W come Welles
Arriva su Netflix un documentario di Morgan Neville, dove si racconta il dietro le quinte dell’ultimo film, incompiuto, dell’autore di Quarto potere, uomo dalle molte verità
Orson Welles è il mio eroe da quando avevo 13 anni. Mio padre amava i suoi film e a casa avevamo il manifesto di Quarto potere. Il suo film F come falso è uno dei motivi per cui ho voluto diventare un regista di documentari». Quando a Morgan Neville, 51 anni, un Oscar nel 2014 per 20 Feet from Stardom, è stato offerto di girare un documentario su Welles è stato come realizzare un sogno. Mi ameranno quando sarò morto, che viene trasmesso su Netflix il 2 novembre, racconta il dietro le quinte dell’ultimo film incompiuto di Welles, L’altra faccia del vento. «Prima non avevo mai pensato di poter fare un film su di lui perché non c’era nulla di nuovo da raccontare. Poi è arrivata questa opportunità: una storia inedita e importante. Molti credono che gli ultimi quindici anni di vita Welles li abbia passati a fare pubblicità in tv. In realtà, per tutti quegli anni aveva continuato a lavorare a questo progetto». Un film autobiografico. Anche se lui lo ha sempre negato. E, come ripeteva continuamente, quello che sarebbe diventato il suo vero capolavoro. «Perché lui detestava guardare al passato. Il fatto che tutti continuassero a parlargli di Quarto potere lo faceva letteralmente soffrire: era il suo primo film, l’unico per il quale aveva ottenuto controllo e libertà totale da parte degli studios. Ed era il migliore. Si sentiva in trappola». Dal documentario di Neville emerge la personalità complessa del regista. «Era pieno di contraddizioni. A seconda dell’interlocutore, del momento della giornata, della situazione, diceva una cosa o l’esatto contrario. E spesso negava di aver fatto affermazioni che, in realtà, aveva fatto. La verità per lui era caleidoscopica, un po’ come la scena degli specchi nella Signora di Shanghai. Era convinto di essere stato tradito, abbandonato da Hollywood, però, come si usa dire, mordeva la mano che lo nutriva. Ai suoi tempi fare film era difficile e costoso. Avrebbe amato le possibilità che la tecnologia oggi offre, avere la libertà di girare un film su un cellulare e montarlo usando un computer portatile».