Vanity Fair (Italy)

In viaggio con Capote

Il fascino della libertà, anche un po’ folle: ROSSELLA JARDINI l’ha vissuto con un genio della moda e l’ha coltivato con buone letture. Tra dame divine a colazione e omicidi a sangue freddo

- Di ANNAMARIA SBISÀ

o stile è quello che sei», scriveva Truman Capote. Per Rossella Jardini, quella dello scrittore americano è molto più che una citazione, come vedremo. Musa e amica di Franco Moschino e direttore creativo della maison per un totale di 30 anni, Jardini è ora alla regia del marchio di moda che porta il suo nome. La prima apparizion­e a febbraio scorso, nelle sale del Grand Hotel et de Milan, rendeva contempora­neo l’esprit anni Venti interpreta­to da modelle. In questo citare indipenden­za femminile, anche nella collezione inverno 2016-17, c’è molto di Rossella Jardini, che veste la mattina come se andasse a un cocktail o altrimenti esce in pigiama, però di genere favoloso. Uno speciale equilibrio tra sfrontatez­za e rigore, di ribelli e so sticate feste alla Gatsby e atmosfere da romanzo di Scott Fitzgerald. Sappiamo che Rossella Jardini s’ispira innanzitut­to a se stessa, che certo molto ha fatto il suo legame con il geniale Moschino, ma aggiungiam­o che altrettant­o contano, nella sua vita interiore – con assoluta precedenza a quelle di Truman Capote –, le pagine scritte: «Senza libri non vivo». Scorrono paralleli, dall’infanzia in poi, lampi di stile e scrittura. S’imprimono

Lnella memoria di bambina sandali con buchi e abiti con nido d’ape, poi le liseuse della nonna nella casa di campagna, le proposte srotolate nella casa di città dalla sarta, però Rossella non voleva quei colli tondi, ma una camicia da uomo. Ben alternate, scorrono anche le immagini tra le pagine, dei libri che Rossella leggeva di nascosto, al posto di quelli di scuola, seduta sul tappeto della camera, pronta a nasconderl­i sotto il letto se qualcuno entrava. Ancora a ollati da pagine divorate, in coda in auto negli anni adulti del lavoro, nei quotidiani trasferime­nti Milano/Bergamo. Con «quasi una libreria», Jardini parte per le vacanze, ma tra tutti quelli letti si staglia – imbattibil­e – Capote. Più che ragionevol­e, un’attrazione per l’autore di Colazione da Ti any: «Il suo senso dello stile e i suoi “cigni”, le divine dame di cui era amico. Il suo ballo in bianco e nero del 1966 al Waldorf-Astoria, ancora oggi da considerar­e il più bello del mondo». Più che irragionev­ole, invece, che la vera scintilla sia scattata col romanzo verità A sangue freddo: «Leggere di un eccidio in campagna su un tra letto del New York Times, prendere il treno per conoscere i due assassini e restare per tutto il processo!». Un invaghimen­to coltivato con cura, da collezioni­sta, accumuland­o dettagli, leggendo e rileggendo, andando a cercare i posti dove ha vissuto, ammirando la fotogra a che lo ritrae a New Orleans: «Dove sembra persino bello». Ma: «Io mi sono innamorata della sua follia». Jardini, avrebbe voluto essere più matta? «Un po’ lo sono stata. Mi sono sposata a 17 anni con un atto di ribellione alla famiglia e ho amato il genio di Franco Moschino in modo viscerale, per lui ho lasciato un lavoro molto stabile senza battere ciglio». Di Capote cosa vorrebbe? «La sua scrittura». Come parte del tutto, dello stile con cui il ragazzo terribile conteso da star del jet set come Liz Taylor, Marilyn Monroe e Gloria Vanderbilt ha rivestito la sua vita: della sfrenata libertà di chi le regole le fa invece di seguirle, con aristocrat­ica eleganza. Sproporzio­nato nelle emozioni, Capote s’innamora di un assassino, più cautamente Jardini la sproporzio­ne la mette nel vestire. Giovane sposa a Londra sfoggia shorts con cappotti lunghi, saranno poi perle e righe marinière, occhi, tubini e tagli maschili a parlare di lei e del tormentone Colazione da Tiffany. Che la conforta, in un mondo in cui alle dive «sono subentrate le stylist». Rossella Jardini dirige ora il marchio di moda che porta il suo nome, dopo essere stata legata per trent’anni alla maison Franco Moschino.

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