Vanity Fair (Italy)

in 5 domande

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Un personaggi­o che vorrebbe interpreta­re?

«Maria Callas. Sono anche una cantante lirica, come mia madre (Silvia Gavarotti, ndr). Molti libretti sono più sfacciati di Temptation Island. Nella Tosca, lei va da Scarpia e, in sostanza, gli dice: “Se lasci andare me e Mario Cavaradoss­i, te la do”. E l’orchestra suona tre note: Si-La-Do. Ecco, cose così».

La sua prima cotta virtuale?

«Lo so che fa ridere, ma è stata per Giorgio Gaber. A sei anni avrei voluto sposarlo, a sette conoscevo tutte le sue canzoni a memoria. Nella vita reale, invece, c’è voluto parecchio più tempo. Fino ai 17 anni ero un maschio. Non avevo seno. Per dire, in spiaggia non mettevo neppure il reggiseno tanto ero piatta».

Un suo pregio e un suo difetto?

«Pregio: ho un temperamen­to da gladiatore, poche cose mi “atterrano” davvero. E anche quando succede trovo sempre la forza di ripartire. Difetto: sono terribilme­nte goffa; continuo a confonderm­i e a salutare in modo molto affettuoso persone che non conosco, cado, inciampo, rovescio cose».

Il primo ricordo dell’infanzia?

«Fino a sei anni ho seguito mia madre nelle tournée. Mentre lei faceva le prove, io me ne stavo in barcaccia, i palchetti laterali, quelli più vicini al palcosceni­co, sotto le poltrone, dove c’è quel vellutino che odora di stoffa, tabacco, muffa tutto insieme. Stavo lì e disegnavo».

Che cosa si aspetta dal futuro?

«Mi piace pensare che si troverà una cura per tante malattie oggi incurabili. E che la tecnologia ci aiuterà a vivere meglio, magari grazie all’invenzione di un robot in grado di rifarci il letto. Quanto a me, vorrei diventare madre. Anche se questa non è la società migliore in cui crescere un figlio».

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