Giulio, che era IL NUOVO MONDO
Io non so come facciano i familiari del povero Giulio Regeni a sopportare quel che gli sta succedendo. Un figlio che studia all’estero scompare improvvisamente – basterebbe a fare impazzire qualunque genitore – e, dopo i giorni drammatici della ricerca, l’epilogo è il peggiore immaginabile: non solo lo trovano morto, e sarebbe sufficiente a schiantarti dal dolore, ma vieni anche a sapere che probabilmente ha sofferto moltissimo prima di venire ucciso. E non lo sai solo tu: i media fanno a gara nel raccontare dettagli macabri sulle torture che avrebbe subito. Proviamo a immedesimarci: un figlio intelligente, curioso, brillante – ma se Giulio non avesse avuto nessuna di queste doti il dolore non sarebbe minore – ti viene ammazzato non sai da chi, in modo brutale. Tra tanti sospetti, uno più inquietante dell’altro, di provato non c’è nulla, ma su quel nulla chiunque urla una sua verità. Non è irrispettoso, e insopportabile? Chi è sicurissimo che Giulio Regeni sia stato sequestrato e torturato dai servizi segreti egiziani e chi invece dai nemici di Al Sisi, chi se la prende con i giovani che scherzano col fuoco e chi si indigna perché l’Italia non ha ritirato l’ambasciatore e interrotto i rapporti con l’Egitto. Chi è rassegnato al fatto che la verità rimarrà un segreto di Stato «e meglio così, perché l’Egitto deve difendersi e anche difenderci dall’Isis e dai Fratelli Musulmani». Chi sostiene che il vero problema sia che l’Italia non può far niente perché non le conviene economicamente, chi dà a tutti degli ipocriti perché protestano per Giulio ma non per quel che accade continuamente ai dissidenti egiziani, chi inneggia alla realpolitik e chi la deplora, chi sfotte i nostri quotidiani perché il New York Times sta indagando meglio e chi critica il New York Times perché non cita le sue fonti. È morto in modo inaccettabile un ragazzo di ventotto anni. Credeva, come dice in un video di un paio d’anni fa, nei diritti condivisi e nel patto tra società e istituzioni. Citava Gramsci ricordando che «Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri». Giulio Regeni era un ragazzo in gamba. Era lui, o avrebbe dovuto esserlo, il nuovo mondo. Gli dobbiamo almeno, a lui e alla sua famiglia, la massima cura nelle indagini giornalistiche e di polizia, la massima attenzione a quel che diciamo e scriviamo. Almeno quello.
Giulio Regeni, 28 anni, ricercatore a Cambridge, scomparso il 25 gennaio al Cairo, il 3 febbraio è stato trovato morto con
segni di torture.