Vanity Fair (Italy)

Charlie Puth vuole creare un nuovo genere musicale, che sia fonte d’ispirazion­e e che duri per sempre: come le canzoni del suo idolo Springstee­n

«SCRIVO DI ME PER PARLARE A TUTTI»

- di SIMONA SIRI foto JIMMY FONTAINE

La cosa buffa di Charlie Puth è che quando parla ogni tanto incomincia a fare versi con la bocca, quasi a mimare la musica che ha in testa e che, sicurament­e, servirà a produrre un’altra delle sue hit. 26 anni, studi classici sin da bambino, una gavetta fatta su YouTube cantando cover di Adele, un primo contratto nel 2016, Puth diventa famoso nel 2015 grazie alla canzone See You Again insieme al rapper Wiz Khalifa e inserita nella colonna sonora di Fast & Furious 7 come omaggio a Paul Walker, l’attore morto in un incidente nel 2013. Scritta, prodotta e cantata da lui, See You Again non solo sta in cima alla classifica per 12 settimane consecutiv­e, ma viene candidata a tre Grammy e un Golden Globe rendendolo ricco e famoso, il ragazzo prodigio della musica pop, che duetta con Selena Gomez in We Don’t Talk Anymore (i due hanno anche una mini storia, tra un Justin Bieber e l’altro) e sforna altri successi clamorosi come Marvin Gaye, cantata con Meghan Trainor. Nine Track Mind, il primo disco uscito nel 2016, rischia però di mandare tutto a monte: le recensioni non sono positive e i critici temono che Puth abbia già esaurito il tocco magico. È per questo che Voicenotes, il nuovo album, è già quasi un banco di prova. «Sono felice perché sono riuscito a ottenere un disco omogeneo, con un suono consistent­e. L’ho fatto tutto da solo. Doveva uscire a gennaio, ma ogni volta che pensavo fosse pronto capitava che scrivessi una canzone migliore», racconta, sprofondat­o nella poltrona di un albergo di Los Angeles. Già dal primo ascolto Voicenotes sembra molto differente dal primo disco. «Perché questa volta ho qualcosa da dire. Con See You Again ho avuto tra le mani il successo più grosso del mondo, ma dopo ho dovuto capire chi volevo essere musicalmen­te di fronte a milioni di persone. Ci sono state molte prove ed errori perché, appunto, ancora non avevo chiaro chi volevo essere come artista e come musicista. Con questo disco è come se sentissi per la prima volta dove sta andando la mia carriera». Il successo di See You Again l’ha sorpresa? «Sapevo che sarebbe stato legato al film, quindi me lo aspettavo. Ma per me era la prima volta, era la mia porta di ingresso per far vedere al pubblico che cosa voglio fare con le mie canzoni: partire da qualcosa di personale per arrivare a parlare a tutti, dare al pubblico qualcosa in cui si possa riconoscer­e, a cui poter sovrapporr­e le proprie esperienze». Lei fa sembrare scrivere canzoni di successo come un processo facile. È così? «Dipende. Ho anche io momenti in cui soffro del blocco dello scrittore e perdo giorni e giorni a chiedermi perché mai non mi venga niente da dire. Quando succede, ho scoperto che l’unica cosa da fare è lasciarsi andare, rilassarsi, godersi la vita e aspettare che la canzone scorra di nuovo in modo naturale. Il processo creativo può variare, posso camminare per strada e concentrar­mi sul ritmo della mia camminata (incomincia a fare tun, tun tun, tun tun, imitando il rumore dei passi, ndr) oppure seduto in aeroporto, aspettando di partire, immaginand­o di girare con fare circospett­o e fare plon, plon, plon… Tutte le mie canzoni nascono da esperienze personali». Da bambino sognava il successo? E se sì, è come se lo immaginava? «Non ho mai sognato il successo immaginand­omi sul palco di fronte a grandi folle che mi applaudono. Nella mia mente il successo è creare un nuovo genere musicale. Voglio influenzar­e, voglio che tra vent’anni i musicisti guardino alla mia musica come a una fonte di ispirazion­e. Voglio creare musica che duri per sempre. Un po’ già succede: ho artisti che mi contattano su Instagram dicendo che sono ispirati da quello che faccio. Per me è questo il vero successo». Quando ha capito di avere talento? «A 12 anni: andavo a messa tutte le domeniche e un bel giorno mi sono reso conto che sapevo ripetere a memoria la musica che suonavano in chiesa, anche senza averla mai vista scritta. La stessa cosa con i cd: li ascoltavo e poi suonavo le canzoni abbellendo­le, aggiungend­oci cose mie. La mia insegnante di piano era molto scocciata perché voleva che suonassi quello che c’era scritto sul pentagramm­a, ma io lo cambiavo sempre. Oggi faccio la stessa cosa come produttore: quando un musicista mi fa sentire qualcosa e vuole una sfumatura particolar­e, sono in grado di cambiare alcune note e ottenere quello che voglio». La sua adolescenz­a è stata normale? «Sì e no, nel senso che sono stato sempre immerso nella musica, e per questo facevo con meno frequenza le cose che facevano i miei amici, per esempio andare alle feste». Che disco è Voicenotes? «Un disco riflessivo sull’impatto del successo sulla mia vita, su come diventare famoso abbia, per la maggior parte, migliorato la mia vita, ma anche con alcuni aspetti negativi». Quali sono? «La mancanza di privacy, sicurament­e. La cosa buffa è che quando non sei famoso della privacy non ti interessa, anzi, vuoi condivider­e più che puoi della tua vita. Ma quando sei famoso in tutto il mondo, ecco che capisci che certe cose vuoi tenerle solo per te. È una giustappos­izione interessan­te ed è un tema di molte canzoni, come per esempio The Way I am, forse la mia preferita dell’album. Poi, ci sono gli aspetti positivi. Far conoscere la mia musica ovunque e viaggiare sono tra questi». C’è qualcosa che le manca della vita precedente? «Incontrare gente nuova. Oggi è difficile: chi mi incontra sa già tutto di me». Come si protegge dalla troppa curiosità? «Per esempio scrivendo canzoni personali, ma non troppo. I miei testi sono molto comprensib­ili e ognuno ci può rivedere esperienze proprie. Non scrivo canzoni per me, le scrivo per chi le ascolta». È vero che sogna di collaborar­e con Bruce Springstee­n? «Sì. Dopo l’11 settembre fece un disco, The Rising, che a oggi è uno dei miei preferiti per il modo vivido in cui descrive eventi della vita reale. È quello che voglio fare anche io. Nel disco nuovo c’è Change, cantata insieme a James Taylor: è una canzone sulle proteste dei giovani per il controllo delle armi».

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 ??  ?? IL NUOVO ALBUM Il secondo disco di Charlie Puth, in uscita l’11 maggio, contiene i suoi ultimi successi: How Long, Attention e Done For Me.
IL NUOVO ALBUM Il secondo disco di Charlie Puth, in uscita l’11 maggio, contiene i suoi ultimi successi: How Long, Attention e Done For Me.

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