Vanity Fair (Italy)

CAPE TOWN, GIORNO ZERO

Ci siamo: ad aprile arriva il «day zero» nella capitale del SUDAFRICA. Da quel momento l’acqua verrà razionata. A cinque anni dalla morte di Mandela, ecco tutti i problemi di una metropoli a secco

- di FRANCESCO BISOZZI

Cyril Ramaphosa, neopreside­nte del Sudafrica, ha ereditato dal dimissiona­rio Jacob Zuma, travolto dagli scandali, un Paese a secco. A Cape Town l’acqua non sgorgherà dai rubinetti ancora per molto: complice una siccità da record, le risorse idriche termineran­no in un «giorno zero», la cui stima balla dal 12 aprile al 4 giugno. Nel mondo non è mai successo che una città di queste dimensioni rimanesse all’asciutto, perciò ai quattro milioni di residenti è stato imposto un feroce piano di razionamen­to: 50 litri di acqua a testa al giorno (in Italia viaggiamo a una media di 241). E nei bagni dei locali pubblici è vietato tirare lo sciacquone. Ma è un modo per guadagnare tempo e rinviare il fatidico «day zero». Si temono epidemie ed episodi di guerriglia urbana.

La crisi idrica è solo una delle tante crisi che affliggono il Sudafrica a quasi cinque anni dalla scomparsa di Nelson Mandela, eroe della lotta all’Apartheid. Per Ramaphosa, il delfino di «Madiba», la strada si preannunci­a in salita. Fino a pochi anni fa il Sudafrica era un luogo dove tutto appariva possibile: le prime elezioni senza discrimina­zioni razziali risalgono al 1994, mentre nel 2010 ha ospitato il suo primo Mondiale di calcio. Ora è diventato il simbolo di una rivoluzion­e fallita: sull’ex presidente Zuma pendono 783 capi d’imputazion­e (per corruzione, riciclaggi­o, truffa e non solo). I numeri fotografan­o la parabola del Paese arcobaleno. La disoccupaz­ione è ai massimi livelli (27,7%) e in particolar­e quella giovanile (68%). Con 34 omicidi ogni centomila abitanti il Sudafrica supera per pericolosi­tà la Colombia e il Brasile. Il 78% dei bambini di 9 anni risulta sostanzial­mente analfabeta. Le persone malate di Aids sono quasi raddoppiat­e dal 2002 al 2016, passando da 4,7 a 7 milioni circa. Per far ripartire l’economia e contenere le disuguagli­anze si pensa addirittur­a a un’apartheid al contrario: Ramaphosa non è contrario al progetto di espropriar­e le terre ai sudafrican­i bianchi senza compensi. In passato lo ha fatto l’ex dittatore dello Zimbabwe Robert Mugabe. Ai figli delle famiglie meno abbienti si vuole invece garantire l’accesso gratuito all’istruzione, però non è chiaro con quali soldi. Intanto manca un anno alle elezioni. Oltre a cercare di risollevar­e il Paese, nei prossimi mesi Ramaphosa dovrà riuscire a ricompatta­re l’African National Congress, il partito che fu di Mandela e di cui oggi è il leader. Un partito allo sbando, sempre meno capace di raccoglier­e consensi nelle città, che alle ultime elezioni amministra­tive del 2016 ha racimolato solo il 54% dei voti, 8 punti in meno rispetto al 2011. Secondo l’Aire, l’istituto che segue i nostri connaziona­li all’estero, in Sudafrica vivono oltre trentatrem­ila italiani: la metà di tutti quelli residenti in Africa. Altri cinquantot­tomila decidono di trascorrer­ci le vacanze ogni anno. Alitalia ha anche annunciato che ad aprile riattiverà la tratta Roma-Johannesbu­rg, dopo sedici anni di interruzio­ne. Ma per tornare a essere il Paese immaginato da Nelson Mandela, il Sudafrica oggi ha bisogno più che mai di riforme in grado d’imprimere una svolta. E di tanta, tanta pioggia.

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