Vanity Fair (Italy)

LA parla giapponese

A Downtown, il quartiere del momento di Los Angeles, da un cuoco di fama che recupera la tradizione giapponese del «taglia e cucina». Dal sashimi di oloturia ai (più tranquilli) funghi fermentati, la prova è superata

- di LUCA GUADAGNINO

Downtown LA sta avendo una straordina­ria rinascita da qualche anno a questa parte. Dopo l’inaugurazi­one della surreale e metallica Walt Disney Concert Hall progettata da Frank Gehry, il quartiere già centro autentico di Los Angeles all’inizio del secolo scorso ha visto una corsa di artisti che a poco prezzo hanno situato nei loft e nei magazzini in rovina dell’area i loro studi. Dagli artisti alla gentrifica­zione il passo è stato breve, e adesso vivere a Downtown LA o anche solo uscire la sera è la cosa da fare. L’atmosfera del quartiere è restata la stessa, strade a scacchiera, un senso di délabré e di industrial­e, un’aria di vaga minaccia come se ci trovassimo in un romanzo di James Ellroy. Ma poiché trovare cibo sublime in zone umili è vero e proprio stile di vita a Los Angeles, in una di queste strade, incistato in un parcheggio sporco e cupissimo, difficile da individuar­e a prima vista, c’è uno dei locali exploit della scena gastronomi­ca losangelin­a: Shibumi. A pochi mesi dall’apertura, nel 2016, Shibumi venne eletto il secondo miglior ristorante di Los Angeles dal mitico e compianto guru del mangiare california­no Jonathan Gold sul Los Angeles Times. Per David Schlosser, il fondatore di Shibumi, fu una grave responsabi­lità figlia della cultura dell’immediatez­za hollywoodi­ana, successo immediato e poi rischio di vera caduta dall’alto. Grazie al rigore e alla grande gavetta di Schlosser però, posso dire che quasi tre anni dopo Shibumi mantiene la sua promessa iniziale. Ma andiamo per gradi: Schlosser è un tipo molto speciale, torreggia da dietro il lungo bancone di pino centenario che occupa quasi l’intera lunghezza del locale, quasi parla da solo, o meglio con il cibo. Materia prima eccellente e davvero unica con la quale David elabora la sua idea di cucina Kappo, una tradizione giapponese che

SELVAGGIO MA NON TROPPO David Schlosser e un dettaglio del suo ristorante Shibumi. Sopra, il suo polpo selvaggio di Hokkaido e i sakura mochi, dolci di fagioli di soia al profumo di boccioli di ciliegia.

letteralme­nte significa «taglia e cucina» e dove la relazione tra cuoco e ospite è alla base dell’esperienza gastronomi­ca. Meno formale della tradizione kaiseki, di cui vi ho già parlato, e più elaborato della cucina izakaya (un pranzo informale fatto di piattini da condivider­e), lo stile Kappo è una succession­e di piatti stagionali inventati per il commensale dallo chef quasi in diretta. chlosser ha sviluppato una passione fortissima per la tradizione culinaria giapponese dopo un viaggio trasformat­ivo fatto a Tokyo. Tornato a Los Angeles ha lavorato presso alcuni importanti chef, tra cui Urasawa, ed è diventato poi lo chef dell’ambasciato­re americano in Giappone. Dopo questa esperienza ha deciso di ritagliars­i un posto tutto suo dove poter esplorare tutte le fascinazio­ni provate nei suoi viaggi, a partire dall’arte della fermentazi­one utilizzand­o in mille sfumature il potere del koji, un riso inoculato da batterio. Il pasto è iniziato con un pugno benissimo assestato alle mie papille gustative, sashimi di oloturie shiokara, ovvero un mollusco noto in Sicilia come «minchia di mare» lasciato cuocere nelle sue viscere letteralme­nte marcite. Un colpo da maestro immediato seguito dal freschissi­mo antico e semplice cetriolo e shiso e sesamo, capace con la sua acqua di compensare e sciacquare la complessa forza del sashimi. L’intero pasto è una montagna russa di colpi e carezze, proteine e verdure, sapienti e antiche, vado a memoria nel vasto menu provato: melanzana e pomodori, sardine con soia fermentata, carpaccio di wagyu al fior di sale e zenzero e funghi fermentati, pollo al vapore in salsa di uovo e funghi mazuke brasati, manzo di kobe alla brace, budino di fagioli come dessert e a concludere un tè hojicha vellutato e aromatico come poche volte provato. Shibumi è ancora al vertice della cucina di Los Angeles, e non solo.

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