Vanity Fair (Italy)

IL MISTERO DEL BATTISTI ONLINE

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IL SUO CANTO LIBERO

Lucio Battisti (1943-1998) è stato uno dei cantanti italiani più amati. Importante, per il suo successo, fu il sodalizio artistico con il paroliere Mogol. Nel 1979, Battisti si ritirò dalle scene, sostenendo che «l’artista non esiste. Esiste la sua arte».

Vado matta per le canzoni di Battisti perché secondo me lì dentro c’è tutto, come nella Divina Commedia. Amo Lucio Battisti al punto che per la prima volta in vita mia la settimana scorsa ho iniziato una collezione da edicola, comprando il primo dei suoi vinili – che ho tutti ma un po’ rovinati – uscito per i vent’anni dalla sua morte.

Per me Battisti era un genio della musica, però mi sono accorta che un sacco di ragazzi magari conoscono De André a memoria ma di lui non sanno niente. Testi troppo sentimenta­li? Troppo conservato­ri? Una leggenda metropolit­ana lo definì fascista per via di versi come «Planando sopra boschi di braccia tese» (nella Collina dei ciliegi) e per la mancanza d’impegno sociale – anomalo per quegli anni – dei suoi testi, ma credo che i ragazzi di oggi non siano così fessi e di queste classifica­zioni se ne freghino: se qualcosa gli piace non hanno pregiudizi ideologici.

Che sia allora perché fino a ieri i dischi di Battisti non si trovavano in streaming? Da sabato scorso su Spotify e Deezer è comparsa una raccolta intitolata Il meglio di Lucio Battisti (Remastered) con sedici canzoni tra le più note, come I giardini di marzo, Con il nastro rosa o Il mio canto libero. L’operazione è molto misteriosa perché la qualità audio del disco è bassa e alcune tracce sono rovinate, inoltre non si capisce quale casa discografi­ca sia associata al disco. Finora nemmeno YouTube aveva i diritti per le canzoni originali di Battisti, e chi voleva ascoltarle online doveva accontenta­rsi di cover. La società che deteneva i diritti presieduta dalla vedova di Battisti si era sempre rifiutata di renderle disponibil­i, una scelta insolita molto contestata dall’autore delle sue canzoni più note (e più belle) Mogol, che un paio d’anni fa aveva chiesto un risarcimen­to di otto milioni in parte accolto dal tribunale di Milano che gliene accordò 2,6. Ma visto che la Edizioni Musicali Acqua Azzurra non poteva pagarli, la società è stata messa in liquidazio­ne.

Un paio di titoli del disco ora su Spotify e Deezer (ma su Spotify non sono già più riproducib­ili: il mistero si infittisce!) sono scritti in modo tale («Io te venderei», «La collina deli ciliegi») che su Repubblica Ernesto Assante ha ipotizzato che possa averceli messi un hacker. Mogol, dal canto suo, ha detto che non sapeva che le canzoni sarebbero arrivate online e che Universal Digital Enterprise­s, la casa discografi­ca indicata su Spotify come produttric­e del Meglio di Lucio Battisti (Remastered), non fa parte di Universal, come ha precisato il suo presidente. La faccenda è piuttosto strana. Resta che – anche se la qualità non è il massimo e ci sono dei titoli storpiati – Battisti in streaming è una notizia. In streaming, in edicola, dappertutt­o: per me, più Battisti c’è meglio è.

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