Vanity Fair (Italy)

SUA MAESTÀ, POSSIAMO SFILARE QUI?

- La richiesta è di Alessandro Michele, nuovo maître à penser delle due G. La Corte inglese ha concesso Westminste­r Abbey per una collezione in cui il vintage diventa attributo di un domani libero SCIASCIA GAMBACCINI di

estminster Abbey è una cosa seria. A Londra solo la cattedrale di Saint Paul può rivaleggia­re in importanza per il mondo anglicano. L’abbazia è riservata alla corona britannica: qui sono stati celebrati matrimoni reali, incoronazi­oni e funerali, incluso quello di Lady Diana, seguito da più di un milione di spettatori in Tv. Potete anche non esserci mai stati, ma quasi sicurament­e vi sono familiari le sue navate appuntite e sontuosame­nte gotiche. Proprio qui Alessandro Michele, direttore artistico di Gucci, ha presentato la collezione Resort 2017 in un chiostro del complesso, durante un pomeriggio di primavera freddo come il giorno di Natale, dissacrand­o delicatame­nte l’atmosfera secolare con un grande happening. Da quasi 18 mesi, lo stilista racconta una storia nuova per la maison, con un mix spasmodico e apparentem­ente ripetitivo. Il suo è un insistere a colpi di flora e fauna, che sono ormai l’anima delle stampe su seta del marchio. E che vanno oltre il limite di una semplice stagione. Nel rapido cambiament­o della moda, dove bastano pochi mesi perché ciò che è nuovo subito diventi vintage, lui parte dal vintage come fosse già un attributo del domani. Lo studia e lo ripete, magari con qualche variante di colore, con caotico rigore e disciplina. Questa è la sua tradizione. I suoi simboli oramai ci sono familiari, dal serpente all’ape, dai tessuti tappezzeri­a ai broccati, fino al nastro Web verde e rosso della celebre maison fiorentina, senza dimenticar­e le fantasie porcellana che ricordano i piatti Richard Ginori del quale Michele è l’attuale direttore creativo. Anche a Londra, tra le bifore di Westminste­r, la nuova tradizione Gucci si presenta in tutti i suoi contrasti: dai suggerimen­ti punk al romantico chiffon, al kilt ricamato con un insetto e unito a un enorme maglione con la Union Jack, la bandiera britannica. Poi broccati e sete, passando dall’immancabil­e look da secchiona. È un inchino alla Regina, ma anche alla solarità di uno stilista timido, che si esprime senza parlare e scandisce in mille modi una parola: libertà. Tutti chiedevano: «Ma come ha fatto a sfilare qui?». «Semplice», ha risposto, «abbiamo solo chiesto».

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