io viaggio da solo
C hiamiamolo Huck, come Huckleberry Finn, il suo coetaneo inventato da Mark Twain. Anche Huckleberry era un ragazzo fantasioso e audace. Se la storia del dodicenne australiano volato da solo da Sydney a Bali e ritrovato dopo quattro giorni di scorribande è vera anche solo a metà, Huck è il mio mito e se rinasco voglio essere come lui: avventuroso e indipendente. Uno che vede il mondo come un enorme parco giochi. Cosa c’è di più bello che giocare e avventurarsi? Pare che Huck abbia litigato con la madre perché non voleva portarlo in vacanza e architettato un piano. Ha trovato online una compagnia aerea che permette ai minorenni di viaggiare non accompagnati, preso a prestito una carta di credito ai genitori (Huckleberry «prendeva a prestito» a piacimento barche per viaggiare sul Mississippi, polli e angurie per sfamarsi e sigari per sollazzarsi), prenotato un volo e un albergo a Bali, intortato la nonna per farsi consegnare il suo passaporto, infilato quattro magliette nello zaino ed è uscito in motorino dicendo che andava a scuola. Invece è corso in stazione, ha preso il treno per l’aeroporto di Sydney ed è partito per Denpasar, capoluogo di Bali: otto ore di volo, compreso lo stopover a Perth. Arrivato a Perth gli sarebbe venuto qualche dubbio, ma era ancora adrenalinico per la lite con la mamma – ha detto – quindi ha proseguito per l’Indonesia. L’hotel che ha scelto è l’All Seasons di Legian, a due passi dalla spiaggia. Il sito dell’hotel a tre stelle – Huck non ha voluto strafare – descrive un «funky contemporary design, servizio amichevole e prezzi abbordabili». Huck ha inventato con la reception che sua sorella sarebbe arrivata da un momento all’altro, poi si è piazzato in piscina. Quando si è stufato ha affittato una delle centinaia di motorbike taxi che scorrazzano per Bali ed è andato a zonzo per l’isola. Ha curiosato, fatto shopping, passeggiato sulla spiaggia, bevuto birra: quel che fanno i turisti a Bali. E, come tutti i turisti che vogliono condividere il divertimento con gli amici rimasti a casa, dopo un paio di giorni ha postato sul suo profilo Facebook un video della vacanza. O era un messaggio nella bottiglia per i suoi? In ogni caso, è stato raccolto. I genitori, che ne avevano denunciato la scomparsa alla polizia al mancato ritorno dalla scuola dove non era mai arrivato, hanno visto il video e sono andati a riprenderlo. «Il papà mi ha abbracciato», ha detto Huck, «ma la mamma era troppo arrabbiata». Nelle foto la mamma sembra una modella, cosa che mi ha fatto dubitare della veridicità della storia, ma magari le australiane sembrano tutte modelle. E si può capire che fosse arrabbiata. Avrebbe detto: «A mio figlio non piacciono i No. Ed ecco cosa è successo: un ragazzino da solo in Indonesia. Sono scioccata. Come hanno potuto farlo volare?». Pare che non fosse la prima volta che Huck se la squagliava, e che il suo passaporto fosse stato segnalato. Ma neanche questo è servito. Fossi la sua mamma, una volta sbollite ansia e arrabbiatura sarei fiera di lui. Invece di chiudersi nella sua cameretta con la playstation il nostro Huck, sveglio e intraprendente, ha giocato col mondo reale.