BEPPE DI EXPO, I MILIARDI NASCOSTI E L’ARMA SEGRETA
Tutti a fargli le pulci sui conti dell’Esposizione ma SALA, il superfavorito alle PRIMARIE PD MILANESI del 6 e 7 febbraio, punta sui (molti più) soldi creati per la città, e sulla «ferita» che lo ha reso più forte. Contro di lui, il supermercato della Bal
GIUSEPPE SALA
il saggio
«Alla prima seduta lo psicologo mi disse: “Da oggi la tua vita non sarà più la stessa”. Solo dopo capii cosa voleva dire». Per parlare di quello che l’ha fortificato, Giuseppe Sala, 57 anni, inizia da quello che doveva distruggerlo. «Era un linfoma, uguale a quello che cinque anni prima si era portato via mio padre, in sei mesi». Quanti anni aveva? «Trentanove. Ero il classico yuppie della Milano da bere. E pensavo di avere il mondo ai miei piedi». Come reagì? «Piansi per due giorni. Poi smisi. Dovevo cercare un posto per fermarmi e pensare». E andò da uno psicologo. «Ci sono rimasto quattro anni. Al primo incontro, con quella frase, mi spaventò. Pensai che se ce l’avessi fatta mi sarei portato dietro quella debolezza. Invece, curata in due anni, mi ha fatto riconsiderare le priorità». Come ha affrontato il male? «Ho rinunciato a combatterlo. A quello ci pensano i dottori e le staminali. Quello che ho fatto, quello che consiglio di fare, è trovare una nuova interpretazione di se stessi rispetto alla malattia». La sua qual è stata? «Prima sopravvalutavo il presente, tutto mi sembrava fondamentale. Ora che so quali sono i veri guai, affronto i problemi con più leggerezza». Sembra quasi zen. «No, non ho cambiato il mio modo di vivere. Ho cambiato me stesso in quella vita». Quella vita inizia in Brianza. «Con la voglia di scappare a Milano». Ci arriva a 18 anni: studi alla
Bocconi, carriera ventennale in Pirelli. Niente male. «Ho fatto molta gavetta, mi creda. A Pirelli ho iniziato facendo i turni in fabbrica. Poi sono passato in un ufficio commerciale per imparare “come si vende”».
E a vendersi: a Milano ha lavorato sia con la Moratti che con Pisapia. I suoi avversari la chiamano un «uomo per tutte le stagioni». «Qualcuno non riesce a concepire l’idea di un tecnico che non sia “di parte”». Da tecnico, nel 2013 diventa commissario e ad di Expo. Il primo maggio scorso, in una Milano devastata dai black bloc, lei alza il sipario. «È stato il giorno più felice della mia vita». Nove mesi e 20 milioni di visitatori dopo, si discute ancora del bilancio.
«Le società i bilanci li fanno ad aprile. Noi abbiamo già presentato un preconsuntivo con molti dati. E c’è solo un numero che conta: il patrimonio netto, che è in positivo per 14 milioni di euro, con ricavi di oltre 736». Sono «ricavi» a bilancio, non soldi già tutti incassati. All’appello mancano ancora 51 milioni di euro. «Ma è normale che sia così. Vada a chiedere alle aziende italiane quanti crediti hanno ancora da incassare». È possibile che chiuda in perdita per qualche milione. «C’è una voce che non è contenuta nel bilancio. Sono i miliardi di euro di benefici sul territorio che l’Expo
ha creato. Questa è una voce che non comprendono in molti». È un po’ insofferente alle cri
tiche. Giorni fa è sbottato per
le «rotture di p.. sulla mia persona». «Lo ammetto: da uomo d’azienda, non ci sono abituato». Una settimana dopo la fine dell’Expo, si è fatto una bella camminata. «Avevo passato sei mesi a parlare con la gente: volevo stare un po’ da solo. Sono andato a Santiago di Compostela». Quanto ha camminato? «Ho fatto 100 chilometri in cinque giorni. Sono stati più delle parole scambiate…». Tornato, si è candidato. In passato per chi ha votato? «Repubblicani, radicali: mi affascinavano le battaglie di Pannella. Poi sempre centrosinistra: Pds, Ds, Pd». Majorino l’ha definita «il candidato dei salotti». «Non ho tempo per frequentare i salotti. Preferisco giocare a calcetto». Le danno del «freddino». «Chi non mi conosce». E di un uomo «senza esperienza politica». «A volte è un vantaggio». Se vince queste primarie? «Mi riposo una settimana». E se perde? «Un mese. Comunque vada, anche dopo quel giorno, la mia vita non sarà più la stessa».