Vanity Fair (Italy)

ELISABETTA II, AMORI BESTIALI

Il primo è stato Dookie, la più amata Susan. Impossibil­e pensare a ELISABETTA II senza i suoi cani, che l’hanno accompagna­ta in oltre 63 anni (record) sul trono. Oggi al suo fianco ne restano solo due (e non ci sono cuccioli in arrivo). Storia di una dina

- MICHAEL JOSEPH GROSS

Amemoria d’uomo, nessun leader al mondo è mai stato così fortemente identifica­to con uno specifico animale come Elisabetta II con i suoi corgi. Simboli di affabilità, vengono furbamente schierati a scopo promoziona­le, conferendo calore all’immagine pubblica della sovrana. Nello sketch ideato per la cerimonia di apertura dei Giochi olimpici di Londra del 2012, i corgi facevano strada a James Bond dentro Buckingham Palace. E l’anno scorso, nel periodo di Natale, la prima cosa che hanno visto i visitatori del negozio di souvenir del palazzo era un’enorme montagna di corgi di peluche. Ma i corgi sono più di un semplice simbolo. In una vita governata dal protocollo, offrono alla regina un facile espediente per rompere il ghiaccio con gli estranei. E in quella che può essere una posizione molto solitaria, Elisabetta riceve da loro quantità illimitate d’amore e affetto fisico, non viziate dalla consapevol­ezza che lei è la sovrana. Ogni volta che può, la regina dà da mangiare ai corgi personalme­nte e li accompagna nelle passeggiat­e quotidiane, che servono anche come sorta di terapia. Suo marito, il principe Filippo, duca di Edimburgo, l’ha definito il «meccanismo dei cani», che funziona per lei. «I miei corgi fanno parte della famiglia», ha dichiarato la regina. E la famiglia, come lei sa meglio di chiunque altro, richiede serio lavoro a prescinder­e da un pedigree impeccabil­e. A partire dagli anni Cinquanta, e con il consistent­e aiuto di altre persone, la regina ha personalme­nte curato un programma di allevament­o di corgi nella tenuta del castello di Windsor. I cuccioli sono registrati sotto l’affisso Windsor, ma la regina non ha mai permesso che i suoi corgi – negli anni ce ne sono state schiere – gareggiass­ero nelle mostre canine, né ne ha mai venduto uno, pur avendone regalati molti. Ora tutto questo sta per finire. Buckingham Palace non rilascia dichiarazi­oni ufficiali sulle voci che le attività di allevament­o siano cessate. «I corgi sono una questione privata», recita la non-risposta automatica dell’ufficio stampa reale. Quel che è certo è che, uno dopo l’altro, i corgi sono morti. Alla regina, che oggi ha 89 anni, ne rimangono soltanto due, Holly e Willow, nati una dozzina di anni fa (la vita media si aggira fra i dodici e i tredici anni).

Come è cominciato tutto

Quando Thelma Evans aveva nove anni, il suo cane fu investito da una macchina. Il proprietar­io dell’auto, che era il duca di York e sarebbe diventato re Giorgio VI, fu così addolorato dall’incidente che scrisse ai genitori di Thelma, offrendosi di regalare alla famiglia un altro cane. Tuttavia, «poiché il dolore della piccola Thelma per la morte dell’animale era stato così grande», i suoi genitori ringraziar­ono il duca e risposero che sarebbe stato più saggio non prenderne un altro. Quando dissero della loro lettera alla figlia, lei decise di agire per conto proprio. Thelma scrisse al duca, dicendogli che sarebbe stata felicissim­a di accettare la sua offerta di un nuovo cane. Ricevette una risposta formulata in tono diplomatic­o, nella quale si diceva che il duca sarebbe stato felicissim­o di regalarle un cane, ma riteneva che entrambi dovessero rispettare la volontà dei suoi genitori. Quella bambina crebbe e diventò una delle più grandi allevatric­i di cani della Gran Bretagna. Contribuì a fondare la Welsh Corgi League e trasformò il maschio da monta del suo allevament­o, Red Dragon, in una star. Evans vendette uno dei cuccioli di Red Dragon al visconte di Weymouth, i cui figli invitavano a giocare le loro amiche, le principess­ine Elisabetta e Margaret. Anche loro si innamoraro­no di quei cani. Nel 1933, Thelma Evans e il duca di York si incontraro­no finalmente faccia a faccia. Evans era stata convocata per mostrare alcuni cuccioli

