Vanity Fair (Italy)

L’eleganza del gatto

Dopo quasi trent’anni a Vogue America, Grace Coddington fa da sola. Partendo da una collaboraz­ione molto speciale

- di SIMONA SIRI

G race Coddington è una leggenda. Lo sanno gli operatori del settore, abituati a vedere la sua chioma rossa in prima fila alle sfilate. Lo sa il grande pubblico, che ha imparato a conoscere il suo lavoro dalle pagine di Vogue America, dove per 28 anni come direttore creativo ha raccontato meraviglio­se storie fatte di immagini, dettando al mondo gusto e stile. Dopo tre libri e infiniti successi, nel 2016 ha deciso di lasciare il posto a tempo pieno per un ruolo che le permetta di coltivare passioni e collaboraz­ioni diverse. Come la capsule collection Catogram di Louis Vuitton, disegnata assieme a Nicolas Ghesquière, direttore artistico delle collezioni donna di Louis Vuitton e suo amico, e ispirata dal suo amore per i gatti. Pelletteri­a, accessori, scarpe e ready-to-wear hanno protagonis­ti Pumpkin e Blanket, i due gatti persiani di Coddington, che saltano tra loghi monogram arancioni, con la partecipaz­ione anche di Leon, il cane di Ghesquière. È nato per primo l’amore per la moda o quello per i gatti? «L’amore per la moda risale all’adolescenz­a, ma dove vivevo io, nel Galles del Nord, non c’era modo di coltivarlo. Quanto agli animali, mia madre aveva cani, non avevamo gatti in casa, ma in giro ce n’erano parecchi di selvatici a cui davo da mangiare. Il primo gatto l’ho avuto molto dopo: un animale è un impegno serio che richiede tempo e responsabi­lità». Come con un figlio. «La mia vita ora gira intorno ai gatti. In vacanza vado solo nella mia casa di Long Island, perché lì posso portarli con me e il viaggio non è troppo stressante. I gatti non amano cambiare ambiente». Che cosa le piace così tanto dei felini? «Sono indipenden­ti e hanno una personalit­à loro. I cani ti amano a prescinder­e. I gatti no. In realtà penso che i gatti si comportino come gli esseri umani, ma non vogliono darlo a vedere». Questa capsule collection è molto gioiosa. Eppure lei è famosa per servizi di moda drammatici e misteriosi. Sta tirando fuori un aspetto diverso della sua personalit­à? «Questa esperienza è divertente e giocosa, ma lo humour è sempre stato importante e si vede spesso nei miei servizi, in particolar­e con Arthur Elgort ed Ellen von Unwerth. È vero, ho anche fatto servizi provocator­i e drammatici con Annie Leibovitz e Steven Klein. Al giorno d’oggi è difficile trovare fotografi che abbiano un po’ di ironia. Io penso invece che il lavoro migliore venga in un ambiente felice». Colpa dei tempi in cui viviamo? «In parte. La moda e la fotografia cambiano a seconda dei periodi storici, e ciò che è giusto oggi potrebbe essere completame­nte fuori luogo domani». Com’è la sua vita ora che non lavora più a tempo pieno per Vogue? «Ho più tempo per collaboraz­ioni come questa per Louis Vuitton. All’inizio mi è mancata la routine, mi sono dovuta abituare, ma ora sto bene. Ho persino una vita privata, non è male. E poi posso scegliere ed essere selettiva sui progetti a cui voglio partecipar­e». Nessun rimpianto, quindi. «La vita che ho lasciato non esiste più. Il mondo della moda è cambiato così tanto, un ruolo come il mio nei giornali non c’è praticamen­te più per come lo conoscevo io». Viviamo nell’epoca dei freelance. «La relazione che si ha con i giornali è diversa. Ci deve sempre essere rispetto, quello sì, ma oggi sento che non c’è più la lealtà che esisteva prima». Se chiedessi a chi lavora con lei qual è la sua più grande qualità, che cosa mi direbbero? «Non ho idea, dovrebbe chiedere a loro». E se lo chiedo a lei? «Mi è molto difficile parlare di me stessa, forse l’umorismo di cui dicevamo prima». Oltre al fatto che ci sono molti meno soldi di prima e che moda e giornali hanno sofferto della crisi economica forse più di altri settori, quali sono gli altri fattori che hanno cambiato così tanto questo mondo? «La lista è lunga, ma è indubbio che l’aspetto economico sia il principale. L’altro sono i social media: hanno cambiato tutto e non necessaria­mente in meglio». So che è in progetto un film su di lei. Da quale attrice vorrebbe essere interpreta­ta? «Ho scritto la mia biografia anni fa (Grace, Random House, pagg. 333, ndr), i diritti sono stati acquistati, ma poi si è fermato tutto. Siccome vorrei che il film si centrasse sugli anni della mia adolescenz­a, ci vuole qualcuno che sia credibile dal punto di vista anagrafico, come Saoirse Ronan oppure Mia Goth».

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