Vanity Fair (Italy)

Contano i like e basta

Le immagini «confidenzi­ali» dei politici sui social network stanno cambiando: nella «Terza Repubblica» va di moda il basso profilo. Dalla famiglia Di Maio a tavola all’asse da stiro di Elisa Isoardi, un esperto ci spiega perché le chiacchier­e (e le polemi

- di SILVIA BOMBINO

Se non l’avete conservata nel 2001, adesso potete trovarla su eBay tra i 5 e i 20 euro: la rivista-biografia Una Storia Italiana, che Silvio Berlusconi fece spedire a quasi 21 mila famiglie «è la pietra miliare del concetto “il privato diventa pubblico”, la svolta epocale nel marketing politico a cui bisogna sempre fare riferiment­o quando oggi vediamo i post di Di Maio o Salvini», spiega il professor Gianpietro Mazzoleni, ordinario di comunicazi­one politica all’Università Statale di Milano. In un mese e mezzo di limbo, in attesa della formazione del governo, la campagna elettorale prosegue – anche – sui social. Dalla «Pasqua in famiglia» di Di Maio (in alto) al «ferro da stiro» di Elisa Isoardi (al centro) e all’autobus di Roberto Fico, la comunicazi­one però si è aggiornata: non bisogna solo mostrarsi nel privato, il privato non deve essere dorato ma «normale». «La quotidiani­tà della tavola, dei mestieri di casa, del percorso casa-lavoro ha ora un valore positivo, l’“operazione simpatia” oggi si fa dicendo che si è “persone normali”», spiega Mazzoleni. «Silvio Berlusconi, cui non bisogna insegnare nulla in ambito comunicati­vo, è decisament­e più bravo davanti alle telecamere che sui social. Esiste un team che si occupa di gestire i suoi account sui vari social, però ha registrato meno successo rispetto alle interviste tv». Discorso diverso per i «nativi digitali» del Movimento 5 Stelle, che invece piacciono moltissimo: «Si pensi ai 22 mila like che ha colleziona­to il post di Alessandro Di Battista su Instagram in poche ore, quando ha annunciato che si sarebbe trasferito con moglie e figlio neonato a San Francisco». Certo, in alcuni casi quei like arrivano anche da chi è contento che un politico esca di scena, come gli stessi 22 mila che ha avuto Matteo Renzi l’8 marzo, rivolgendo un augurio alla figlia, che ha dato il via a una serie di insulti all’indomani del voto che lo invitavano a occuparsi solo della famiglia. «I commenti negativi sono un rischio, basti pensare alle immagini della Boldrini che fa il bucato nel lavandino, e viene investita dalle accuse di fare pubblicità occulta a prodotti per la casa». Eppure conta l’engagement, la quantità di like: «È pur sempre pubblicità. Ma non vale tutto: per esempio, il democratic­o Francesco Boccia sa che devi stare sui social, sennò non esisti. Ma si fa un selfie semi-nudo in bagno, un’immagine non in linea. E la Rete lo “boccia”: 58 like».

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