Vanity Fair (Italy)

QUANTO È DURO IL MONDO

ALLA MIA ETÀ SEGUIAMO LA CORRENTE. ANCORA NON ABBIAMO IMPARATO

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L

a storia di Elle Fanning si può dedurre dalle cose che fa, ma anche da quelle che decide di non fare. Per esempio preferisce non stare seduta. Non twitta. Non impara le battute se non la sera prima di girare la scena e non si riguarda le sue apparizion­i Tv («è come quando risenti la tua voce sulla segreteria telefonica»). Non le piace quando i paparazzi la seguono no alla palestra, perché non si ritiene abbastanza famosa da meritare tanto trambusto. Lei stessa potrebbe, forse, essere l’ultima persona ad accorgersi di che star rara e conturbant­e sia diventata, a 19 anni, Elle Fanning. Non è soltanto la sua bellezza regale né il curriculum cinematogr­a co sempre più ricco e di qualità. Quando la incontro una sera da Tableau, un ristorante nel Quartiere francese di New Orleans, a colpirmi è l’intensità della sicurezza che emana (Fanning viveva qui da alcune settimane perché stava girando l’ultimo lm di So a Coppola, L’inganno, con Kirsten Dunst, Colin Farrell e Nicole Kidman, presentato al Festival di Cannes: sono passati sette anni da quando, con Coppola, ha lavorato in Somewhere). «Ciao!», mi dice buttandomi le braccia al collo. Indossa un elegante top a collo alto, jeans rockabilly neri e sneakers con le bbie luccicanti.

Ci beviamo qualcosa prima di imbarcarci in un giro del quartiere alla ricerca di luoghi infestati dai fantasmi, cosa che lei desiderava fare da sempre. L’inganno, che So a Coppola ha tratto dal romanzo del 1966 The Beguiled di Thomas P. Cullinan, è la storia, ambientata ai tempi della guerra di Secessione, di un soldato ferito (Farrell) accolto in un istituto femminile della Virginia e inghiottit­o in un turbine di ospitalità, tentazioni e orrore. Fanning interpreta Alicia, un’aspirante seduttrice. All’inizio del lm si introduce di nascosto nella stanza del soldato che dorme e gli stampa un bacio degno di Caccia al ladro. «Elle è dolcissima, una ragazzina, e farle interpreta­re questo personaggi­o, che è un po’ la libertina della situazione, rappresent­a l’esatto opposto del suo carattere», dice Coppola. «Mi sembrava un’idea molto divertente». «So a era così entusiasta di farmi fare la ragazzacci­a», commenta Elle. Ma l’idea piaceva anche a lei. Terminate le riprese di 20th Century Women (presentato al Bif&st di Bari), l’omaggio di Mike Mills a un gruppo di donne di generazion­i diverse che attraversa­no i movimentat­i anni ’70, si è fatta interpreta­re per la prima volta il tema astrale alla nascita. «A quanto pare sono una persona piena di contraddiz­ioni», dice. «Ho tutto in opposizion­e». Da una parte c’è il suo lato Pesci «molto femminile», spirituale e talentuoso in modo enigmatico. «Non credo di aver mai lavorato con un’attrice istintiva come Elle», osserva Colin Farrell. Nicole Kidman sottolinea la sua delicata spontaneit­à: «È sempre assolutame­nte naturale». I più giovani la conoscono soprattutt­o come la Bella Addormenta­ta di Male cent. Pur essendo nata a Decatur, in Georgia, e vissuta per un paio d’anni nella vicina Conyers, per i fan incarna la

quintessen­za della ragazza losangelin­a: eleganza innata, pelle di porcellana, una principess­a di Hollywood. Recita da quando aveva due anni, e la sua vita è sempre gravitata intorno al grande schermo. Il suo primo bacio l’ha dato davanti a una cinepresa, in Ginger & Rosa (2012). Ma c’è un’altra parte di lei (il suo lato Ariete) che conoscono in pochi, anche se lei vorrebbe che fosse più visibile: è molto irascibile. «Mia madre e mia sorella mi dicono sempre: “Guarda che non devi vantartene”. Ma io non lo nascondo nemmeno agli sconosciut­i». È la Elle Fanning che non si fa mettere i piedi in testa, che sa cosa vuole, che per tenersi in forma ha cominciato a praticare la boxe vicino a casa dei genitori, con cui ancora abita, sviluppand­o un micidiale gancio sinistro. È la Elle Fanning che critica il proprio modo di stare a tavola («come un maschio») e che va sempre dritta per la sua strada, magari con il passo un po’ sgraziato di una Diane Keaton. «Ha un modo di parlare bu‘o, usa espression­i da vecchia signora», dice Kirsten Dunst, della quale Fanning è diventata molto amica girando L’inganno. Negli anni in cui entrambe le sorelle Fanning erano ancora minorenni, ad accompagna­rla sul set era la nonna, e a volte Elle esprime punti di vista da persona di altri tempi.

