Niko, l’umanista stellato
Un uomo timidissimo, che dosa le parole come ingredienti, una meravigliosa famiglia-ristorante guidata dall’anelito alla perfezione, piatti come l’Assoluto. E una buona idea: portare negli ospedali cibo che ti cura
Queste settimane di narcisismi della politica, incapace di uscire dallo specchio del sé, di un’idea di Italia che esiste solo nello schermo tv, e di bulli a scuola che sembrano essere la parte per il tutto della nostra identità, ho ripensato mille volte alla brigata di uno dei migliori ristoranti del mondo, il Reale di Niko Romito a Castel di Sangro, in provincia dell’Aquila. Conosco Niko Romito da oltre dieci anni. Niko aveva ancora il suo ristorante a Rivisondoli e nessuna stella. Lo avevo visitato perché frequentavo un piccolo acuto bellissimo festival di cinema radicale nella vicina Sulmona e, appassionato di film e cibo, decisi di dividermi tra piaceri dello schermo e piaceri del palato. Niko è un uomo timidissimo che spende poche parole, quelle che usa sono sempre le necessarie. Come la sua cucina, che ha volato in una furiosa cavalcata da trattoria fino a tre stelle Michelin, in Abruzzo, non una metropoli. Quando ho mangiato la prima volta da lui, ricordo ancora il piatto, Pollo arrosto e patate, con esuberanza sicula mi lanciai in grandi complimenti e gli feci un interrogatorio mosso dalla curiosità per il suo talento pazzesco. Niko si schermì quasi scostante. Ma la volta seguente che tornai a mangiare al Reale, Niko si ricordava benissimo di me e delle mie parole e il nostro dialogo non si è mai interrotto da allora. Da lì è cresciuta la nostra dialettica, la nostra amicizia, e sono stato accolto in questa meravigliosa famiglia italiana composta dalle sorelle e dalla mamma di Niko, e come dicevo all’inizio da questa comunità di giovani che compongono il gruppo di lavoro di Niko: una somma di identità unite da disciplina, laboriosità, senso dell’anelito alla perfezione. Sorrisi stupendi quelli di questa famiglia, lontanissimi anni luce dall’Italia tele-plastica che non esiste se non sulla pubblicistica. Potrei raccontarvi dei piatti pazzeschi ormai entrati nella storia della nostra gastronomia come l’Assoluto di cipolle (un consommé fatto solo di cipolla) o Essenza (un dolce privo di zucchero) creati da Niko in questi anni, ma mi fa piacere questa volta osservare un altro aspetto della cultura di quest’impresa abruzzese.
Niko qualche tempo fa ha fondato una scuola di formazione che progressivamente si è trasformata in un laboratorio rivoluzionario per varietà dei progetti studiati. Uno di questi è «IN-Intelligenza Nutrizionale», ovvero come creare un sistema di lavorazione per ottenere pasti buoni e nutrienti per i degenti, spezzando il luogo comune che vuole il cibo di ospedale come una punizione. «IN-Intelligenza Nutrizionale» adesso è un servizio di ristorazione per i degenti dell’Ospedale Cristo Re di Roma, ed è un modo per supportare la salute e il benessere del paziente riconoscendo al cibo il suo valore come parte integrante della cura stessa. Grazie all’utilizzo di tecniche di cottura più efficienti si abbatte drasticamente il calo di peso percentuale delle materie prime e quindi i costi e gli sprechi. Come dice Niko «è molto più di uno chef stellato in ospedale, e non è un semplice ricettario. Non serve personale specializzato per cucinare e impiattare. Si tratta di preparazioni nate grazie a una ricerca ad alto tasso tecnologico: è scienza applicata alla cucina. Per realizzare le ricette ho dovuto impiegare tutta la forza sperimentale del Reale e le tecniche che ho affinato negli anni per l’alta ristorazione». Insomma, è come quando assapori piatti come quelli di Niko: venite (dico venite e non andate, perché io mi sento di casa) a Casadonna, sarà un bellissimo viaggio umanista di scoperta dell’Italia più vera.