BEATO ULTIMO CHE SI SENTE TRA I PRIMI
Niccolò Moriconi, in arte Ultimo, a soli 22 anni ha già conquistato un disco di platino e i suoi concerti sono sold out. Quasi inconsapevole del grande successo sogna una casetta tra i monti nella vita – – si giudica «un casino», ma nella musica si consid
Il suo sogno è di ritirarsi in solitudine in una casetta tra i monti dell’Austria («L’ho già trovata», assicura) ma, prima, a Niccolò Moriconi detto Ultimo, toccherà affrontare la folla: l’1 e il 2 novembre al PalaLottomatica di Roma e il 4 al Mediolanum Forum di Milano, dove si esibirà con il suo Colpa delle favole tour, che tornerà poi in primavera con nuove date. Ultimo d’arte, ma primo nei numeri, il cantautore romano vincitore di Sanremo Giovani con Il ballo delle incertezze (e disco di platino per l’album Peter Pan) è tra gli artisti italiani più giovani – 22 anni – a fare sold out nei due templi nazionali della musica. «Un traguardo che era difficile anche solo immaginare o sognare. Per questo cerco di vivere tutto con grande inconsapevolezza, a occhi chiusi», ci confessa. Com’è arrivato fin qui? «Ho cominciato a suonare il piano a 8 anni, a 14 mi esibivo nei locali. A scuola sono stato bocciato due volte, ma ppe’ forza: facevo una vita “ribelle”. Per la musica ho sempre rotto i coglioni a tutti, in questo sono stato sfacciato». E pensare che passa per timido. «Ci sono situazioni in cui mi è difficile lasciarmi andare, come nelle interviste (sorride). Mia madre mi dice sempre “sei un orso”». E «bravo» mai? «I miei non sono mai stati come quei genitori che alle partite di calcetto incitano i figli dagli spalti. All’inizio mi tenevano coi piedi per terra, e a me un po’ faceva soffrire. Però adesso li capisco e se dovessi avere un figlio farei come loro». Quando ha deciso di diventare «Ultimo»? «Da poco, per l’album. Forse è stata una scelta un po’ paracula, ma ha portato bene: ho sempre avuto una grande fame e tanta voglia di arrivare». Si è mai sentito «primo» nella vita? «Nella musica sempre: mi sono sempre sentito forte, deciso, sicuro. Il che è anche una maledizione: quando nasci con la voglia di scrivere canzoni, pensi che solo quelle debbano essere perfette, tutto il resto no». Però lei ha anche un amore, Federica, e il successo non l’ha scalfito. «Io la vita privata cerco di viverla in modo sereno: per fortuna sono pigro, sto sempre a casa a giocare a poker con gli amici o alla Playstation, non ho mai voglia di fare niente (ride)». Le piace mangiare, il suo profilo Instagram non mente. «Oh sì, io adoro magna’. È il primo piacere della mia vita». È un’affermazione forte, questa. «Sì lo so, ma per me il cibo supera qualsiasi altro piacere, anche “quello”». Il primo tatuaggio? «Kurt Cobain, a 15 anni. Lui è stato il primo artista in cui mi sono “immedesimato”: Something In The Way, l’ultima di Nevermind, è una canzone che mi ha davvero cambiato». Lei scrive bene e interpreta meglio. Da dove arriva tutta questa intensità, a soli 22 anni? «Mi spremo tanto. Sono Acquario ascendente Acquario, mi perdo nei dialoghi e nei pensieri. Vivo con l’impressione che ogni giorno sia pieno di cose, così quando arriva la sera mi sembra di aver vissuto degli anni. E queste sono tutte sensazioni che non vedono l’ora di uscire, di essere scritte». Il che è anche una schiavitù, immagino. «Si tende a pensare che oggi i ragazzi non siano riflessivi, invece sanno solo nascondere il fatto che pensano. I miei coetanei si fanno un sacco di domande». Il suo album s’intitola Peter Pan: che cosa la spaventa del diventare grande? «Ci sono molti adulti fichissimi, altri che da piccolo mi hanno un po’ traumatizzato, che quando li guardavo pensavo “non voglio finire come loro”». Tipo? «Un professore, Mariano, ogni volta che entrava in classe diceva “hey Moricone, guarda che di canzoni non si vive…”. Questo solo perché pure lui ci aveva provato a fare il musicista, ma non era riuscito. Quando lo vedevo pensavo che non avrei mai voluto ritrovarmi a 50 anni così, triste e frustrato». Essere più leggero le piacerebbe? «Sì, e ogni tanto ci provo: gioco la schedina, guardo il calcio… Ma poi mi ritrovo punto e daccapo. Dentro c’ho un po’ di confusione, sono un casino. Mi salva che per fortuna sono anche molto ironico, e alla fine come va, va, non me ne frega niente».
«I RAGAZZI NON SONO RIFLESSIVI? NO, NASCONDONO IL FATTO CHE PENSANO»