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Gli ingredienti dei cosmetici sono tutti nell’etichetta, ma bisogna saperla leggere. Non avete la laurea in chimica? Per distinguere quelli di sintesi dai naturali e dagli organici non serve. Possono essere utili entrambi: ecco come orientarsi
come leggere le etichette dei prodotti che usiamo sulla pelle
Le etichette dei cosmetici non sono codici indecifrabili. Basta saperle leggere ed è tutto scritto lì: i componenti che possono irritare la pelle, quelli dermocompatibili, gli ingredienti «etici» che rispettano chi è vegano, musulmano o soltanto molto attento che la bellezza non danneggi nessuno, nemmeno gli animali. Un lunghissimo elenco che parte, di solito, dalla parola water, acqua, l’unica comprensibile, per poi continuare come un codice segreto. Questo è l’Inci (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients), l’elenco degli ingredienti che troviamo per legge su tutti i cosmetici. Servirebbe una laurea in chimica, ma per fortuna ci sono delle regole di base da seguire per capire con che cosa realmente ci stiamo lavando i capelli o che cosa ci stiamo spalmando addosso. «La pelle non è semplicemente un involucro, ma è un organo e bisogna prendersene cura», dice Pucci Romano, specialista in dermatologia e presidente Skineco, Associazione Internazionale di EcoDermatologia. Primo precetto: nell’Inci le sostanze sono descritte in base alla percentuale, da quella più presente a quella meno. Altra regola è che gli elementi naturali, che non hanno subito processi chimici, sono indicati in latino con il nome botanico, mentre i composti sintetici e semisintetici sono scritti in inglese. Gli ingredienti organici, quelli derivanti da coltivazioni biologiche, equo-solidali, controllate e certificate, sono segnalati con asterischi. «Nonostante questi principi, non è facile riconoscere ciò che è compatibile da ciò che potrebbe reagire sulla pelle. È sempre più frequente trovare ingredienti di sintesi buoni, poiché spesso più stabili e quindi più innocui dei corrispettivi naturali. Per questo, la discussione della moderna cosmetologia si sta spostando da ciò che è green a ciò che meglio ancora è healthy, salutare», spiega Paola Malaspina, fondatrice di beautyaholicshop.com, famoso per vendere online prodotti bio. Dello stesso parere la Romano: «Non tutto ciò che è chimica è dannoso, esiste anzi una chimica verde, amica della pelle. Da temere sono i petrolati, la paraffina, la glicerina, a meno che non sia di origine vegetale, che, seppur indicati in latino perché sono componenti di derivazione naturale, non sono dermocompatibili. Un cosmetico del terzo millennio, infatti, deve sì salvaguardare l’ambiente, ma deve rispettare anche e soprattutto la pelle». Un’altra categoria sotto osservazione sono i siliconi come il dimethicone, e in generale le sostanze che hanno i suffissi che terminano in one, siloxane o quaternium, scelti perché rendono i cosmetici spalmabili e appetibili, e quindi più vendibili, ma «è bene badare che stiano negli ultimi posti dell’Inci. Lo stesso vale per i parabeni, perturbatori endocrini che interferiscono con le attività ormonali, molto presenti nei filtri solari. Parole come octocrylene e cinnamati andrebbero bandite».