Vanity Fair (Italy)

Chi è la donna che fece tremare il Pentagono

Si chiamava BRADLEY MANNING e diffuse al mondo i segreti degli Stati Uniti. Ma c’era un altro segreto che la tormentava e che voleva rendere pubblico. Lo ha fatto, e oggi il suo nome è CHELSEA

- di MICHELE NERI

Chelsea Elizabeth Manning è nata almeno tre volte e non è detto, avendo soltanto 29 anni e una certa determinaz­ione, che non ricapiti. La nascita più recente risale al 17 maggio quando, dopo sette anni di prigione militare in cui era entrata come soldato Bradley Manning con l’accusa di aver passato a WikiLeaks 750 mila documenti top secret dell’esercito Usa, è uscita di galera molto prima del previsto. Grazie a Obama che, tra gli ultimi atti del mandato, aveva commutato la sua pena da 35 a 7 anni. Nelle prime immagini postate su Instagram si vede una donna minuta e decisa, con il rossetto e gli occhi grigio-blu: ricorda Ellen DeGeneres. Sotto la foto scrive: «Ehi tutti eccomi qui». Un’altra inquadra i primi passi liberi dentro le Converse nere. È una donna minuta, alta meno di 1 metro e 60, ma le sue gesta non saranno dimenticat­e: passando una marea di dati riservati a Julian Assange, ha inaugurato una nuova era di con–itti, basati sulle informazio­ni. Una parte del mondo (non Trump) la considera un’eroina. Il New York Times le ha dedicato la copertina del magazine. Per Vice è «l’anima più pura di Internet». Nella prima intervista Tv, a Nightline di Abc, si rivolge commossa a Obama: «Grazie per avermi dato una chance». Per capire questa voglia di trasparenz­a, non si può prescinder­e dall’altra battaglia, privatissi­ma e sempre per la verità, avviata il 22 agosto 2013, giorno dopo la condanna al carcere: questa è la sua seconda nascita. Alla Tv, l’allora detenuto Manning, dichiarò: «Poiché sto entrando nella nuova fase della mia vita, voglio che mi conosciate con il mio nome. Sono Chelsea Manning, sono una donna». Non si era mai identiŸcata nel genere maschile e, presa coscienza della sua identità, ha avviato il processo di transizion­e. Non è stata un’esperienza alla Caitlyn Jenner: era una donna transgende­r in un carcere militare duro. L’aspettavan­o scioperi della fame, tentativi di suicidio, accuse di essere pazza. Ma a questo punto Bradley era morto. Bradley era nato il 17 dicembre 1987 in un paesino dell’Oklahoma. Padre alcolista, madre depressa, subito non s’identiŸca con il proprio sesso biologico, ma con quello della sorella più grande Casey. Le ruba bambole e trucchi. A cinque anni dice a papà che vuole essere una bambina. Deriso a scuola, trova sostegno nel computer: «La mia babysitter», dirà ad Amnesty Internatio­nal. Esplora Internet quando era ancora un luogo sconosciut­o. I genitori si separano, segue la mamma in Galles. Lì Bradley scopre la comunità Lgbt. A 16 anni torna in America: ormai ha capito di non essere gay, ma una donna. A questo punto prova un forte e sorprenden­te (pensando a come prosegue la storia) amor di patria. Si arruola. Diventa un analista esperto di rapporti dal fronte – foto e video – che devono essere trasformat­i in documenti u¤ciali per il Pentagono. Quando, nell’autunno 2009, è alla base Hammer di Baghdad e trascorre le notti analizzand­o i video dei combattime­nti, capisce di assistere a cose che la gente normale non conoscerà mai. «Cominciai a vedere non più statistich­e, ma esseri umani». Scopre allora WikiLeaks, il sito di Julian Assange. Di¤cile immaginare la confusione di questo ragazzo solo e dall’identità traballant­e, mentre si aggira in licenza per New York nel gennaio 2010. Vaga per le strade con una parrucca bionda e calze di nylon nere. Ha con sé un portatile, su cui ha caricato i Ÿle riservati sulla guerra in Afghanista­n e Iraq. Il 3 febbraio manda tutto a WikiLeaks. Il testo di accompagna­mento Ÿnisce con Have a good day… Per due mesi non succede niente, ma quando in aprile il sito pubblica un video mai visto di un elicottero americano che colpisce un obiettivo iracheno, uccidendo bambini e due tecnici di Reuters, è il Ÿnimondo. I Ÿlmati provengono dall’interno: il Pentagono è ferito alle spalle. A tradire Manning sarà un suo conŸdente, l’hacker Adrian Lamo, diventato collaborat­ore del governo. È la Ÿne di maggio 2010: Manning, tornato in Iraq, è arrestato e rinchiuso in Kuwait, dentro una gabbia d’acciaio dove compie un primo tentativo di suicidio. Lo scortano nella base dei marine di Quantico, in Virginia. Per nove mesi resterà conŸnato 23 ore al giorno in una cella due metri per due e mezzo (l’Onu giudicò il trattament­o una tortura). Poi il trasferime­nto nel carcere di massima sicurezza di Fort Leavenwort­h, Kansas, dove aspetterà il processo. Al momento della condanna, radicalizz­a la scelta di un’identità femminile. Prima le cure ormonali. Poi chiede di essere sottoposta al cambiament­o chirurgico di sesso, ma le è negato. Prova a impiccarsi, la salvano. Comincia lo sciopero della fame Ÿnché l’intervento non è approvato. Poi ci pensa Obama. Chelsea Manning è l’eroina transgende­r che ha svelato le zone grigie della guerra «chirurgica»? Oppure il soldato che ha messo a rischio la vita di commiliton­i e informator­i, un «traditore ingrato», come ha twittato Trump? Resterà un’attivista anche da libera? Si è scontrata con avversari di¤cili e, senza santi in paradiso, li ha sconŸtti. Forte di una certezza: ogni informazio­ne deve essere alla luce del sole. Ora gli avvocati lavorano alla revisione del processo. In autunno uscirà il documentar­io XY Chelsea. Potrebbe vincere il Nobel per la Pace. Forse il suo messaggio più prezioso l’ha a¤dato ad Amnesty. «Se tornassi da me teenager, la prenderei per i capelli e le direi che andrà tutto bene e sarà felice. È quello che avrei voluto sentire allora: siamo tutti esseri umani e meritiamo amore».

 ??  ?? GRAZIE A OBAMA Chelsea Elizabeth Manning, 29 anni, nata Bradley, dal 17 maggio è libera, dopo 7 anni di prigione per aver passato a WikiLeaks documenti militari.
GRAZIE A OBAMA Chelsea Elizabeth Manning, 29 anni, nata Bradley, dal 17 maggio è libera, dopo 7 anni di prigione per aver passato a WikiLeaks documenti militari.
 ??  ?? HAVE A GOOD DAY Bradley Manning ai tempi in cui era ancora soldato, prima di spedire ad Assange, il 3 febbraio 2010, 750 mila documenti top secret.
HAVE A GOOD DAY Bradley Manning ai tempi in cui era ancora soldato, prima di spedire ad Assange, il 3 febbraio 2010, 750 mila documenti top secret.

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