ADAM LEVINE L’INARRESTABILE
Anche se da sedici anni non si separa dalla sua band, i Maroon 5, e ha giurato amore eterno alla moglie e messo su famiglia, dice che «la vita deve cambiare continuamente». Per questo è diventato testimonial di un profumo. E già si prepara al giorno in cui le sue unghie saranno dipinte di rose e unicorni
Bisognerebbe partire dalla fine. Da quando gli chiedo, ora che è padre, che tipo di futuro vorrebbe per le sue bambine. Ci pensa. «Lo scoprirà tra poco», dice. Qualche settimana dopo, i Maroon 5 pubblicano il video di Girls Like You, singolo tratto dall’ultimo disco, Red Pill Blues. È un vero e proprio inno alle donne. Dentro ci sono Jennifer Lopez, Gal Gadot e Mary J. Blige, Sarah Silverman e Millie Bobby Brown, Ashley Graham e Ellen DeGeneres. Ci sono attiviste, sportive, youtuber, atlete olimpiche. C’è anche Aly Raisman, la campionessa olimpica di ginnastica che ha testimoniato contro il medico della Nazionale Usa per gli abusi sessuali subiti. Soprattutto, c’è Behati Prinsloo, la modella namibiana che ha sposato nel 2014, e dalla quale ha avuto due figlie, Dusty Rose e Gio Grace. Da ragazzo cui piaceva uscire solo con donne famose e farsi fotografare senza vestiti addosso a femminista convinto, maschio sensibile e sofisticato: Adam Levine è sempre in trasformazione. L’ultima è quella da testimonial di Y, la fragranza maschile di YSL Beauté. Ci incontriamo in una lussuosissima villa sulle colline di Los Angeles. Non è casa sua, ma potrebbe esserlo, lui che di questa città incarna la positività e la determinazione al successo, la voglia di divertirsi e quella di non crescere mai. Almeno fino a qualche anno fa. Baciato dalla fortuna, ma anche grande lavoratore, Levine oggi è una scommessa vinta. Prima di tutto con se stesso: nel 2002, quando i Maroon 5 divennero famosi grazie al disco Songs about Jane, pochi avrebbero scommesso che sedici anni dopo non solo la band sarebbe stata ancora insieme, ma il suo leader si sarebbe trasformato in un marito e padre amorevole, uomo simbolo di una mascolinità sensibile. È più difficile avere successo o mantenerlo? «Forse ottenerlo. Sono processi diversi, ma mettere un piede dentro la porta è così maledettamente difficile che quando ci riesci devi per forza promettere a te stesso che ce lo terrai». Quando ha raggiunto il successo, è stato come se lo immaginava? «Qualunque sia la tua idea di successo, non sarà mai esattamente così. E per riuscire a mantenerlo devi capire che cambierà, che è qualcosa che si trasforma e cresce in direzioni diverse da quelle che forse avevi pensato quando eri giovane». Nella campagna YSL Beauté parla di spingersi avanti, di trovare stimoli ogni giorno. Lei come fa? «Nella vita arrivano cose diverse che ti ispirano, che si tratti di una famiglia, di due bambine e di tutta quella roba lì. Col tempo, se sei intelligente, riversi la tua passione e la tua energia su queste cose nuove. La vita non è sempre la solita solfa, deve cambiare continuamente, altrimenti diventa poco interessante. Io sono ambizioso esattamente come prima, ma lo sono in modo diverso». Le sue priorità sono cambiate da quando è marito e padre? «La vita cambia, le priorità si aggiustano di conseguenza. Non credo che ora che ho figli la mia vecchia vita sia finita. No. Fanculo. La mia vecchia vita è ancora qui, ma è una versione un po’ diversa, con piccoli colpi di scena qua e là che la rendono unica. Bisogna mantenere viva la propria essenza, giusto? Non puoi abbandonare la persona che ti ha portato qui a essere quello che sei». Mi piace questa frase. «Voglio mostrare alle mie figlie le fottute cose che mi hanno permesso di arrivare dove sono oggi. Sapete, bambine, perché abbiamo questa casa? Perché vostro padre è pazzo. E ora saremo un po’ pazzi tutti insieme. Voglio dar loro l’esempio positivo di un uomo che si accende di passione quando deve realizzare qualcosa, anche
