TUTTO SI APPIANA
Una ruga, così come una dif icoltà. Il segreto sta nel prendersi cura di sé che è poi un atto spirituale. Lo abbiamo imparato in GIAPPONE, dove siamo andati alla scoperta di un’erba «magica» che dà nuova energia alla pelle. Perché la natura ha forze invis
GIAPPONE, TEMPIO DI FELICITÀ
Questa è la storia di un’erba della longevità e di un sasso piatto come souvenir, ma anche di molto altro: atti di riverenza, le sfumature del verde, la saggezza dei monaci, cibo memorabile che è vero nutrimento. Tutto in un viaggio in Giappone. Ma che cosa c’entra questo con formule di creme che hanno come obiettivo la bellezza e la radiosità della pelle? Se è vero che prendersi cura di sé è un atto spirituale, e credere che tutto questo ci manterrà giovani a lungo anche un atto di fede, la chiave sta nella spiritualità della cultura giapponese. Scintoismo e buddismo. Le due religioni che modellano lo stile di vita. Questo ha voluto trasmettere Shiseido, celebre per i suoi laboratori di ricerca tra i più avanzati al mondo, a noi che abbiamo attraversato fusi e oceani per ritrovarci a Ise, nella prefettura di Mie, famosa per le pescatrici di perle. Prima tappa: Amanemu, il lussuoso resort dove lo scorso anno si è tenuto il G7, nelle vicinanze di Ise-Jingu, il tempio scintoista più famoso del Paese. «In Giappone il concetto di longevità va oltre l’idea di prolungare la vita. Secondo il buddismo è un obiettivo, con quello di restituire, quindi vivere a lungo permette di avere più tempo per farlo. Poi c’è la responsabilità di prendersi cura di sé ed essere sempre attivi», dice Azby Brown, l’autore di Just Enough: Lessons in Living Green from Traditional Japan, in cui spiega la mentalità giapponese e le complessità della vita in armonia con la natura. «L’enmei, un’erba che spunta tra le rocce del monte Koya, ora utilizzata da Shiseido, è stata raccontata dalla leggenda di Kukai, un monaco buddista che la orì a un viaggiatore ammalato che sarebbe guarito. In passato i giapponesi attingevano dalla natura tutto quello che serviva. Sulle montagne trovavano cibo, vegetali e funghi commestibili, il legno per il fuoco e anche erbe medicinali. In ogni comunità c’era sempre qualcuno che aveva la sapienza: una donna o un monaco.
Un dono degli dei, facilmente reperibile, l’enmei è ancora molto comune. La sua provenienza non è chiara, non si sa se fosse già in Giappone prima dell’arrivo dei monaci buddisti dalla Cina. Di certo il nome ha una radice cinese, quindi è probabile che sia stata introdotta da loro che in Giappone hanno portato anche il tè». Azby Brown è un americano che vive in Giappone da 30 anni, ed è un colto «traduttore» culturale. Giunto qui dopo l’Università a Yale per incontrare un mastro carpentiere, Tsunekazu Nishioka, specializzato in templi, è rimasto: «Mi aveva colpito perché c’era obbedienza in ogni suo atto, ed è stata la prima lezione», racconta. E poi spiega l’aascinante dualità spirituale del Giappone. «Lo scintoismo è una religione preistorica, animista: montagne, alberi, il sole e la luna e altre forze della natura sono considerati dei. I giapponesi non la vivono come una vera dottrina, ma visitano i templi nelle occasioni felici come matrimoni e nascite chiedendo buoni auspici».
Alla ricerca della purezza
Non è quindi un caso che per raggiungere Ise-Jingu si attraversi una foresta incantata, che raccoglie tutte le sfumature del verde, come quelle quasi uorescenti delle foglie d’acero. All’interno di Ise-Jingu, due templi importanti sono dedicati uno ad Amaterasu-Omikami, dea del sole (da cui secondo la leggenda discende la famiglia imperiale), e l’altro esterno dedicato al riso e al raccolto. I templi vengono distrutti e ricostruiti ogni 20 anni con materiali nuovi: lo scintoismo crede che tutto si rinnovi e la vita si reinventi. Il monte Koya, che qui chiamano Koyasan, è invece meta di pellegrinaggio per i buddisti di tutto il mondo, ed è il luogo dove si sperimenta il concetto di purezza. Ci si arriva dopo un lungo viaggio inerpicandosi per le montagne rese gentili dai ciliegi in ore. «La purezza è uno stato mentale, è il desiderio di una mente libera e leggera e questo richiede la consapevolezza di trovare equilibrio, avere riverenza, rispetto per sé e per gli altri», racconta Brown. Anche qui le leggende non mancano, come quella del monaco Kukai che verso la ne del 700 d.C. ha viaggiato in Cina ed è tornato portando i principi del buddismo esoterico. La sua setta, chiamata Shingon, venera i mandala, non le statue del Budda. Visitare Koyasan è un atto di devozione e gli adepti pensano che Kukai abiti ancora qui, in uno stato di eterna meditazione (il cimitero, coperto di muschi, ha un’inquietante atmosfera gotica). Come nello scintoismo anche questa setta crede nella connessione tra uomo e natura, ma l’evoluzione spirituale qui si realizza con la reincarnazione. Questa è la ragione per cui i rituali legati alla morte in Giappone sono tutti buddisti. I giapponesi vivono con gioia e muoiono nella speranza.
