È NATA UNA (NUOVA) STELLA
Bradley Cooper & Lady Gaga
Lui è diventato papà da poco più di un anno, lei ha un amore di lungo corso. Ma fra loro è scattato subito un feeling (non sentimentale). Così, l’attore ha debuttato con la sua prima regia. Mentre la cantante ha cambiato capelli ed è diventata interprete cinematografica. E insieme hanno (ri)dato vita e musica a A Star Is Born
Lady Gaga ha una teoria. Dice che quando una persona ha in mente da molto tempo di passare a un altro mezzo espressivo, diverso da quello che usa solitamente, diventa «una piastra di Petri». La piastra di Petri è un contenitore usato nei laboratori dai biologi per terreni di coltura: me lo sono fatto spiegare da Lady Gaga, io non l’avevo mai sentito nominare. Comunque. Gaga dice che il talento sta lì come un bacillo, fermenta e rifermenta fino a diventare un vortice e poi esplode in tutta la sua potenza. La metafora scientifica è da applicarsi a Bradley Cooper ma anche a lei stessa. Che nel film A Star Is Born recita come se lo facesse da anni. Lady Gaga attrice stava nella piastra di Petri, Bradley Cooper regista e cantante stava nella piastra di Petri. Insieme hanno rivitalizzato un copione classico come uno standard di jazz, già proposto da Hollywood altre tre volte (più una, nel 1932, trama identica e titolo diverso, vedi box a pag. 76). A Star Is Born, storia dell’ascesa di una ragazza di talento e della parallela caduta agli inferi del suo uomo, alcolizzato e a fine carriera, è la metafora perfetta di Hollywood, dell’insuccesso come malattia e del successo come istante di felicità che non può durare. La versione di Bradley Cooper, che somiglia parecchio all’ultima, quella con Barbra Streisand e Kris Kristofferson, con alcune scene e dialoghi identici, ha debuttato alla Mostra del Cinema di Venezia, uscirà in sala l’11 ottobre e dominerà la conversazione, il botteghino e le candidature ai premi principali nei prossimi mesi. Gaga e Bradley sono qui davanti a me come personificazioni della modestia, nonostante i gioielli da zarina che indossa lei. Lui è in jeans e maglietta blu, lei in abito nero, chignon alto, hanno entrambi un’aria d’attesa, l’aria di chi spera vada tutto bene. L’alchimia tra i due è scintillante sullo schermo come durante questa doppia intervista. Ascoltano l’uno le risposte dell’altra, a tempo, come quando cantano in due nel film. Io faccio una battuta citando The Edge of Glory, una canzone di Gaga, lei lo sfida «hai capito?», lui si affretta a dire che sì, ha capito, conosce il suo repertorio. «Che bravo, eh?», fa lei. Ridono.
«C’È MOLTO DI ME IN QUESTA STORIA, E BRADLEY È ACUTO COME UN RAGGIO LASER»
Complici come ragazzini. Lei lo definisce «acuto come un raggio laser». Lui: «La più brava, la più rispettata da tutti i musicisti che conosco, siano cantanti country o chitarristi heavy metal». Se questa amicizia/sodalizio è una finta, meritano due Oscar a testa, non uno. Perché al di là del minuetto promozionale, questi due non sono qui per caso. Sono due che, come si usa dire, hanno combattuto i loro demoni (l’alcolismo lui, problemi di salute e psicologici lei) e, grazie a disciplina e talento, oggi sono pronti a vincere tutto. Le ultime due versioni di È nata una stella, quella con Judy Garland nel 1954 e quella con Barbra Streisand nel 1976, erano state pensate anche per rilanciare le carriere delle due protagoniste. In particolare Streisand, che pure vendeva milioni di dischi e aveva già vinto un Oscar, era in cerca di qualcosa che andasse incontro a un pubblico più giovane. L’idea di È nata una stella spostato nel mondo della musica pop/rock e scritto dalla coppia di sceneggiatori Joan Didion e John Gregory Dunne sembrava perfetta. E lo fu. Nonostante le critiche pessime, il film incassò moltissimo e Evergreen vinse l’Oscar come miglior canzone originale. Questo A Star Is Born del 2018 non è però lo strumento per un rilancio. Lady Gaga è al vertice del suo successo come cantante. Dieci anni fa usciva il suo primo singolo, Just Dance. Oggi ha 32 anni e può fare quello che vuole, anche