se quel qualcosa oggi è andare a prendere un caffè spingendo il passeggino». Anche la sua idea di mascolinità è cambiata col tempo? «Certo. Prima grazie al matrimonio. Poi alle bambine. Quello che voglio è migliorare. Qualunque diavolo di cosa sia, miglior marito, padre, musicista. Mi piace il processo di miglioramento. È davvero una sensazione fantastica, la adoro». Da più di dieci anni lei è anche coach di The Voice. Le piace il ruolo di mentore di giovani? «Assolutamente. Ed è stata una sorpresa. È stato davvero importante rendermi conto che avevo qualcosa da offrire ai giovani. E se devo essere onesto, penso anche che abbia contribuito a farmi diventare un genitore migliore. Sono un musicista. C’è sempre una certa quantità di egoismo legata a questo mestiere. Ma quando arrivi a un certo punto e ti guardi indietro certe cose ti costringono a riflettere su quello che hai fatto, e dici a te stesso okay, forse posso usare la mia esperienza per aiutare qualcuno: be’, è un bel momento. È l’inizio della seconda parte della tua vita». Ma da giovane li ascoltava i consigli degli altri? «No. Non ho ascoltato nessuno per quasi trent’anni. Non avevo orecchie per l’ascolto, solo per la musica. Avevo una visione a tunnel. Penso di essere maturato molto. Dobbiamo perdonare gli uomini: maturiamo più lentamente. Ora sono molto meglio. Da giovane ero come un diavolo della Tasmania». In quale altro aspetto l’ha cambiata la paternità? «Mi ha reso più grato. Tipo: grazie al cielo posso permettermi di mettere un tetto sopra le teste di queste bambine. Prima non ci avevo mai pensato. Ma quando hai figli la prima cosa che vuoi è proteggerli, comprare una casa. E ti rendi conto di quanto fortunato sei a potertela permettere». È l’istinto paterno che scatta. «È la natura che ti costringe a crescere». E adesso vive con tre donne. «Ho sempre saputo che avrei avuto figlie femmine». Davvero? «Sapevo che era parte del piano. Sono sicuro che tra poco le mie unghie verranno dipinte di rosa e viola, e ci saranno disegnati degli unicorni sopra: ho un sacco di estrogeni che mi attraversano in questo momento. Ogni tanto devo sollevare dei pesi, riprendere un po’ di testosterone». Ma è risaputo che gli uomini migliori sono quelli a contatto con la loro parte femminile. «È la mascolinità new age, in equilibrio tra parte maschile e femminile». Le sue figlie la commuovono? «Sempre. Magari non è che mi metto a singhiozzare, ma una lacrima mi scende eccome». Con i Maroon 5 ha superato i quindici anni di attività. Sorpreso? «Combattiamo, discutiamo, urliamo. Eppure siamo ancora insieme, siamo fratelli. Molte band si sciolgono, ma forse noi abbiamo capito come resistere senza romperci. Il successo può spezzarti o renderti più forte. Essere in una band è davvero come stare in famiglia, come una relazione. Devi essere completamente onesto, stimolante e disponibile al confronto». La sua vita quanto è frutto di fortuna e quanto di duro lavoro? «Non sono il tipo di persona che dice di non meritare nulla. Quello che ho me lo sono guadagnato. E sì, sono stato anche fortunato. Funziona così: lavori sodo, segui la tua passione, hai fortuna e la trasformi in qualcosa di spettacolare. Poi certo, non succede a tutti. Sono consapevole che ci siano persone che hanno lavorato più duramente di me e non ce l’hanno fatta. Ma io lavoro davvero sodo, e non mi scuso di nulla». Lei sembra sempre molto onesto quando parla. «Io odio il suono delle cazzate. E mi sento a disagio se non sono sincero». È anche molto ottimista. «Sono cresciuto in un ambiente molto divertente e pieno di gioia, sostegno, incoraggiamento e compassione. Quindi sono fortunato. E rispetto molto chi riesce a uscire da situazioni di disagio perché io quella difficoltà non l’ho avuta». E il carisma? L’ha sempre avuto? «Un po’ ci sono nato. La mia forza è che dico spesso la cosa sbagliata, ma probabilmente dico più spesso la cosa giusta. Non mi piace parlare solo per ottenere una reazione negli altri. Mi piace dire cose vere, ben articolate. I miei genitori si sono sempre preoccupati che non facessi errori parlando, che usassi la grammatica corrretta, e avessi un vocabolario abbastanza ampio. L’unico rimpianto è non avere letto abbastanza libri. Spero che le mie figlie non lo vengano mai a sapere».