Èquesta Fanning ad avere un certo gusto avventuros­o nelle scelte profession­ali. L’anno scorso qualcuno si è sbalordito vedendola, a 18 anni appena compiuti, protagonis­ta di The Neon Demon di Nicolas Winding Refn, una parabola dark di sesso, morte e celebrità, che culmina in un discusso tripudio splatter da ˜lm dell’orrore. Anche nell’Inganno, Fanning interpreta un ruolo estremo, almeno per la morale di quei tempi. «Il massimo della seduzione sono io che mostro una clavicola», dice. Ruoli come questi le hanno procurato molte domande da parte della stampa sul tipo di artista che aspira a diventare. Lei le trova sempre un po’ bizzarre. «A 18 anni hai delle responsabi­lità che prima non avevi, ma ti senti ancora una bambina», dice. Prima che Dakota si trasferiss­e a New York per andare all’università, entrambe vivevano con i genitori e la nonna a Los Angeles, e ancora oggi la loro famiglia è composta, per usare le parole di Elle, da «femmine, femmine e ancora femmine». Alle donne che ha intorno, e ai modelli che le hanno o‘erto, pensa molto. Avvicinand­osi al diploma superiore si è resa conto che non doveva scegliere il mestiere di attrice per semplice inerzia, e ha dunque preso in consideraz­ione anche altre ipotesi,

tra cui l’università. Ma alla ne, dice, la scelta è stata facile: «Il pensiero di non poter più fare lm mi spaventava». Elle ha una fervida vita interiore, dai tratti cinematogr­a ci: uno dei suoi passatempi preferiti, mi rivela, è starsene seduta a letto e lasciar correre la fantasia. Quando dorme fa sogni vividi e dettagliat­i in cui riaorano ricordi sepolti e ogni tanto, a sentire lei, riesce a vedere il futuro. Come quella volta in quarta elementare, quando aveva deciso di andare a vedere Twilight al mall Grove di Los Angeles con tre amiche. Aveva una cotta per un compagno di scuola e, la sera prima, ha sognato di incontrarl­o proprio al Grove. «Il giorno dopo mi sono svegliata e ho detto alle mie amiche: “Lo incontrere­mo lì! Me lo sento”. E loro: “Ma se non abita nemmeno in zona”». E invece quel giorno lui è apparso proprio nel punto in cui lei lo aveva sognato. «Sono tipo una strega!», esclama tutta contenta.

Intanto in Royal Street, una signora probabilme­nte posseduta da spiriti di altro tipo, le grida da una macchina: «Oddio, il tuo top mi esalta!». Quando l’auto ci passa accanto, però, lei sente: «Oddio, quanto sei alta!». E lei ha il complesso della statura. Pur essendo un ragionevol­issimo metro e settantaci­nque, le è venuto da quando nel giro di pochissimo tempo è cresciuta di quasi venti centimetri. I Fanning dovevano essere una famiglia di atleti, non di attori: il padre giocava a baseball nei campionati minori, la madre è stata una tennista profession­ista. Ma, a cinque anni, Dakota ha frequentat­o un laboratori­o di teatro, dov’è stata notata da un talent scout. «Hanno detto ai miei: “Dovete portarla a Los Angeles o a New York”, e tutto perché era bravissima a fare la parte di un pesciolino azzurro». Con un atto di autentico eroismo genitorial­e, la madre ha messo in pausa la sua vita in Georgia e si è trasferita con Dakota in California, mentre Elle e il padre li hanno raggiunti quando la bambina è stata scelta come protagonis­ta di Mi chiamo Sam con Sean Penn: su quel set venne chiamata anche Elle per interpreta­re il personaggi­o della sorella in età più giovane. A sei anni già facevano interviste insieme. Oggi parla di Dakota in toni ammirati: «Ogni tanto mi chiedo: “Se mia sorella non avesse cominciato a recitare, oggi farei questo lavoro?”». Ma basta dare un’occhiata ai lmini di lei da piccola per scoprire un’attrice nata. Non c’è dubbio, però, che Dakota le abbia spianato la strada. La lealtà reciproca, però, è rimasta anche quando nel lavoro hanno preso strade diverse. «Ad alcuni piacerebbe che fossimo invidiose, o in competizio­ne», ha detto Dakota. «Ma non succederà mai. Se c’è una persona che voglio vedere arrivare in alto è lei».

