UNA MISCELA ESPLOSIVA
Ogni volta che deve prendere l’aereo, qualcuno la ferma per un controllo antiterrorismo: «Sono la sospettata numero 1». Ma lei va avanti, e dopo aver vinto un talent come cantante, adesso torna al cinema e si mette a insultare Daniel Auteuil
Terza classificata, nel 2009, al talent show Nouvelle Star, versione francese di Pop Idol, due album di successo: Camélia Jordana aveva davanti a sé una carriera musicale già bella spianata. Non contenta, ha deciso di iniziarne anche un’altra, quella dell’attrice, e in un paio di anni ha messo insieme un ruolo da protagonista nella commedia Due sotto il burqa, e uno da coprotagonista in Quasi nemici, al cinema dall’11 ottobre, dove fronteggia un veterano come Daniel Auteuil, e per il quale si è aggiudicata un premio César come miglior giovane promessa. Anche in questo caso, è una commedia ispirata ai temi dell’immigrazione. Auteuil è un professore cinico, intollerante e politicamente scorretto. Lei è Neïla, studentessa della banlieue parigina convinta che l’integrazione e l’emancipazione passino attraverso lo studio. La strana coppia si troverà a dover collaborare a un concorso di eloquenza. E non tutto andrà liscio. «C’è una scena in cui lo insulto in tutti i modi possibili», racconta Jordana. «Una parte era scritta ma il resto andava improvvisato. Ci provo, ma non va bene. “Devi essere più dura. Urlagli che è grasso, che ha un naso che fa schifo, tutte le cattiverie che ti vengono in mente”. E io: è Daniel Auteuil, capite? Non ho il coraggio di trattarlo male. Alla fine, mi sono lasciata andare e gli ho gridato in faccia di tutto. Almeno la metà degli insulti che sentite me li sono inventati sul momento». Ma passiamo a un’altra scena: all’inizio del film, vediamo come i tratti arabi di Neïla non sfuggano agli uomini della vigilanza che la bloccano all’ingresso dell’università, mentre i ragazzi «bianchi» passano indisturbati i controlli. Una situazione che Jordana, nonni algerini e genitori naturalizzati francesi, ha vissuto spesso. E non su un set cinematografico. «Ogni volta che prendo un aereo sono la sospettata numero uno, quella da sottoporre ai controlli antibomba». Ricorda un episodio in particolare? «Uno? Centinaia!». Lei ha cominciato come cantante. Quando ha capito di voler fare l’attrice? «In realtà, sognavo di fare tutte e due le cose, l’attrice e la cantante, fin da bambina, ma non pensavo fosse possibile. Né l’una né l’altra. Ho partecipato a Nouvelle Star senza crederci davvero, pensando di tornarmene a casa. Ogni settimana cercavo di divertirmi il più possibile, convinta che sarebbe stata l’ultima. Quando mi sono classificata terza e la Sony mi ha offerto un contratto, ho detto al mio manager: non avrei mai creduto che certi sogni potessero realizzarsi… A questo punto, c’è un’altra cosa che avrei sempre voluto fare: recitare. Così, ho cominciato a fare le prime audizioni». Altri sogni da realizzare? «Dirigere un film. Ho già in mente una storia ma la sceneggiatura è ancora da buttar giù. E anche scrivere un libro. Ho un sacco di quaderni pieni zeppi di idee, spunti, progetti. E mi piacerebbe finire le superiori, che ho interrotto dopo il talent, e iscrivermi all’università. Appena rimango incinta lo faccio». È un altro piano al quale sta lavorando? «No, no, dico solo che la gravidanza è un buon momento per riprendere in mano i libri di scuola. Mi piacerebbe studiare storia, scienze politiche». In Francia si batte a favore degli immigrati e interviene spesso ai dibattiti in tv. Ha mai preso in considerazione di entrare in politica? «Non potrei mai. Significherebbe scendere a compromessi, sacrificare almeno in parte i principi in cui credo. Io voglio rimanere me stessa». Come ci riesce al cinema? «Il bello di questo lavoro è che posso diventare chiunque, anche una persona orribile, un killer. Ma se il cattivo fosse l’eroe della storia non potrei interpretarlo: non riuscirei a “difendere” un personaggio del genere. Inoltre, mi è capitato di rifiutare un film perché era troppo leggero. Non m’interessa spendere il tempo che potrei usare per lavorare alla mia musica per una storia che non significa nulla». C’è qualche trucco da oratrice che ha imparato sul set e che le è tornato utile dopo? «Ci sono due battute che mi sono rimaste impresse. La prima è: “So che un giorno il mio nome sarà legato a qualcosa di importante”. Che, per me, significa: se davvero lo vuoi, se ti ci dedichi con tutta te stessa senza arrenderti mai, raggiungerai il tuo obiettivo. La seconda è una citazione da Schopenhauer: “L’importante non è avere ragione ma convincere”». Bella frase ma un po’ pericolosa, non crede? «Non se la usi per fare qualcosa di buono. Nel mondo di oggi funziona così: vai in televisione e hai due minuti di tempo per portare dalla tua parte il pubblico. Lo stesso sui social network: vince chi si esprime nel modo più orecchiabile. La prossima volta che mi inviteranno a un talk show avrò qualche arma in più per sostenere le mie idee».