MODO DI AMARE E DI ESSERE AMATI»
si trasforma nei personaggi in un modo incredibile. La prima volta che è uscita dalla roulotte con il costume e il trucco di scena della barista che poi si innamora di Chuck quasi non l’ho riconosciuta». Sempre parlando del personaggio di The Bleeder, un pugile di periferia che per 15 round tiene testa a Muhammad Ali, diventa famoso e perde la testa, Liev mi ha anche detto: «Sono molto interessato a questi temi, al narcisismo, alla fama e all’effetto che provoca su di noi, sul nostro modo di amare e di essere amati. Io ho iniziato come attore di teatro, ho imparato che se credi alle buone recensioni devi credere anche a quelle negative e il successo popolare che ha avuto la mia serie Tv (Ray Donovan, in corso dal 2013, ndr) in questi ultimi anni mi ha colto un po’ impreparato, e comunque mi ha fatto riflettere su tante cose. Tra l’altro, la serie si gira a Los Angeles e questo mi costringe a stare spesso lontano da casa. Sasha e Samuel Kai (i due figli, 9 e 7 anni, ndr) frequentano un’ottima scuola a New York, non vogliamo destabilizzarli. Ma per me vivere in due città così lontane è abbastanza duro». Tra una pausa e l’altra delle rispettive interviste veneziane, Naomi raggiungeva Liev e gli appoggiava una mano sulla spalla. In barca insieme, durante i numerosi spostamenti, si parlavano con serenità. Il non voler essere intervistati in coppia venne da tutti, me compresa, giustificato con un «lei ha un ruolo piccolo nel film, vuole lasciargli spazio». Di nuovo, sul red carpet veneziano, erano insieme e sorridenti. E la scena si è ripetuta pochi giorni dopo al festival di Toronto. Poi, a sole due settimane di distanza, quando ancora non ci eravamo ripresi dal divorzio Jolie-Pitt, e proprio mentre tutta l’America era sintonizzata sul dibattito elettorale Clinton-Trump, ecco che arriva la notizia che nessuno (io meno di tutti) si aspettava: Naomi Watts e Liev Schreiber annunciano che si lasciano dopo undici anni insieme. Comunicato congiunto, discreto e chiaramente desideroso di evitare esagerato clamore. Naomi Watts e Liev Schreiber in una scena di The Bleeder, che racconta la storia di Chuck Wepner, il pugile che ispirò Rocky a Sylvester Stallone. Lui ha compiuto 49 anni il 4 ottobre, lei ne ha uno di meno. Si erano conosciuti a New York nel 2005 al tradizionale ballo del Metropolitan Museum. Lei lo invitò a raggiungerla dopo in un locale. Lui ci andò e la trovò in compagnia di Sean Penn e Benicio del Toro, gli attori con cui Naomi aveva interpretato 21 grammi di Alejandro González Iñárritu, film per il quale aveva anche ricevuto una nomination all’Oscar. Liev si sente di troppo, un pesce fuor d’acqua, sta per andarsene ma lei gli corre dietro e gli chiede: «Non vuoi il mio numero di telefono?». Il giorno dopo si vedono a colazione, poi lei riparte per Los Angeles dove sta lavorando. È l’inizio di un lungo corteggiamento via email e poi, eccoli genitori di due figli. Non si sono mai sposati e, solo quattro anni fa, Naomi in un’intervista ha dichiarato: «Siamo legatissimi, anche senza un certificato. Ci va bene così. Poi, magari, un giorno, ci sposeremo pure». Quel giorno, a questo punto non arriverà mai, a meno di colpi di scena degni di un film e non della vita vera di due persone che, benché con i film ci campino, sono un uomo e una donna come tutti gli altri. Solo che, a differenza degli altri, le loro storie finiscono sui giornali, quindi tocca fare un po’ di equilibrismi se hai da promuovere un film, e intanto il tuo matrimonio è andato a rotoli. Del resto, sono attori. Recitano bene, quasi sempre, anche la parte delle persone felici, quella che ha più successo. Chi vuole vedere due musoni su un tappeto rosso? Durante l’intervista ho chiesto a Schreiber se avesse letto Eccomi, l’ultimo libro di Jonathan Safran Foer, lo scrittore con cui aveva collaborato in passato. La prima, e per ora unica, regia di Schreiber è infatti la versione cinematografica di Ogni cosa è illuminata di Safran Foer. Gli ho anche confessato che, probabilmente influenzata dal suo legame con Ogni cosa è illuminata, mentre leggevo Eccomi immaginavo proprio lui nella parte del protagonista. Il personaggio si chiama Jacob e il romanzo racconta la dolorosissima fine del suo matrimonio con una donna di nome Julia. «Sì, l’ho letto», mi ha risposto Schreiber. «Che libro straordinario». E poi ha abbassato gli occhi. E poi l’intervista è finita. Forse i segnali c’erano. Forse bastava volerli capire.