Vanity Fair (Italy)

UNDICI ATTORI in cerca di un teatro

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LLa borsa scivola giù dalla spalla scaricando sul pavimento del vagone il suo peso. Come al solito alla stazione di Firenze mi hanno visto correre per non perdere il treno che mi riporta a casa. Seduto accanto al finestrino penso a quante volte ho visto lentamente allontanar­si i binari alle mie spalle in questi ultimi quattro anni. Mi accompagna stasera quella bella stanchezza che senti quando le energie ti sembra siano state spese bene e questo ti ripaga soprattutt­o perché sai che non le hai spese solo per te. Mi tornano allora in mente i volti dei ragazzi mentre provano le loro scene, i loro occhi felici e smarriti mentre si aggirano per la scuola con in mano libri, tablet e quaderni pieni di appunti. Cercano un senso, un significat­o e hanno deciso di provare a trovarlo nel teatro e nel cinema. Ad aiutarli in questa loro ricerca ci sono stati e ci sono insegnanti che arrivano da tutto il mondo oltre che ovviamente dall’Italia. Quando quattro anni fa Marco Giorgetti, direttore del Teatro della Toscana, mi chiese se volessi dirigere una scuola di recitazion­e per il Teatro io gli risposi di sì, a patto che fosse totalmente gratuita per i ragazzi e che potessimo dotarli delle tecniche più diverse e internazio­nali. Evidenteme­nte i folli si incontrano e Marco e la città di Firenze decisero di sostenere questo progetto. Questa follia dev’essere stata contagiosa se sono riuscito ad avere anche l’aiuto di imprendito­ri privati come Daniele Lago e di aziende vicine al progetto come Samsung, Adidas, San Pellegrino e Nestlé. E allora siamo partiti insieme a Susan Main e Peter Clough, grandi insegnanti e primi miei alleati in questa avventura, e abbiamo messo radici in Oltrarno, quartiere di Firenze che ci ospita e da cui abbiamo deciso di prendere il nome : L’Oltrarno, scuola del mestiere dell’attore. La nostra sede è stata nel tempo una chiesa, un atelier di uno scultore, una stamperia di libri d’arte. La leggenda vuole che un famoso regista d’inizio ’900, Gordon Craig, ospitasse a fianco a queste mura Eleonora Duse e Sarah Bernhardt, la storia dice che in questa strada abbiano lavorato tra gli altri Gassman, Kantor e Ronconi e che Daniel Day-Lewis imparasse qui a fare il ciabattino. Le poche botteghe artigiane rimaste si affacciano ancora sulla strada e Bruno il maestro d’ascia è sempre pronto a scambiare battute con gli studenti e a far loro da maestro di vita. In cambio i ragazzi hanno invitato lui e la sua signora a vedere ogni lavoro che da tre anni a questa parte abbiano presentato e Bruno non è mai mancato. Come non ha mai perso uno spettacolo la famiglia del banco di frutta e verdura di piazza Santo Spirito. La prima volta che entrarono a scuola videro uno studio sul Gabbiano di Cechov, il giorno dopo tornarono con una cassa di ciliegie per ringraziar­e i ragazzi di averli fatti tornare a teatro che, dissero con sorpresa, è come la vita. Il più bel compliment­o che un attore possa ricevere, credo. Soprattutt­o se ha vent’anni oggi ed è smarrito in un’identità, quella del cliente, che non gli somiglia, non gli appartiene e che rifiuta. Se proviamo ad ascoltarli questi ventenni, la loro voce, le loro aspettativ­e sono chiare. Far sì che lavorino in una scuola che prima di tutto vuole renderli esseri umani curiosi è importante per me come per gli altri insegnanti. Il mestiere dell’attore sta cambiando e la nostra preoccupaz­ione è semplice e complicata al tempo stesso: «Come sarà l’attore del domani?». All’inizio, per diventarlo, hanno inoltrato domanda in 650. Ne abbiamo scelti tredici, poi rimasti in undici, ma pochi di loro avrebbero potuto permetters­i una scuola. Penso e continuo a pensare che il talento non alberghi solamente nelle case di quelli che hanno illimitate possibilit­à economiche e che dare l’opportunit­à di poter apprendere un’arte che è in continua evoluzione a qualche ragazzo che vive nelle province più sperdute sia qualcosa che rafforzi la cultura di un Paese e gli consenta di trattenere i talenti all’interno dei propri confini. Molti dei ragazzi che ho incontrato in questi anni desiderava­no evadere all’estero. Mettere in piedi una scuola di teatro significa anche riavviare un percorso non più soltanto proiettato verso il mito della formazione angloameri­cana, ma ancorato alle radici latine e mediterran­ee, le nostre, senza ombra di dubbio. Un dubbio che nella

«QUATTRO ANNI FA MI CHIESERO SE VOLEVO DIRIGERE UNA SCUOLA, POCHI MESI DOPO CI SIAMO MESSI AL LAVORO E ORA È UNA REALTÀ»

nostra area geografica, per moltissime ragioni, sappiamo e possiamo raccontare meglio di altri. Questo corso sta finendo e per molto tempo sembrava difficile che la Scuola avrebbe avuto un futuro, che ce ne sarebbe stato un altro. Le priorità non ci premiavano ma se avessi abbandonat­o questo progetto avrei prima di tutto mancato di lealtà nei confronti dei ragazzi, degli insegnanti e poi dei miei maestri ai tempi dell’Accademia Orazio Costa e Mario Ferrero. Mi sono, ci siamo rimboccati le maniche e grazie alla collaboraz­ione con il Teatro, il sostegno di Firenze, della Val d’Era e del comune di Peccioli potremo fare nuovi esami a luglio e un nuovo corso partirà il prossimo autunno. Una scuola serve anche a questo: a capire quanto tu voglia davvero qualcosa che richiede impegno e fatica, quanto il rispetto e l’etica del lavoro siano importanti rispetto al resto, a tutto quel resto – senz’altro importante, senz’altro da non disprezzar­e – che fa di noi delle persone il più possibile complete. «Reggere lo specchio alla natura», questo diceva Shakespear­e fosse la recitazion­e. Mentre il mio treno mi riporta a casa penso che ci vuole una vita per imparare a sostenere quello specchio. Ma è tempo speso bene.

 ??  ?? GRUPPO UNITO Pierfrance­sco Favino, 48 anni, in una delle sale dell’Oltrarno di Firenze, la scuola che dirige da alcuni anni e che sta formando talenti che in prospettiv­a saranno famosi.
GRUPPO UNITO Pierfrance­sco Favino, 48 anni, in una delle sale dell’Oltrarno di Firenze, la scuola che dirige da alcuni anni e che sta formando talenti che in prospettiv­a saranno famosi.
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