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«Più umano che supereroe, ma più eroe di un essere umano». Così Henry Cavill descrive il suo nuovo personaggio, in The Witcher. Mentre cerca di dribblare le domande su chi prenderà il suo posto nei panni (e nei pettorali) di Superman
Può aspettare un attimo?», mi chiedono mentre sono sulla porta in attesa di intervistare Henry Cavill. «Sta facendo una cosa importante, sta comunicando ai follower su Instagram il suo prossimo progetto». Poi, quando entro nella stanza, lo spiega anche a me. Si tratta di The Witcher, nuova serie per Netflix. «Sono eccezionalmente felice di interpretare questo personaggio, Geralt di Rivia, tratto da omonimi fumetti e relativi videogame», annuncia Cavill. «È più umano che supereroe ma decisamente più eroe di un essere umano, non so se mi spiego. Comunque mi piace molto. Le ho già detto che sono felice?». Buon per lei, dico io, ma Superman? E qui, Cavill sorride (bel sorriso), preme leggermente le mani (belle mani) sui braccioli della poltrona e risponde, sibillino: «Prima o poi, un altro film con Superman, da qualche parte, ci sarà». A quanto pare, non con lui. Anzi, sarebbe già iniziata la caccia a chi potrebbe interpretarlo ed è anche stato fatto il nome di Michael B. Jordan che diventerebbe così il primo Superman afroamericano. E non è detto neanche questo. L’ultimo film che comprendeva il supereroe per antonomasia, Justice League, ha incassato solo 657,9 milioni di dollari nel mondo, il dato più basso dell’ultima serie di DC movies. Non solo: pare che proprio sul personaggio di Superman non ci siano progetti immediati. Prima di un nuovo Superman arriverà sicuramente il secondo Wonder Woman (Wonder Woman 1984, in uscita nel novembre 2019) visto che il primo è andato benissimo, e potrebbe presto entrare in lavorazione Supergirl. Quindi, quando Cavill ha annunciato che non avrebbe potuto fare nemmeno un’apparizione nell’imminente Shazam! (a causa della nuova serie di Netflix), non si sarebbero preoccupati più di tanto e ne hanno cancellato il ruolo. Ho incontrato Cavill a Venezia, in occasione di un evento organizzato dal brand di orologi Jaeger-LeCoultre, di cui è ambassador. Era appena rientrato da un lungo tour mondiale per promuovere Mission: Impossible - Fallout, altra «deviazione» senza la cappa di Superman e in un ruolo inedito, da cattivo. «Siamo stati fino in Cina, ho visto solo stanze d’albergo e, giusto per cinque minuti, qualcosa della Città Proibita a Pechino, dove avevamo la “prima” del film», racconta, habitué delle promozioni su vasta scala. «Ogni tanto è capitata qualche meravigliosa persona che mi ha rivolto una domanda diversa dalle centinaia di precedenti, sempre tutte uguali». Com’è giusto che sia, il Superman teoricamente in carica ha un fisico spettacolare. È il risultato di circa due ore di attività fisica al giorno, per cinque giorni a settimana, secondo modalità in accordo con il personal trainer Dave Rienzi e ciò che richiedono i film: «Adesso, per The Witcher, anche equitazione e scherma, per Mission: Impossible arti marziali, per Superman tantissimo sollevamento pesi, per via dei pettorali richiesti». Ma non è sempre stato così perfetto, fisicamente. «Ero un ragazzino decisamente sovrappeso, con tutte le insicurezze del caso», racconta, ma in tono leggero e per niente piagnucoloso. «Bullizzato? Sì, certo. Chi non lo è stato? A scuola tutti alleniamo la muscolatura delle nostre relazioni sociali ed è nella natura dei bambini competere per una primitiva forma di potere. Non sempre, per fortuna, questo lascia tracce dolorose, è solo parte del processo di crescita». Ma come ha invertito la rotta del suo metabolismo? «Quando mi hanno preso per il mio primo film, Montecristo, avevo 18 anni. La produzione disse a mia madre che dovevo dimagrire e io mi sono messo a dieta. L’idea di diventare un attore e guadagnarmi da vivere facendo una cosa che mi piace molto è stata una bella motivazione. Oggi la pizza continua a piacermi, ma la mangio solo ogni tanto». Quarto di cinque fratelli, Cavill viene dall’isola di Jersey e da una famiglia normalissima, lontana dal mondo dello spettacolo. «Se mi fosse andata male nel cinema, sarei entrato nelle Forze armate. Un’attività molto fisica, esattamente come quella dell’attore e che richiede tanta disciplina. Grazie alla popolarità, io comunque mi sento un leader, il comandante dei miei follower. Voglio dare il buon esempio, trasmettere messaggi positivi, coinvolgere il pubblico nelle mie attività di beneficenza. E penso di riuscirci abbastanza». E con gli hater come fa? «Parto dal presupposto che chi scrive cose terribili sui social media in gran parte non le pensa. Esagera tutto, sia i complimenti che gli insulti nella speranza di essere preso in considerazione. Il buon senso non si nota, le iperboli sì. E l’anonimato aiuta: chi mi insulta non avrebbe mai il coraggio di ripetermi le stesse cose in faccia». Per forza. Potrà anche essere sostituito, ma ufficialmente è ancora Superman.
«ERO SOVRAPPESO, UN RAGAZZINO INSICURO. ANCH’IO SONO STATO BULLIZZATO»