Ricordate di respirare?
La lezione di meditazione ajikan, al tempio Eko-in, è fortunatamente in inglese. I monaci sono ragazzi attraenti e consapevoli di quello che succede nel mondo. «Vi alzate e pensate subito a controllare il vostro smartphone e poi vi fate prendere dagli impegni della giornata. Vi ricordate di respirare? O meglio di ritagliarvi del tempo per respirare, per sentirvi tutt’uno con la natura? Noi andiamo nella foresta, ma voi potete farlo anche seduti alla vostra scrivania». Ci si concentra sul respiro, si ripetono i mantra, faticosamente si intrecciano le gambe invidiando la scioltezza di questi monaci. Lezione per principianti: l’energia di vocalizzare la A è il primo suono che aiuta ad allentare le tensioni. Ma la vera perla di saggezza arriva dopo: «Nessun problema è così grande da non poter essere arontato.
È come un sasso in un giardino: se lo prendete in mano e lo osservate diventa importante, grande. Ma se lo rimettete al suo posto e vi concentrate sul giardino nel suo insieme non lo noterete neanche». La sera, nello shukubo, il monastero che ci ospita, entro nel roji garden, il giardino giapponese star di Instagram, prendo un sasso. Sarà utile in caso di ansie. La notte nel monastero è cullata dalla pioggia battente, il suono diventa mantra, e il sonno tarda a venire nelle celle monacali, con al centro un semplice tatami. Ma come fanno le leggende della natura a trasformarsi in forze invisibili in una crema?, avevo chiesto il giorno prima ad Azby Brown. «Molti rimedi sono legati a miti. Ma, come nel caso dell’enmei, quando gli scienziati ne studiano le proprietà, provano che funzionano. In Asia la storia è già una prova, e questi luoghi sono ricchi di storie». Molte altre storie le racconta un altro occidentale che vive in Giappone. Kurt, monaco nato in Svizzera, parla anche italiano e durante una cena shojin ryori, buddista vegetariana, racconta il rito di puricazione legato al cibo. La sua presenza mi evoca il Kurtz del Cuore di tenebra di Joseph Conrad (libro che ha ispirato Apocalypse Now). Forse perché ha il capo rasato come Marlon Brando nel lm. E un lm sembra anche l’alba del giorno dopo. La cerimonia del mattino: mantra, gong, preghiere, biglietti ex voto che vengono bruciati (notiamo che tutto è nero e oro, e sontuoso come i vasetti di Future Solution LX di Shiseido). Per chi macina pensieri, creare spazi vuoti è un esercizio dicile. Le conversazioni sono un continuo di losoa: «Se pensiamo al cosmo la vita è uno spazio breve. La visione dell’estetica giapponese apprezza il passaggio del tempo, il deterioramento e le sue imperfezioni come dice il wabi sabi, e aiuta a vedere il nostro posto nel continuo eterno della vita». Per la prima volta, penso che anche mettere una crema possa diventare un rituale sacro, un’esperienza olistica compiuta. Costanza, gioia, la cura di sé e purezza. L’arte della riverenza o del rispetto. La gentilezza in ogni gesto. Ad Azby Brown avevo chiesto che cosa gli aveva regalato il Giappone: «Quello che impari dipende da dove stai andando con la tua vita. Io, per esempio, sono diventato molto più paziente. Apprezzo le pause, la capacità di ascolto. Qui sei portato a trovare il tuo posto nel mondo con la consapevolezza che ognuno di noi è unico». Ricongiungo i puntini e capisco che cosa c’entra tutto questo con una formula cosmetica: la forza vitale della natura, l’intelligenza dei nostri giorni che trasforma una tradizione millenaria in una formula futurista, i rituali, la radiosità di una vita vissuta appieno celebrando le gioie ed elaborando i dolori. E poi tutto si appiana, una dicoltà o una ruga: come quell’oro, che secondo la tecnica del kintsugi ripara una tazza rotta, o i segni del tempo. E ti aggiunge valore.