Se ritorna Bin Laden
In Siria e Iraq, l’Isis è stato sconfitto. Ma allora perché sono ricomparsi gli ostaggi, gli attentati e anche lo spettro dell’11 settembre?
Ritornano i video di ostaggi con dietro uomini armati e incappucciati: lo spettro dello jihadismo a cui non eravamo più abituati è riapparso nel volto teso di Alessandro Sandrini, scomparso in Turchia dal 2016, e in quello di un ragazzo druso di 19 anni, decapitato in Siria. Poi è arrivata la notizia della coppia di americani uccisi da un commando Isis in Tagikistan, mentre facevano il giro del mondo in mountain bike. «Dopo che nel 2017 il Califfato è stato sconfitto in Siria e Iraq, l’Isis è quasi scomparso dai media», spiega Lorenzo Vidino, esperto di terrorismo e radicalizzazione dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). «Ma i terroristi islamici non hanno mai smesso di operare». Che fine ha fatto l’Isis? «In Siria è tornato a essere quello che era prima di fondare il Califfato, ossia un gruppo di guerriglia. Nel mondo resistono varie cellule in Occidente, e su Internet c’è sempre un “Califfato virtuale”. Dopodiché non bisogna dimenticare che l’Isis è solo una delle manifestazioni, forse quella più visibile negli ultimi anni, della galassia jihadista. Sandrini infatti dovrebbe essere stato rapito da Jabhat al-Nusra, il ramo siriano di Al Qaeda». Il califfo Abu Bakr al-Baghdadi, dato per morto, sarebbe stato segnalato nel Sud della Siria, a Deir el-Zor. «Possibile. Credo però che la leadership sia importante ma non fondamentale: c’è l’idea che se si decapita l’organizzazione, questa crolla. Di sicuro si indebolisce, ma questi gruppi si rigenerano in fretta». Il nuovo principe saudita Mohammad bin Salman e i Paesi del Golfo Persico hanno smesso di finanziare lo jihadismo? «Tutti i Paesi del Golfo sono cambiati, non c’è più il supporto dei decenni scorsi. Con due eccezioni: il Qatar, che continua a flirtare con i gruppi terroristici, e l’iniziativa privata di alcuni sauditi che sfuggono dal controllo dello Stato». È di questi giorni la conferma che Hamza, uno dei figli di Osama bin Laden, avrebbe sposato la figlia di Mohamed Atta, l’attentatore delle Torri Gemelle. Un nuovo leader per Al Qaeda? «C’è negli ultimi anni un disegno di Al Qaeda per spingere Hamza come leader, dopo i successi dell’Isis. Farlo sposare con la figlia di Atta, che per Al Qaeda è un simbolo, è probabilmente una strategia mediatica. Sono anni che la stella di al-Zawahiri, il medico egiziano ai vertici dell’organizzazione, è in declino: non ha il carisma di Bin Laden e i suoi video, anche se frequenti, non hanno eco, sono statici, noiosi, monologhi monocordi che poco hanno a che vedere con i video sofisticati dell’Isis». Isis che, intanto, per gli analisti si starebbe riorganizzando in Libia. «Due anni fa l’Isis, in Libia, era fortissimo. Se fosse confermato un suo riposizionamento dall’altra parte del Mediterraneo, e se quindi il baricentro si spostasse da Oriente alla Libia, sarebbe uno scenario importantissimo per l’Italia». Si riferisce al flusso migratorio? «La stragrande maggioranza dei soggetti che arrivano non c’entra nulla col terrorismo, è però vero che anche in quel flusso qualcuno si può infiltrare. È recente, a fine giugno, l’arresto di due gambiani a Napoli, richiedenti asilo che però erano soldati addestrati nei campi dell’Isis in Libia e progettavano attentati in Francia e Spagna».