REMAINERS SENZA VOCE
Un anno fa la Gran Bretagna sceglieva la BREXIT. Ora, alla vigilia del voto dell’8 giugno, Laburisti e Conservatori discutono su «come» farla. Ma che fine ha fatto la «generazione Erasmus» che voleva restare in Europa?
Che cosa succede quando chiedi a un giovane russo anticonformista come si deve reagire a un’elezione di cui già si conoscono i risultati? «Impara il sanscrito», ti risponderebbe, scherzando. In realtà, non consiglia davvero di metterti a studiare una lingua morta 2.000 anni fa, ma ti sta dicendo che impegnarsi in una nuova causa persa è tempo sprecato. E lui lo sa bene. Oggi, c’è un altro Paese ai margini dell’Europa dove la politica è diventata una parata sciovinista, prevedibile e deprimente. Come la Russia, la Gran Bretagna è ormai definita dal suo antagonismo verso i Paesi vicini. La Brexit è diventata inevitabile come la morte e le tasse. Ma a differenza della Russia, i nostri giovani elettori scoraggiati si aggrappano all’unica speranza: Jeremy Corbyn e il suo sfortunato Partito laburista. Legittimamente, Corbyn vuole costruire case, aumentare il salario minimo e tassare i ricchi. E i suoi seguaci sono entusiasti, è comprensibile. Parlano meno di Brexit, perché il ricordo è ancora troppo doloroso, ma si concentrano a discutere di socialismo, senza mai usare la parola. Eppure, i giovani britannici, cresciuti in una democrazia competitiva, presto capiranno che le loro ambizioni sono statisticamente irrilevanti. La popolazione più anziana, il gruppo di elettori che cresce più rapidamente, si appoggia totalmente al Partito conservatore. Se i sondaggi di opinione sono corretti, il 70 per cento delle persone sopra i 65 anni voterà per Theresa May e il brutto nazionalismo che rappresenta. La sua elezione è pura formalità, un’oculata mossa politica per consolidare quel potere che già ha. Allora chiedo a un mio vecchio amico, ma giovane anti-Brexit: vai a votare? Lui risponde: «Suppongo di sì: anche se siamo senza speranza, vorrei registrare la mia disapprovazione». Ossia «votare contro» chi ci ha imposto la Brexit: non servirà a nulla, eppure lo faremo comunque. Nel Sud di Londra, il Partito laburista da sempre vince con più della metà dei voti. Qui sono invincibili come i Conservatori lo sono nel resto del Paese. E i Laburisti, proprio come i Conservatori, ora parlano di Brexit, anche se meno dura. Quindi al di là di riconoscere simbolicamente lo storico privilegio di vivere comunque in una democrazia, è difficile chiedersi se valga davvero la pena votare. Lo faremo. Parteciperemo al gioco politico ancora una volta e spereremo che quando la «finta guerra di partiti» finirà, la nostra integrità possa sopravvivere. Nonostante sentiamo l’onda dei Tory che sta per venirci addosso. Aspetteremo e guarderemo, mentre le aspirazioni politiche della nostra generazione verranno ancora una volta sommerse.