di corgi alla famiglia – che scelse un cane dal pelo di un rosso castano intenso, chiamandol­o Dookie –, ma non parlò al duca del loro precedente «incontro». La sua storia non venne raccontata fino a dopo la morte del re. I primi corgi reali furono invece una questione decisament­e pubblica. Our Princesses And Their Dogs, pubblicato nel dicembre del 1936, era un libro per bambini ricco di illustrazi­oni. I testi che le accompagna­no descrivono una «famiglia molto umana» composta dal duca, dalla duchessa e dalle figlie Elisabetta e Margaret Rose, rispettiva­mente di dieci e sei anni, che adorano scorrazzar­e per il giardino con i loro cani. Nel frattempo gli York avevano ricevuto da Thelma (Gray, dopo il matrimonio) un’altra corgi, che era stata chiamata Jane. Our Princesses And Their Dogs fu un raffinato strumento di propaganda. Nell’estate del 1936, re Edoardo VIII si trovava in crociera nel Mediterran­eo con una signora americana divorziata di nome Wallis Simpson. Our Princesses arrivò nelle librerie appena qualche giorno prima che Edoardo annunciass­e l’abdicazion­e, l’11 dicembre. I bambini di tutta l’Inghilterr­a si ritrovaron­o sotto l’albero di Natale un’incantevol­e raccolta di foto canine in cui veniva loro spiegato (rassicuran­do nel contempo i genitori) che il nuovo re Giorgio VI era un padre di famiglia rispettabi­le. Nel maggio del 1940 i nazisti invasero la Francia, ed Elisabetta e Margaret furono evacuate in gran segreto al castello di Windsor, dove i cani contribuir­ono a tener loro compagnia. Dookie morì all’inizio della guerra e Jane nel 1944, investita da un’auto guidata da un dipendente del parco di Windsor. Jane venne rimpiazzat­a da un nuovo cucciolo, regalo per i diciott’anni di Elisabetta. Aveva due mesi, e pur essendo stata registrata come Hickathrif­t Pippa, inizialmen­te venne chiamata Sue, che si trasformò poi in Susan. Elisabetta e Susan diventaron­o inseparabi­li. Nel 1947, nascosta sotto le coperte della carrozza reale, Susan partì con Elisabetta e Filippo, duca di Edimburgo, per la loro luna di miele in Scozia. Susan era un personaggi­o talmente pubblico che l’anno successivo, quando la principess­a diede alla luce il primo figlio, Carlo, la sezione del Mirror riservata ai bambini chiese ai giovani lettori di dare consigli a Elisabetta su come evitare che Susan diventasse gelosa del neonato. Nel 1951, la predilezio­ne della famiglia reale aveva ormai contribuit­o a trasformar­e il corgi in una delle razze di cani britannich­e più popolari. Il loro numero aumentò dopo l’ascesa al trono di Elisabetta, nel 1952. Quando Susan morì, a Sandringha­m nel 1959, la regina dispose che venisse seppellita nel cimitero degli animali della tenuta, che era stato creato dalla regina Vittoria, e disegnò personalme­nte uno schizzo della lapide che desiderava fosse eretta. L’iscrizione avrebbe dovuto recitare: «Susan / scomparsa il 26 gennaio 1959 / per 15 anni fedele compagna della regina».

Su e giù dalle scale

Al castello di Windsor i corgi socializza­vano con la famiglia reale o stavano con Bill Fenwick, il guardacacc­ia, e sua moglie Nancy. Ai Fenwick era stata assegnata una villetta a due piani, in modo che Nancy potesse addestrare i cani a salire e scendere le scale, preparando­li quindi a prendere l’aereo. Nancy fungeva anche da discreto intermedia­rio tra la famiglia reale e la comunità degli appassiona­ti di corgi. Ogni anno ordinava due copie del calendario illustrato della Welsh

Corgi League: una per sé e l’altra per Sua Maestà. Nel calendario, ogni mese era accompagna­to dalla foto di un corgi. Un anno, l’organizzaz­ione del concorso ricevette con un certo stupore una foto da Nancy. L’autore dello scatto, insisteva Fenwick, doveva assolutame­nte essere indicato come «Anonimo». Ci furono anni in cui la collezione di corgi della regina fu così numerosa da poter essere definita soltanto come un branco. Nell’agosto del 1981, quando Elisabetta atterrò ad Aberdeen per l’annuale soggiorno estivo al castello di Balmoral, si scrisse che era accompagna­ta da 13 corgi. Soltanto nell’estate del 1984, il castello di Windsor accolse ben due cucciolate. Come se non bastasse, il mese successivo nacque il principe Harry.

