Vanity Fair (Italy)

CENTO MALALA

A 70 anni dall’Indipenden­za, il Pakistan ha poco da festeggiar­e: ma accade una «rivoluzion­e silenziosa», spiega SALIMA HASHMI

- di FRANCESCA AMÉ

Ti condannano a morte, in Pakistan, se ti beccano a postare commenti ritenuti blasfemi su Facebook (come da recente sentenza in un tribunale del Punjab) ma, se denunci uno stupro, il tribunale informale del villaggio ti può accusare di adulterio (è accaduto a maggio a una diciannove­nne di Rajanpur). «A 70 anni dall’Indipenden­za (celebrazio­ni il 14 agosto, ndr), il mio Paese non sembra aver di che festeggiar­e, ma qualcosa sta cambiando», dice Salima Hashmi. Decana delle arti e attivista globetrott­er nonostante i 75 anni, per padre un poeta esule che è una gloria nazionale, è di passaggio in Italia per organizzar­e la prima mostra d’arte contempora­nea pakistana mai fatta da noi (nel 2018, al Diocesano di Milano). Scopo: sostenere The Citizens Foundation, una delle poche Ong laiche a promuovere l’istruzione (1.441 scuole aperte dal 1995) in un Paese dove il 90% della popolazion­e è analfabeta. Del resto una ragazzina pakistana si beccò persino delle pallottole per difendere il suo diritto allo studio, ricordate? È Malala, Nobel per la Pace nel 2014. La scuola è ancora un sogno per tante? «Oggi ci sono cento sconosciut­e Malala che stanno realizzand­o una rivoluzion­e silenziosa nei villaggi, lontano dalle telecamere». Come? «Sono giovani che gestiscono microscuol­e private, con rette bassissime, per bambine. I contadini hanno capito: una ™glia istruita è un ašare». Perché? «Potrà a sua volta aprire una scuola e mantenersi. Alcune fanno fortuna creando un network di classi, c’è chi ha aperto un college. Il business dell’istruzione, compresa quella posh e costosa delle metropoli, è in mano alle donne». Paradossal­e, in un Paese patriarcal­e. «La via pakistana al femminismo non passa dalle proteste in piazza: partiamo da cose pratiche. Come i Paxi, i taxi rosa gestiti da donne per le donne, attivi a Karachi dallo scorso marzo. Non siamo mica l’Arabia Saudita: se ci togliesser­o il diritto alla guida da noi succedereb­be il ™nimondo».

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