niente. Ma ha scelto di accettare la proposta di Cooper che, a sua volta, ha preso in mano il progetto del remake inizialmente destinato a Clint Eastwood e Beyoncé. Bradley e Gaga si sono incontrati la prima volta sei anni fa, sfiorandosi appena, dietro le quinte dello show televisivo Saturday Night Live. «Lei cantava, io dovevo fare un piccolo sketch. Abbiamo scambiato poche parole», racconta Cooper. «Mi è capitato di rivedere una foto di quel giorno. Non potevo sapere che tra noi sarebbe nato uno straordinario legame». Niente di sentimentale: Cooper sta con la modella Irina Shayk, da cui un anno e mezzo fa ha avuto una bambina, Lea, mentre Gaga ha da tempo un fidanzato, Christian Carino. «La nostra è una storia di ammirazione e amicizia», spiega Bradley. «Tutto è nato durante una serata di beneficenza a casa di Sean Parker (imprenditore, cofondatore di Facebook, ndr). Gaga si mise al piano e cantò La vie en rose, lasciandomi senza fiato». Nel film, in un certo senso, la scena si ripete. I due protagonisti si conoscono perché lui, entrando ubriaco in un locale di travestiti, ascolta Ally, cameriera di giorno, cantante di notte, intonare proprio La vie en rose. In A Star Is Born Lady Gaga non è bionda, non è truccata, non indossa abiti stravaganti. «È stata una sfida
«LEI È LA PIÙ BRAVA, LA PIÙ RISPETTATA DA TUTTI I MUSICISTI CHE CONOSCO, COUNTRY O HEAVY METAL»
per me presentarmi così», dice lei. «Mi sono sentita molto vulnerabile senza il mio look, ma mi ci sono buttata, è stato un tuffo nell’acqua gelida. C’è molto di me in questa storia e Bradley ne ha tenuto conto. Anch’io, come racconta Ally nel film, quando ho iniziato entravo in una stanza piena di uomini che mi dicevano di amare la mia voce e le canzoni che scrivevo ma che le avrebbero date ad altre cantanti perché erano più belle di me». E quando ha capito di avercela fatta, quando si è detta da sola «è nata una stella»? «Giravo l’America, facendo piccoli show nei club, anche tre spettacoli a sera. Un giorno, al confine con il Canada, dall’autoradio sono uscite le note di Just Dance e io sono scoppiata a piangere». «Wow», commenta Bradley. E racconta che, invece, il suo momento «è nata una stella» è avvenuto a Miami. «Mi avevano preso per uno spot pubblicitario dei fast food Wendy’s, uno spot che poi non è mai andato in onda. Ma ero in un albergo che mi sembrava di lusso anche se non lo era, e telefonai a mio padre per dirgli che stavo in una stanza con il terrazzo». Tre nomination all’Oscar dopo, Cooper è diventato regista, sul modello di tanti attori, da Robert Redford a Warren Beatty, a Clint Eastwood, che scelgono di cambiare marcia alla propria carriera e alla propria immagine. Nel 2019 dirigerà e interpreterà un altro film molto atteso: il biopic sul direttore d’orchestra Leonard Bernstein, prodotto da Steven Spielberg e Martin Scorsese. «Ho sempre voluto fare il regista, in realtà era questo il mio sogno», racconta. «Se prima sono diventato attore è solo perché mi faceva paura confrontarmi con una cosa così difficile». Adesso ha trovato il coraggio. E ha anche imparato a suonare la chitarra e a cantare. Ha persino scritto tre delle canzoni del film. «Tutto merito di Gaga. Lei si è fidata di me, lei ha creduto in me». La guarda negli occhi con gratitudine. Mi raccontano che Barbra Streisand è passata sul set, un giorno. Una specie di benedizione. E che alcune scene di concerti sono state girate durante uno show di Kris Kristofferson. Il passaggio di testimone è compiuto. Il sogno è realizzato. Prima di lasciarli, chiedo a entrambi se soffrano mai di panico da palcoscenico. «Solo se non sono preparato», dice Bradley. E Gaga: «Io, anche se preparata, sono sempre molto nervosa. Tony Bennett mi ha detto che va bene così: se hai paura vuol dire che ci tieni. A volte, nel backstage, tremo. Poi salgo i gradini, un faro mi illumina e passa tutto, così». Lady Gaga schiocca le dita come se volesse iniziare a ballare, proprio adesso, proprio qui.
«MI SONO SENTITA VULNERABILE SENZA IL MIO LOOK, È STATO UN TUFFO NELL’ACQUA GELIDA»