Attrazione fatale
Quella tra le donne e i gioielli è una fascinazione che si perde nella notte dei tempi. E che resiste alle evoluzioni della società perché porta in sé molteplici significati e sentimenti
Se vi capita di passare per Mosca, fate in modo di visitare il Cremlino. Superate le spesse mura, ve ne andrete in giro a bocca aperta di fronte al maestoso susseguirsi dei palazzi. Ma se entrate nella Cattedrale dell’Assunzione e nel Palazzo del Patriarca troverete qualcosa di ancor più luccicante delle tante cupole fiabesche. Si chiama Tribute to Femininity la retrospettiva organizzata dal Museo del Cremlino fino al prossimo 13 gennaio per raccontare attraverso gli oltre cento anni di storia di Bulgari le evoluzioni dei gusti, dei desideri e dell’emancipazione femminile in rapporto ai gioielli. Più di cinquecento creazioni prodotte dalla maison romana tra il finire del XIX secolo e gli anni ’90 di quello successivo, con tanto di pezzi mai esposti prima come la tiara del 1930 indossata dall’Infanta di Spagna Beatriz, il giorno delle sue nozze, insieme con i
«I gioielli ci aiutano a collegarci con il mondo esterno, indossandoli esprimiamo la nostra identità»
preziosi appartenuti a star indimenticabili, da Anna Magnani a Elizabeth Taylor, Gina Lollobrigida, Anita Ekberg. Il tutto completato da foto che ritraggono molti di quei personaggi, restituendo nell’insieme della narrazione spaccati di vita che racchiudono in sé diversi significati. E che portano a una domanda: perché le donne di ogni tempo amano così tanto i gioielli? «Fin dall’antichità e per molte comunità nel mondo, le donne sono state la cassaforte vivente dei beni di famiglia che si manifestavano proprio attraverso i gioielli-lingotto in metallo prezioso da tramandare da una generazione all’altra nelle occasioni speciali della vita, per esempio i matrimoni», spiega Bianca Cappello, storica del gioiello, oltre che curatrice di mostre e saggi sul tema. «Nel mondo occidentale, dopo che nell’Ottocento l’uomo ha rinunciato alle decorazioni e al colore, la donna è diventata ancor più la portatrice ufficiale dei preziosi di famiglia, una specie di vetrina attraverso cui mostrare il proprio benessere economico». Poi arriva il Novecento, con l’avvento dei grandi couturier che rivoluzionano lo stile e liberano la donna da una serie di costrizioni fisiche, a cominciare dall’addio ai bustini. Per aprire la strada a un’estetica fino ad allora inimmaginabile, come l’utilizzo dei pantaloni. «Da Coco Chanel in avanti, il gioiello non si sceglie più solo per il suo valore, ma per manifestare la propria personalità, spesso caleidoscopica e multiforme». I colori, tanto cari all’universo di Bulgari, diventano sempre più centrali nell’acquisto di un anello o di un collier, acquisto per la prima volta fatto dalle donne in autonomia, senza più limitarsi ad attendere il regalo da parte di un uomo. Cambia l’approccio al monile, ma le donne ne restano ancora affascinate. «I gioielli ci aiutano a collegarci con il mondo esterno. Indossandoli, esprimiamo la nostra identità agli altri», aggiunge Cappello. «Li usiamo per definirci come persone semplici, estrose, magari desiderose di conformarsi a un gruppo, oppure pronte a provocare la società. Sono indicatori del nostro potere di acquisto, ci fanno da amuleti, in alcuni casi attribuiamo loro addirittura il potere di collegarci a una divinità. Senza contare che amici e coppie di ogni età si sono scambiati almeno una volta nella vita un gioiello, anche di poco valore, per simboleggiare il legame che li unisce. I gioielli sono la firma su un contratto di sentimenti e indossandoli si porta sulla pelle il ricordo di chi ce li ha donati». Decisamente di più che un semplice accessorio.