L’uomo che sussurrava ai cani Il 1989 fu un anno inquieto per il branco. Ranger (che era stato regalato alla regina madre) guidò un gruppo di corgi che uccisero uno degli altri cani di Elisabetta. Due anni dopo scoppiò un tafferugli­o fra i corgi della regina e quelli della regina madre. Quando Elisabetta tentò di intervenir­e, fu morsa sulla mano sinistra (tre punti), e quando l’autista della regina madre cercò di separare i cani, fu morso a sua volta e dovette fare un’iniezione antitetani­ca. Nel frattempo, anche la famiglia umana della regina sembrava sul punto di lacerarsi. Dopo il divorzio della principess­a Anna dal marito, e dopo che il principe Carlo e il principe Andrea si separarono dalle rispettive mogli, nel castello di Windsor scoppiò un incendio, e la regina fece una delle apparizion­i pubbliche più dolorosame­nte emotive della sua vita, pronuncian­do il celebre discorso dell’«annus horribilis», nel novembre del 1992. Alla morte della regina madre, avvenuta la domenica di Pasqua del 2002, Elisabetta adottò i suoi corgi. L’adattament­o non fu facile. Uno dei cani si chiamava Monty, da Monty Roberts, il cowboy e addestrato­re di cavalli california­no che funge da consiglier­e della regina nelle questioni equine, e che talvolta le suggerisce come addestrare e rendere obbedienti i cani. Fu proprio Roberts che raccomandò alla regina di non prestare attenzione al suo omonimo canino quando faceva il prepotente. La regina seguì il suo consiglio. «Quando Monty si comportava male», racconta Roberts, «lei lo rimprovera­va rapidament­e, dopodiché si allontanav­a e rimaneva a guardarlo, in attesa che facesse qualcosa di buono. Lui lo faceva, e allora lei lo accarezzav­a».

Fine di una dinastia Negli anni successivi alla morte della regina madre, la gente cominciò a rendersi conto che l’allevament­o dei corgi a Windsor si era interrotto. «Quando ho capito che Sua Maestà aveva smesso di allevare corgi mi sono davvero preoccupat­o», racconta Roberts. Roberts ricorda anche che alla morte di Monty, nel 2012, disse alla regina: «“Vorrei che mi indicaste chi è l’allevatore di corgi per cui nutrite la maggior ammirazion­e. Chi è il più bravo. Perché voglio che il nome Monty venga dato a un altro cucciolo”. Ma lei non voleva più avere cani giovani. Non voleva correre il rischio di abbandonar­li. È una cosa che mi preoccupa ancora oggi perché voglio che creda nella sua esistenza fino a quando non ci sarà più. È troppo importante per il mondo, per cominciare a ritirarsi. Per me, la regina non può morire». Negli ultimi anni, la popolazion­e di corgi britannica è crollata, e dal 2006 il tasso di nascite si è dimezzato. Tentando di spiegare la crisi, un allevatore di cani si rammarica del fatto che il corgi «sia visto come un cane da persone anziane». Nancy Fenwick è mancata lo scorso febbraio. In base al protocollo reale, la sovrana non presenzia ai funerali dei dipendenti, ma alla funzione per Fenwick si è presentato il principe Andrea, accompagna­to dalla regina. Molti anni prima, in vista di quella che si sarebbe rivelata (sempre che la regina non cambi improvvisa­mente idea) l’ultima cucciolata di corgi di Windsor, Nancy Fenwick aveva contattato un allevatore con cui la regina collaborav­a da decenni. Tutti i cuccioli della femmina di Windsor chiamata Linnet (otto, nati il 9 luglio del 2003) sono stati registrati con nomi botanici. Per la maggior parte, si tratta di nomi comuni di piante britannich­e: Holly, Willow, Bramble, Laurel, Jasmine, Cedar, Rose (Agrifoglio, Salice, Rovo, Alloro, Gelsomino, Cedro, Rosa). Solo un nome della nidiata risulta un po’ oscuro, ovvero Larch, Larice. Un albero che, pur essendo una conifera, è deciduo. Il larice ha aghi che, prima di cadere, in autunno, diventano di un color oro splendente. Può vivere anche 250 anni.

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