Vanity Fair (Italy)

TOCCANO DA VICINO

ASIA E AZKA: DUE TRAGEDIE CHE CI

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Rossa come il sangue, bianca come la neve di Roma: l’immagine del Colosseo illuminato di rosso per ricordare i martiri cristiani ha richiamato l’attenzione su ciò che veramente importa: le storie degli innocenti. Sabato a Roma Papa Francesco ha ricevuto il marito e la figlia di Asia Bibi, la donna pakistana protagonis­ta di una storia incredibil­e e terribile: è in carcere da nove anni per blasfemia. Sua figlia Esham aveva nove anni quando la madre fu arrestata. Asia era una bracciante agricola cristiana, pagata a giornata, stava raccoglien­do bacche con altre lavoratric­i musulmane quando scoppiò una lite. L’avevano mandata a prendere l’acqua, ma le colleghe l’avevano insultata dicendo che non doveva toccarla in quanto persona impura. Fu picchiata, chiusa in uno stanzino, stuprata e poi arrestata con l’accusa di aver offeso Maometto. In Pakistan esiste una legge contro la blasfemia, sì. E nel 2014 Asia Bibi è stata condannata a morte, pena temporanea­mente sospesa dalla Corte Suprema l’anno dopo. Ma Asia resta in carcere, chiusa in una cella di due metri per tre. Tra i tanti pakistani che chiedono di cancellare la legge sulla blasfemia, molto usata nelle delazioni per regolare vendette e rancori personali, c’era il governator­e del Punjab, Salmaan Taseer, che era andato anche a trovare Asia Bibi in carcere. E che per il suo impegno è stato assassinat­o da una guardia del corpo. Dal 1990 a oggi sessantaci­nque pakistani sono stati uccisi per la loro presunta «blasfemia» in Pakistan. Sabato la figlia di Asia Bibi, Esham, e il Papa, si sono abbracciat­i. Francesco le ha detto di pensare spesso a sua madre e di pregare per lei. Esham gli ha portato il bacio di Asia. Una ragazza di diciotto anni e un pontefice, ugualmente impotenti di fronte al sopruso, perché per il governo del Pakistan forse il timore di una reazione dei fondamenta­listi a una possibile liberazion­e è più forte delle pressioni internazio­nali, che pure ci sono, per liberarla. E quest’anno in Pakistan si voterà. Un’emergenza umanitaria, sociale, culturale e politica non poi così lontana da noi. Sabato sera sulla provincial­e di Morrovalle, in provincia di Macerata, dolente Macerata, è stato trovato il corpo di un’altra ragazza pakistana di diciannove anni. Si chiamava Azka ed è stata investita da un’automobile. Lì accanto, sotto la pioggia, c’era un’altra macchina parcheggia­ta, quella di suo padre Muhammad, contro il quale mercoledì Azka doveva testimonia­re per i maltrattam­enti che l’uomo ha inflitto per anni a tutta la famiglia. Sul viso di Azka hanno trovato segni di percosse non riconducib­ili all’investimen­to stradale. Secondo gli investigat­ori potrebbe essere stato il padre a picchiare e a uccidere la figlia e poi a scaricare il suo corpo in mezzo alla strada, aspettando che venisse travolto. Azka è morta in provincia di Macerata ma abitava a Recanati, la città di Giacomo Leopardi. All’apparir del vero tu, misera, cadesti.

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