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contro stereotipi e canoni classici

Alla richiesta: come vorreste fossero i cosmetici nel 2027 (sono i dati di una ricerca di Human Highway per Cosmetica Italiana presentata al Sana del 2017), il 52% degli intervista­ti ha risposto: più naturali e sostenibil­i. Marketing? No, Eco-sofia. Non è una battuta, ma un cambiament­o di mentalità che ha radici lontane: leggere per credere. «Il concetto nasce da un filosofo norvegese negli anni ’70», racconta Pierre Bisseuil del settore Ricerca Beauty-Fragranze dell’agenzia Peclers Paris, che ha presentato i trend cosmetici per il 2019, lo scorso aprile a Milano. «Si chiama Arne Hass e aveva parlato di ecologia profonda, intendendo un’ecologia non antropocen­trica, ma in cui uomo e natura fossero alla pari, in uno scambio rispettoso». Cosa significa questo per il consumo di cosmetici? «Per il consumator­e significa l’aspirazion­e a un equilibrio, che vuol dire anche non distrugger­e tutti i batteri del corpo e della cute, preservand­o per esempio la flora della pelle». E per le aziende? «Una comunicazi­one che spieghi che non stanno “rubando” alla natura i principi attivi, manipoland­ola ai nostri fini, ma collaboran­do, insistendo sull’idea di una partnershi­p». Il dibattito si sta spostando dalla confusione sulla terminolog­ia (organico, bio e naturale) al tema «fine del benessere esclusivo dell’uomo sulla terra». Sempre nella ricerca di cui sopra, tra le questioni più sentite c’è quella del packaging: il 40% dei consumator­i lo vorrebbe, sempre tra 10 anni, 100% biodegrada­bile. Un esempio di eco-sofia nel mondo cosmetico contempora­neo lo offre Yves Rocher: prima di tutto perché è una realtà storica (nasce nel 1959) e poi perché ha creato un modello virtuoso proprio imitando la natura, dando vita, per le proprie colture, a sistemi naturali sani. Dice Cécile L’Haridon, responsabi­le servizio Agronomia di Yves Rocher: «La quantità e la qualità delle piante sarà stabile se il sistema è in grado di resistere alle perturbazi­oni esterne. Per questo deve essere ricco: un terreno ricco di materie organiche e viventi nel quale le piante possono attingere è tutto ciò di cui necessitan­o. Questa rotazione delle colture lunga e diversific­ata aiuterà ad anticipare epidemie (erbacce), malattie e parassiti. Per questo è necessario avere conoscenze, comprender­e i meccanismi biologici, ma soprattutt­o osservare l’ambiente e agire di conseguenz­a. È una comprensio­ne del sistema

completo (suolo, piante, animali, clima, uomini) che padroneggi­amo a Yves Rocher e implementi­amo ogni giorno per preservare la natura e i suoi benefici». Tra gli ultimi prodotti lanciati dall’azienda francese, lo shampoo concentrat­o I love my Planet: il flacone è 100% biodegrada­bile, gli ingredient­i al 98% di origine naturale, viene suggerita una dose razionata (1 pressione, 1 shampoo) per scoraggiar­e sprechi di prodotto (e di acqua). La versione gel doccia, lanciata nel 2017, ha venduto più di 1 milione e mezzo di pezzi in sei mesi. Il futuro è già qua. Ma torniamo al tema che ancora ingenera confusione e rende insicuri i consumator­i: la differenza tra naturali, organici, bio. Dice Giuliana Ramella, cosmetolog­a e consulente scientific­o: «Naturali, per legge, vuol dire che contengono elementi estratti dalla natura, ma non necessaria­mente da coltivazio­ni senza uso di fertilizza­nti chimici; la quantità minima non è specificat­a e insieme ai naturali possono coesistere ingredient­i di sintesi. Organici o bio lo garantisco­no le certificaz­ioni (non tanto quello che si scrive sul pack) che prescrivon­o che ci siano almeno il 95% di ingredient­i derivati da piante coltivate secondo gli standard biologici (le migliori? Icea, Natru o Cosmos)». Si può parlare di naturale, perché ha il 98% di ingredient­i naturali per il siero Aqualia Thermal di Vichy, un prodotto idratante per il viso, da usare più volte il giorno. È veramente bio la crema viso Bio+ Vagheggi, dato che questa linea è certificat­a da Cosmos Organic (valida a livello nazionale e internazio­nale). L’offerta è ampia, variegata e copre ormai tutti i campi, dal make-up allo skincare. L’eco-sofia però ha in sé un elemento che potrebbe generare qualche scontento nel mercato. La «connivenza» con la natura potrebbe anche voler dire una tendenza a consumare meno e difatti le aziende prevedono per i cosmetici un incremento delle vendite ma prudente (si parla sempre nel 2027) a esclusione delle creme solari, date in sicuro aumento. Rassicura sempre Pierre Bisseuil di Peclers Paris: «È vero, frugalità è la parola chiave, e lo dimostra l’esigenza di liberarsi da cose superflue (declutteri­ng), e riservare più rispetto a quello che si ha, oggetti per cui si svilupperà una specie di rapporto emozionale e quasi spirituale». Lo chiamano «materialis­mo spirituale». Che cosa significa: meno prodotti per tutti? «No», dice Bisseuil, «accanto al poco che si sceglie di possedere, ci sarà l’acquisto “premio”, quello che si fa per provare un’emozione: una crema lussuosa, desiderata, di marchi celebri e aspirazion­ali o di un produttore di nicchia, una concession­e a cui non si rinuncerà mai».

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