loro pop, che mescola chitarrine e basi elettronic­he. In autunno uscirà il loro primo album, e allora capiranno se c’è un futuro oltre la piscina di Tutta d’un fiato. Intanto, ci siamo fatti raccontare da Benji la strada fatta finora.

NSi può serenament­e dire che siete una boy band? «Direi di no, non siamo una boy band, abbiamo solo il look. Che poi a me piacciono le boy band, sono stato innamorato prima dei Backstreet Boys e poi degli One Direction. Ma se dite che assomiglia­mo a loro o a Justin Bieber, io penso sempre: è tutta colpa del ciuffo». E allora cosa siete? «Una band, senza boy. Ci scriviamo da soli i pezzi e veniamo da un mix di gusti diversi. Fede ama la musica italiana, mi ha fatto scoprire artisti che non pensavo avrei apprezzato, come Cesare Cremonini. Io sono più su quella internazio­nale. Ed Sheeran è il mio modello, lui fa 300 live l’anno; anche noi andiamo dappertutt­o, e ci capita persino di suonare davanti a cinque persone». Come vi siete conosciuti? «Su Facebook. Federico mi ha scritto un messaggio dopo aver visto alcuni miei video su YouTube. Siamo entrambi di Modena, ma non ci eravamo mai conosciuti. Io stavo partendo per l’Australia, per fare gli ultimi due anni delle superiori lì, quindi all’inizio il nostro rapporto è stato virtuale». Insomma, una storia a distanza. «Qualcosa del genere. Io registravo i provini delle canzoni e glieli spedivo; lui registrava sopra la parte vocale e me li rimandava. A volte, saltava la scuola per chiamarmi su Skype. Poi è arrivato il momento del primo incontro, ed è stato stranissim­o. Gli ho detto: hey, ma sei reale! È stato un momento che non dimentiche­rò mai». E i vostri genitori che dicono di questo suc- cesso improvviso? «Mia madre mi ha regalato la prima chitarra a otto anni, le ho fatto sentire la prima canzone a dodici, per anni i vicini si sono lamentati del casino. Insomma, non si è stupito nessuno».

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