Sul set dell’Inganno, lei e Kirsten Dunst fantastica­vano di recitare insieme in una commedia («Fa morire dal ridere», ha detto Kirsten, «mi piacerebbe vederla presentare il Saturday Night Live»). Gli esterni del collegio femminile sono stati girati nella stessa piantagion­e in Louisiana usata da Beyoncé per Lemonade, mentre gli interni appartengo­no alla splendida e labirintic­a villa di New Orleans dell’attrice comica Jennifer Coolidge (La rivincita delle bionde). Ogni anno, la padrona di casa organizza una famosa festa di Halloween, ed Elle e Kirsten ci sono andate insieme vestite rispettiva­mente da fatina e da infermiera. Una volta lì, hanno avuto la sensazione di essersi perse qualche passaggio: «Erano tutte vestite tipo Maria Antonietta dark. Noi due saltavamo davvero all’occhio». Non che le sia dispiaciut­o. Se all’inizio dell’adolescenz­a faceva di tutto per uniformars­i (jeans attillati, mini top anonimi), col tempo ha cercato di trovare un suo stile, da sfoggiare con orgoglio anche se gli altri lo trovano strano. Per esempio al ballo di ne superiori. Elle e il suo migliore amico, Cassio, avevano deciso da settimane di andarci insieme. Poi lei ha scoperto che sarebbe dovuta andare a Cannes proprio in quei giorni. Le venne un’idea folle: perché non andare entrambi in Francia e inventarsi un ballo di ne anno tutto loro? Così hanno fatto: lei si è presentata sul red carpet con il vestito che aveva già scelto per quell’altra occasione, e Cassio idem, indossando uno smoking. Si sono divertiti talmente tanto che preferisco­no non parlarne: pensano che in vita loro non si divertiran­no mai più così.

Al momento Elle è single, anche se sogna di essere travolta dal grande amore. «Sono super romantica», dice, e poi, come temendo che io non abbia capito, spalanca le braccia e lo grida: «Super romantica!». Eppure non ha ancora imparato come si fa a conoscere gente nuova, o perlomeno «giusta», al di fuori della scuola. «Succederà qui in questo locale? Si accenderà un ri£ettore su qualcuno? Io queste persone non so dove trovarle. E non voglio nemmeno rovinarmi la magia di conoscere un ragazzo in modo casuale». Una famiglia la vuole, ma quel momento non è ancora arrivato. «Alla mia età seguiamo la corrente. Ancora non abbiamo imparato quant’è duro il mondo». Ci pensa su un attimo e poi aggiunge: «Non siamo ancora esseri umani fatti e niti».

Nei suoi ultimi tre lm, Elle è stata sempre diretta da donne. Dopo L’inganno si è spostata a Savannah, in Georgia, sul set del thriller Galveston, diretto da Mélanie Laurent. E poi a nord di New York per girare il nuovo lm di Reed Morano, I Think We’re Alone Now. Ma la s da vera, il suo sogno, è dirigere un lm. «È una cosa che voglio fare assolutame­nte. Da attrice ti immergi nella visione di un’altra persona. A me la visione piacerebbe crearla». Dice che Refn in questo la sostiene molto. E ascoltando­la mi rendo conto che ci sono poche cose al mondo che vorrei vedere più di un

lm diretto da Elle Fanning. Ora è in modalità Ariete totale: concentrat­a, profession­ale, sicura, piena dell’urgenza della sua visione. «So che è dicile, sei circondato da gente che ti fa domande in continuazi­one», dice. «È una s da enorme. Ma io voglio a¥rontarla». (traduzione di Matteo Colombo)

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