CENTO MALALA
A 70 anni dall’Indipendenza, il Pakistan ha poco da festeggiare: ma accade una «rivoluzione silenziosa», spiega SALIMA HASHMI
Ti condannano a morte, in Pakistan, se ti beccano a postare commenti ritenuti blasfemi su Facebook (come da recente sentenza in un tribunale del Punjab) ma, se denunci uno stupro, il tribunale informale del villaggio ti può accusare di adulterio (è accaduto a maggio a una diciannovenne di Rajanpur). «A 70 anni dall’Indipendenza (celebrazioni il 14 agosto, ndr), il mio Paese non sembra aver di che festeggiare, ma qualcosa sta cambiando», dice Salima Hashmi. Decana delle arti e attivista globetrotter nonostante i 75 anni, per padre un poeta esule che è una gloria nazionale, è di passaggio in Italia per organizzare la prima mostra d’arte contemporanea pakistana mai fatta da noi (nel 2018, al Diocesano di Milano). Scopo: sostenere The Citizens Foundation, una delle poche Ong laiche a promuovere l’istruzione (1.441 scuole aperte dal 1995) in un Paese dove il 90% della popolazione è analfabeta. Del resto una ragazzina pakistana si beccò persino delle pallottole per difendere il suo diritto allo studio, ricordate? È Malala, Nobel per la Pace nel 2014. La scuola è ancora un sogno per tante? «Oggi ci sono cento sconosciute Malala che stanno realizzando una rivoluzione silenziosa nei villaggi, lontano dalle telecamere». Come? «Sono giovani che gestiscono microscuole private, con rette bassissime, per bambine. I contadini hanno capito: una glia istruita è un aare». Perché? «Potrà a sua volta aprire una scuola e mantenersi. Alcune fanno fortuna creando un network di classi, c’è chi ha aperto un college. Il business dell’istruzione, compresa quella posh e costosa delle metropoli, è in mano alle donne». Paradossale, in un Paese patriarcale. «La via pakistana al femminismo non passa dalle proteste in piazza: partiamo da cose pratiche. Come i Paxi, i taxi rosa gestiti da donne per le donne, attivi a Karachi dallo scorso marzo. Non siamo mica l’Arabia Saudita: se ci togliessero il diritto alla guida da noi succederebbe il nimondo».