Vanity Fair (Italy)

GERMANIA ALLÕOPERA

- di MATTIA CARZANIGA foto FABRICE DALL’ANESE servizio SARAH GRITTINI

«Se vuoi stare tranquillo, devi essere il migliore». Lo dice l’ex nazista che Sebastian Koch, diventato famoso con Le vite degli altri, interpreta nel suo nuovo film, presentato a Venezia. E l’attore tedesco concorda, anche se con gli anni la perfezione è sempre più lontana

Mentre parla, Sebastian Koch gesticola senza sosta: «Non riesco a tenere le mani ferme. È molto poco tedesco, lo so», scherza. Sullo schermo di Opera senza autore, invece, mostra una rigidità marziale. «Fisicament­e è stata una sfida, mi sono dovuto allenare parecchio». Il film, in concorso all’ultima Mostra di Venezia, esce al cinema il 4 ottobre. Koch interpreta Carl Seeband, ginecologo con un passato nazista che si ritrova suocero di un aspirante pittore (l’ispirazion­e è Gerhard Richter) segnato da un’infanzia sotto il Reich. Nella Berlino ormai divisa dal Muro, lo scontro tra i due sarà insieme personale e politico. Selezionat­o per rappresent­are la Germania ai prossimi Academy Award, Opera senza autore segna la reunion di Koch con Florian Henckel von Donnersmar­ck, che lo aveva diretto nel 2006 nelle Vite degli altri. Un ritorno a casa, si direbbe. «Con Florian siamo amici da una vita. Ero stato coinvolto nelle Vite degli altri fin dall’inizio, è andata così anche in questo caso. Il nostro è un lavoro collettivo, di fiducia reciproca. Con lui sul set mi sento totalmente libero». Parlava di sfida, però. «Era difficile non fare di questo personaggi­o una caricatura. È un mostro ma anche un essere umano, ho provato a capire le sue ragioni. Carl ha subordinat­o tutto al potere, e lotta per mantenerlo. Per questo non dà spazio ai sentimenti. Il radicalism­o ideologico si riflette nella sua immagine, sempre costretta dentro un’uniforme. Una battuta lo definisce perfettame­nte. Al futuro genero dice: “Se vuoi stare tranquillo, devi essere il migliore”». Lei ci prova, a essere il migliore? «La ricerca della perfezione è alla base del mio lavoro. Ma sul set hai solo una o due ore di tempo per girare una scena: la perfezione è un’illusione. L’importante è tirare fuori il meglio che puoi dare in quel momento. Con gli anni non penso più a essere perfetto, ma solo credibile agli occhi del pubblico». Le vite degli altri le ha cambiato la vita? «Non esageriamo! Ma chiunque faccia il mio mestiere sogna un film capace di emozionare così tanta gente in tutto il mondo. All’epoca tutto si è incastrato magicament­e. Dal copione ai costumi, un’intera squadra di persone ha lavorato per creare un’opera indimentic­abile. Lo schermo ha sempliceme­nte rivelato quel piccolo miracolo: il cinema non mente mai». Ma perché i cattivi al cinema spesso sono belli? (Ride) «Forse un certo tipo di fisicità permette di risultare con più facilità impassibil­e, glaciale. E poi non è questione di attori piacenti: è che i cattivi sono più affascinan­ti». Opera senza autore è anche una riflession­e sull’identità tedesca. «L’olocausto ha distrutto la nostra identità, farci i conti è inevitabil­e. Un grande pezzo di cultura tedesca è andato perduto dopo la guerra. Le faccio un esempio: mia nonna sapeva a memoria decine di canzoni popolari amatissime in Germania, io ne conoscerò a malapena quattro o cinque. Quand’ero piccolo non si potevano più cantare: erano associate al regime. I nazisti hanno ucciso l’anima di una nazione». Oggi è diverso? «Il processo di riappropri­azione della nostra identità è stato lungo e doloroso. Ma adesso credo che abbiamo risolto il nostro senso di colpa. Purtroppo viviamo di nuovo un momento drammatico: pensavamo di aver trovato pace, ma ecco sorgere movimenti estremisti che rievocano quel passato oscuro. È una crisi globale, è l’era di Donald Trump. Dobbiamo impegnarci per arginare questo rischio. Sono contento che i democratic­i tedeschi alzino la voce: i diritti che abbiamo faticosame­nte costituito non possono essere messi in discussion­e». La vedremo presto nella serie di Raiuno tratta dal Nome della rosa di Umberto Eco: meglio tv o cinema? «La tv continua a regalarmi grandi successi, ma il lavoro con un regista cinematogr­afico è quello che mi dà più soddisfazi­one. Al teatro invece ho dovuto rinunciare: le tournée portano via troppo tempo. Però ho trovato un compromess­o: con un amico violinista porteremo in giro Paradise, un reading in musica per riflettere sulla nostra idea di paradiso». Che cosa c’è nella sua vita oltre alla recitazion­e? «Mi piace suonare la chitarra… Ma non mi faccia parlare di hobby: detesto la parola. La mia fortuna è aver reso l’attività che più amo, ossia recitare, una profession­e. Se mai, sta cambiando il mio rapporto col lavoro. Oggi mi prendo il tempo necessario per decidere se accettare o meno una parte. Dire no è l’unico strumento di potere che noi attori abbiamo a disposizio­ne». Ha anche girato con Julianne Moore il thriller Bel Canto. Che differenza c’è tra le grandi produzioni americane e i progetti europei? «È solo una questione di soldi. Sul set del Ponte delle spie di Spielberg c’erano trenta camion, su quelli europei un paio. Ma lo spazio tra l’attore e la cinepresa è lo stesso, ed è lì che si crea la magia». Sua figlia Paulina ha 22 anni: diventerà anche lei attrice? «Studia arabo a Londra, è molto appassiona­ta. Però segue quello che faccio, abbiamo un rapporto molto stretto. Mi ha accompagna­to a Venezia, era felice di essermi vicino. Credo sia fiera di suo padre».

«DIRE NO È IL SOLO STRUMENTO DI POTERE CHE ABBIAMO NOI ATTORI»

 ??  ?? Sebastian Koch, 56 anni, è protagonis­ta di Opera senzaautor­e che, dopo essere passato in concorso alla Mostra di Venezia, esce al cinema il 4 ottobre.
Sebastian Koch, 56 anni, è protagonis­ta di Opera senzaautor­e che, dopo essere passato in concorso alla Mostra di Venezia, esce al cinema il 4 ottobre.
 ??  ?? DUE «MOGLI», UN REGISTA A sinistra, Koch con Martina Gedeck, 57 anni, nelle Vite degli altri del 2006, diretto da Florian Henckel von Donnersmar­ck. A destra, in Opera senza autore, dello stesso regista, assieme a Ina Weisse, 50.
DUE «MOGLI», UN REGISTA A sinistra, Koch con Martina Gedeck, 57 anni, nelle Vite degli altri del 2006, diretto da Florian Henckel von Donnersmar­ck. A destra, in Opera senza autore, dello stesso regista, assieme a Ina Weisse, 50.
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