MI BATTE FORTE IL TUO CUORE
Non sono un supereroe. Non sono neppure un medico, anche se sto studiando per diventarlo. Sono una ragazza di 21 anni, partita come tanti per l’inferno-paradiso che è Lesbo. Da 17 giorni sono tornata, ma è come se fossi ancora là. Non si torna mai del tutto, testa e cuore rimangono incastrati nel filo spinato del campo di Moria, arenati sulle spiagge disseminate di giubbotti arancioni. Rimangono, soprattutto, con le persone conosciute in Grecia. E, dopo 3 settimane su quell’isola, mi sento come un pezzo che non si incastra più. Perché, una volta che decidi di aprire gli occhi, il mondo non ti sembra più lo stesso. L’Europa gli occhi non li vuole aprire. La gente non li vuole aprire. Ma io voglio che li apra. Non voglio che, quando tornerò laggiù, gli amici mi salutino come un mese fa: «Quanto ti invidio che vai al mare!». Per questo vi scrivo. Per raccontare quello che ho visto, le persone e le loro storie. Gli amici siriani e afghani. Le amicizie e gli amori che ho visto nascere. I vestiti fradici. La vita in un campo profughi che, il giorno prima del mio rientro in Italia, è stato trasformato in un centro di detenzione. E noi, allontanati: così vuole l’accordo Ue-Turchia. Voglio raccontarvi di come tremo all’idea di guardare le foto delle prime deportazioni, per la paura di riconoscere, in quelle facce disperate, una faccia amica. Lala, 16 anni, fuggita dall’Afghanistan con il sogno di raggiungere la Germania: ripeteva continuamente le tre frasi in tedesco imparate da sola, a casa, coltivando la speranza di un futuro. La donna siriana che, sulla spiaggia, mi ha tenuta abbracciata per un’eternità. Non trovava più il suo bimbo di pochi mesi. Ricordo il momento in cui dal gommone mi hanno consegnato quel fagottino zuppo, e il momento in cui l’ho fatto scivolare tra le braccia della mamma. I ragazzi siriani che mi hanno mostrato le foto delle loro case distrutte dalle bombe, i corpi martoriati di fratelli e amici uccisi dall’Isis: che ne sarà di loro? Ogni persona mi è entrata dentro. Scriveva la poetessa Wislawa Szymborska: «Senti come mi batte forte il tuo cuore». SARA