Essere Donatella
A vent’anni dall’assassinio, un ilm Tv ricorda Gianni Versace, e PENÉLOPE CRUZ ne interpreta la sorella. Una donna che l’attrice conosce bene e alla quale, prima di accettare, ha fatto una telefonata «molto personale»
Penélope Cruz è come tutti noi. Nei momenti meno indicati, il cellulare si scarica anche a lei. Quindi, quando entro nella stanza dove dovremmo fare l’intervista, la trovo inginocchiata in cerca di una presa di corrente. «Scusi, scusi, ma è proprio a zero, almeno mentre parliamo si riprende un po’». Siamo in un hotel della Costa Azzurra, spiaggia privata fuori, salottini immacolati dentro, protetti da grandi nestre che riettono cielo e mare. Abbiamo intercettato Penélope in un attimo di pausa, mentre si dedica ai suoi impegni come ambasciatrice del marchio di cosmetici Lancôme. Ma nei prossimi mesi la rivedremo al cinema e, per la prima volta, in televisione. Sarà Donatella Versace in The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story, diretto e prodotto da Ryan Murphy, che già ci ha tenuti attaccati al video l’anno scorso con la serie su O.J. Simpson con John Travolta. In questa nuova docuction (se vogliamo chiamarla così, ma lo stile di Murphy è originale e non somiglia a nulla) Édgar Ramírez interpreta lo stilista ucciso il 15 luglio 1997 a Miami e Ricky Martin il compagno Antonio D’Amico. Murphy ha detto che la scelta più dicile è stata proprio quella riguardo a Donatella. C’erano stati rumors sul fatto che il ruolo sarebbe andato a Lady Gaga (smentiti) e
poi si è arrivati a Penélope che ne farà, dice Murphy, «un ritratto molto realistico e molto umano». Dobbiamo aspettare, per vederla: The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story andrà in onda negli Stati Uniti a febbraio 2018 e in Italia ad aprile. Nel frattempo, Penélope sarà Virginia Vallejo, giornalista colombiana che fu amante di Pablo Escobar. Nel lm, ancora in post produzione, intitolato Escobar, il narcotracante è interpretato dal marito e padre dei due gli dell’attrice, Javier Bardem. Inoltre, Cruz fa parte del cast di superstar del remake di Assassinio sull’Orient Express di Kenneth Branagh, che uscirà in Italia a dicembre. Ma prima ancora di mettersi a parlare dei suoi progetti, mi chiede notizie di Fortunata, il lm di Sergio Castellitto che ha partecipato al Festival di Cannes e per il quale Jasmine Trinca ha vinto un premio come miglior interprete della sezione Un certain regard. «È la storia di una parrucchiera, vero? Voglio vederlo!». Penélope sorride. Conosce bene Castellitto (ci ha lavorato due volte, in Non ti muovere e Venuto al mondo) e conosce bene il mondo dei saloni di parrucchiere. Quando lei era bambina, sua madre aveva un negozio a Madrid. «Sì, ci sono cresciuta. È stata la mia scuola di recitazione. Le clienti si sedevano e, come se fossero dallo psicologo, raccontavano alla mamma tutti i loro problemi. Io ngevo di studiare, la faccia nascosta dentro i libri, in realtà studiavo i loro caratteri, mi bevevo le loro storie. A ripensarci, era una specie di lm di Almodóvar permanente». Lei sa tagliare i capelli? «Sì, e mi piace molto. Li taglio a tutti quelli che me lo permettono. Alle amiche, ai miei bambini, qualche volta anche a mio marito. Solo a me stessa non li taglio, perché non sono capace». Quando la pettinano e la truccano per il set, a che cosa pensa? «Sono molto concentrata sul lavoro: ci metto mesi a preparare un personaggio. Imparo una lingua, se è il caso di impararla. Studio il modo di camminare, la voce, tutto». E per Donatella Versace? «Forse uno dei ruoli in cui ho sentito di più il peso della responsabilità. Perché, oltre a essere una storia vera e molto dolorosa, io conosco bene Donatella, lavoro da tempo con la maison, mi hanno vestita spesso per eventi importanti. Ho grande ammirazione per lei, è una donna a£ettuosa e carismatica. La prima cosa che ho fatto quando me lo hanno proposto è stato telefonarle. Una lunga chiacchierata, molto personale. Oggi, per me la cosa più importante è che quando vedrà il lm, mi scusi la serie, le piaccia». Il lapsus mi aiuta a chiederle se fare televisione era qualcosa che aveva in mente o che è arrivato per caso. «Ci avevo pensato. Ci pensiamo tutti, no? La televisione è cambiata e la possibilità di avere un personaggio che si sviluppa ben oltre il formato canonico di un lm per un attore è una pacchia. Però, no alla chiamata di Ryan Murphy non c’erano state o£erte davvero competitive rispetto al cinema. Mi piace come lavora Ryan anche perché, nonostante il materiale dicile che a£ronta, è sempre delicato, mai morboso. Altrimenti, non avrei accettato». In Escobar torna a lavorare con suo marito. «Sì, e per la prima volta, da quando siamo sposati, interpretiamo una vera coppia sullo schermo. Un po’ una sda, però è andata bene. Infatti lo faremo ancora, tra non molto, nel prossimo lm di Asghar Farhadi (il regista iraniano premio Oscar per Una separazione, ndr). Per noi, dal punto di vista logistico, è comodo lavorare insieme. Ma non si può fare sempre, è importante che ognuno abbia progetti diversi». Pensa di essere cambiata da quando è diventata mamma? «Molto. Cambi nel momento esatto in cui vedi la prima volta la faccia di tuo glio. È una rivoluzione, anche il colore degli alberi ti sembra diverso perché lo vedi con i loro occhi». Continua a fare la fotografa per hobby? «Poco. Una volta fotografavo tutto, le location dei lm, le persone, ogni posto nuovo dove mi capitava di andare. Negli ultimi anni, ho fotografato quasi solo i miei gli!» (ride). Una volta mi disse che le sarebbe piaciuto entrare nella Playboy Mansion e fotografare Hugh Hefner. L’ha poi fatto? «No, ma non è detto che non lo faccia, prima o poi. Intanto, mi sono dedicata alla regia. Ho diretto due spot per una marca di lingerie, Agent Provocateur, e poi un documentario che si intitola Soy uno entre cien mil (Sono uno su centomila, ndr), si può vedere su iTunes. Dura mezz’ora, l’ho realizzato per conto di un’organizzazione spagnola che raccoglie fondi per la ricerca scientica sul cancro infantile. Ho incontrato molti bambini malati, le loro famiglie. Sono entrata nelle loro case, negli ospedali dove sono in cura. Hanno sofferto tanto e le loro storie mi sono arrivate al cuore, oggi questi bambini fanno parte della mia vita. Purtroppo i soldi destinati alla ricerca sono pochi, e invece la salute dei piccoli dovrebbe essere una priorità sociale». Queste esperienze come regista sono i primi passi verso una nuova carriera? «Lo spero! Da molto tempo avevo in testa la regia, la scrittura e la produzione: voglio continuare su questa strada in futuro. Non abbandono la recitazione, però sento un forte bisogno di aggiungere altre esperienze alla mia vita professionale». Un po’ come la sua amica Salma Hayek, ormai produttrice di successo. «Ne parliamo spesso e credo che presto faremo delle cose insieme». Chi dirige e chi produce? «Una volta a testa. Siamo amiche, siamo uguali, non litighiamo mai».