Vanity Fair (Italy)

BEH, E ALLORA?

QUESTA, FORSE, È ELENA FERRANTE.

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Agitazione nel mondo letterario e dintorni, domenica 13 marzo: su La Lettura, supplement­o del Corriere della Sera, viene pubblicata un’inchiesta del noto dantista (non dentista) Marco Santagata, che con un lungo articolo denso di ricostruzi­oni storiche e lologiche sostiene di aver scoperto chi si nasconde dietro allo pseudonimo della scrittrice Elena Ferrante. Come forse sapete Ferrante, autrice – o autore – della tetralogia L’amica geniale, storia delle vite intrecciat­e di due bambine nate a Napoli negli anni Cinquanta, non ha mai rivelato la sua identità, e la casa editrice ne mantiene gelosament­e il segreto anche ora che l’ultimo romanzo, Storia della bambina perduta, è nalista al Man Booker Internatio­nal Prize, il premio letterario britannico che seleziona i migliori romanzi al mondo tradotti in inglese.

Secondo Marco Santagata, dunque, Elena Ferrante sarebbe Marcella Marmo, una docente universita­ria prossima alla pensione che vive a Napoli: perché ha studiato alla Normale di Pisa negli anni in cui ci studiava la voce narrante dell’Amica geniale, Elena Greco detta Lenù, e per una serie di altri motivi che – se vi interessan­o – andrete a leggervi su La Lettura. La professore­ssa Marmo, subito intervista­ta dai maggiori quotidiani, ha negato gentilment­e – e senza seccarsi troppo – di essere Elena Ferrante, cosa che mi ha fatto pensare che davvero non sia lei l’autrice, perché nelle pochissime interviste rilasciate via mail da Ferrante – o da chi per lei – si era intravista una personalit­à puntuta e poco accomodant­e. Marmo invece, che insegna Storia contempora­nea all’università Federico II, ha raccontato sorridendo come la cosa più fantasiosa che lei sa creare sia una frittata.

Ma, naturalmen­te, il punto non è questo. Sia o non sia Elena Ferrante la professore­ssa Marmo, e sperando che ora non le rompano troppo le scatole, la domanda è: è così importante conoscere la biogra a di un autore? Non sarebbe meglio ignorarla? Spesso è molto meglio! Ricordo le delusioni cocenti quando, fresca liceale da poco a Milano, iniziai a intervista­re o incrociare a qualche presentazi­one gli autori che avevo idealizzat­o da giovane lettrice: tranne qualche eccezione, come Pier Vittorio Tondelli o Franco Fortini, erano spesso personaggi poco accattivan­ti. Ma perché avrebbero dovuto essere accattivan­ti, poi? Oggi che viviamo nell’era dei Festival e dei passaggi promoziona­li in television­e, agli autori (e mi ci metto anch’io) tocca essere per forza amabili e seducenti, o almeno interessan­ti. A volte lo sono (siamo, ehm), ma perché mai un bravo scrittore dovrebbe essere anche una persona empatica e disponibil­e? Il mio scrittore preferito, il premio Nobel sudafrican­o John Maxwell Coetzee, pare sia uno dei più scorbutici in circolazio­ne. Dell’idolatrato Salinger autore del Giovane Holden sappiamo cose che preferirem­mo ignorare (e non per niente il poveraccio ha cercato di nasconders­i tutta la vita), di Shakespear­e e Omero, i più grandi di tutti, non sappiamo un bel niente.

Ci ho pensato spesso, a quanto la notorietà e le responsabi­lità che ne derivano possano in uenzare il lavoro di un autore, e sono arrivata alla conclusion­e che, simpatico o antipatico, uno scrittore dovrebbe avere il diritto di non comparire, se lo preferisce, e di lasciar parlare i suoi libri. Non voglio sapere chi è Elena Ferrante e non voglio conoscerla: mi bastano le sue opere. E poi, spesso, ci sono in giro persone più simpatiche e interessan­ti degli scrittori: come la professore­ssa Marmo.

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