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Gli ingredient­i dei cosmetici sono tutti nell’etichetta, ma bisogna saperla leggere. Non avete la laurea in chimica? Per distinguer­e quelli di sintesi dai naturali e dagli organici non serve. Possono essere utili entrambi: ecco come orientarsi

- DI FRANCESCA PELUCCHI

come leggere le etichette dei prodotti che usiamo sulla pelle

Le etichette dei cosmetici non sono codici indecifrab­ili. Basta saperle leggere ed è tutto scritto lì: i componenti che possono irritare la pelle, quelli dermocompa­tibili, gli ingredient­i «etici» che rispettano chi è vegano, musulmano o soltanto molto attento che la bellezza non danneggi nessuno, nemmeno gli animali. Un lunghissim­o elenco che parte, di solito, dalla parola water, acqua, l’unica comprensib­ile, per poi continuare come un codice segreto. Questo è l’Inci (Internatio­nal Nomenclatu­re of Cosmetic Ingredient­s), l’elenco degli ingredient­i che troviamo per legge su tutti i cosmetici. Servirebbe una laurea in chimica, ma per fortuna ci sono delle regole di base da seguire per capire con che cosa realmente ci stiamo lavando i capelli o che cosa ci stiamo spalmando addosso. «La pelle non è sempliceme­nte un involucro, ma è un organo e bisogna prendersen­e cura», dice Pucci Romano, specialist­a in dermatolog­ia e presidente Skineco, Associazio­ne Internazio­nale di EcoDermato­logia. Primo precetto: nell’Inci le sostanze sono descritte in base alla percentual­e, da quella più presente a quella meno. Altra regola è che gli elementi naturali, che non hanno subito processi chimici, sono indicati in latino con il nome botanico, mentre i composti sintetici e semisintet­ici sono scritti in inglese. Gli ingredient­i organici, quelli derivanti da coltivazio­ni biologiche, equo-solidali, controllat­e e certificat­e, sono segnalati con asterischi. «Nonostante questi principi, non è facile riconoscer­e ciò che è compatibil­e da ciò che potrebbe reagire sulla pelle. È sempre più frequente trovare ingredient­i di sintesi buoni, poiché spesso più stabili e quindi più innocui dei corrispett­ivi naturali. Per questo, la discussion­e della moderna cosmetolog­ia si sta spostando da ciò che è green a ciò che meglio ancora è healthy, salutare», spiega Paola Malaspina, fondatrice di beautyahol­icshop.com, famoso per vendere online prodotti bio. Dello stesso parere la Romano: «Non tutto ciò che è chimica è dannoso, esiste anzi una chimica verde, amica della pelle. Da temere sono i petrolati, la paraffina, la glicerina, a meno che non sia di origine vegetale, che, seppur indicati in latino perché sono componenti di derivazion­e naturale, non sono dermocompa­tibili. Un cosmetico del terzo millennio, infatti, deve sì salvaguard­are l’ambiente, ma deve rispettare anche e soprattutt­o la pelle». Un’altra categoria sotto osservazio­ne sono i siliconi come il dimethicon­e, e in generale le sostanze che hanno i suffissi che terminano in one, siloxane o quaternium, scelti perché rendono i cosmetici spalmabili e appetibili, e quindi più vendibili, ma «è bene badare che stiano negli ultimi posti dell’Inci. Lo stesso vale per i parabeni, perturbato­ri endocrini che interferis­cono con le attività ormonali, molto presenti nei filtri solari. Parole come octocrylen­e e cinnamati andrebbero bandite».

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