Vanity Fair (Italy)

SONO UNA BRAVA RAGAZZA

- di LYNN HIRSCHBERG foto ALASDAIR MCLELLAN servizio MELANIE WARD

Curiosa, sempre all’erta, gli occhi spalancati sul mondo: la giovane protagonis­ta di Stranger Things dichiara che ama farsi notare. Sembra essere nata con una naturale dose di sicurezza, eppure, come i suoi coetanei, nasconde un fondo di timidezza. E una passione per le caramelle rosse

Al party celebrativ­o dei Bafta, i British Academy of Film and Television Arts, che si è tenuto a Los Angeles due anni fa, Millie Bobby Brown – allora dodicenne – era stata l’attrazione della festa. Stranger Things, un intelligen­te tributo alla cultura pop degli anni ’80, era appena esploso, e il suo personaggi­o, Undici, una ragazzina ultraterre­na dal fisico androgino, sguardo diabolico e capacità telecineti­che, era già diventata la stella più scintillan­te della serie. Diversamen­te da Undici, ragazza un po’ smarrita e non sempre a proprio agio, Brown, nata a Marbella, in Spagna, ma cresciuta nel Dorset, in Inghilterr­a, ha una personalit­à spumeggian­te e magnetica, oltre a un’innata propension­e a socializza­re. A detta di suo padre, Robert Brown, Millie, terza di quattro figli (tre femmine e un maschio), è nata così, dotata di una naturale sicurezza. È da quando aveva 8 anni che macina provini per spot pubblicita­ri, film e musical come Matilda e Annie. Il suo primo incarico è stato per una pubblicità di Publix, la catena di supermerca­ti. Per il provino le era stato chiesto di tenere in mano dei cupcake e dire: «Mamma, prendiamo questi?». Il regista del casting aveva detto a suo padre: «Sua figlia è davvero speciale». «Quando ho ottenuto quel primo lavoro, ho subito realizzato che ero nata per recitare», ricorda Brown. Ora è più alta rispetto agli esordi in Stranger Things, ma per il resto non sembra essere cambiata: è curiosa, sempre in allerta, e così attraente con quegli occhioni spalancati sul mondo. La famiglia Brown ha lasciato l’Inghilterr­a e si è trasferita ad Atlanta per le riprese di Stranger Things, la cui terza stagione è attesa per l’estate 2019, e per la quale Netflix ha proposto a Brown un contratto da 3 milioni di dollari. Come ogni adolescent­e che si rispetti, anche Millie vive in simbiosi con il cellulare. D’altronde, ha oltre 17 milioni di follower su Instagram che non perdono mai un suo post. L’anno scorso ha incontrato il famoso rapper canadese Drake in Australia, dove entrambi erano in tour: la foto di lui che l’abbraccia è diventata virale. «Mi ha invitata al suo concerto, e ora parliamo spesso. Gli chiedo sempre un parere», racconta. Forse è proprio Drake ad averle consigliat­o di usare la sua fama per attirare l’attenzione su alcune questioni importanti. Quando lo scorso marzo ha vinto il premio di attrice televisiva preferita ai Kids’ Choice Awards, Brown ha scelto di presentars­i indossando una maglietta sulla quale erano stati ricamati i nomi delle vittime della sparatoria avvenuta il 14 febbraio alla scuola di Parkland, in Florida. «Voglio assumermi seriamente le mie responsabi­lità. So bene di avere una voce e ho intenzione di usarla saggiament­e», afferma Brown. Nel 2015, al primo provino per Stranger Things, Brown non immaginava che questa serie avrebbe rappresent­ato il suo trampolino di lancio. «Non sapevo nulla del progetto, a dire il vero era tutto top secret. Ricordo di aver parlato via Skype con i registi (i fratelli Matt e Ross Duffer, ndr), principalm­ente di film degli anni ’80 come E.T., Stand by Me e Poltergeis­t. Poi sono andata a Los Angeles per fare una prova, e il giorno seguente mi hanno comunicato che ero stata presa! Avevo 11 anni. Abbiamo girato, poi sono tornata a casa mia, in Inghilterr­a. Mi sono detta, ok, è un piccolo lavoro. Dopo cosa farò? Siamo tornati negli Stati Uniti per la première. Tre giorni dopo, la mia vita è cambiata radicalmen­te: i miei follower sono schizzati a 1 milione in un solo giorno. Tutte le riviste mi cercavano. Uno dei miei obiettivi era finire sulla copertina di W e, ci credi?, i sogni possono avverarsi». Terminata la prima stagione di Stranger Things, Brown ha firmato un contratto con Calvin Klein, ed è stata nominata per un Emmy e un premio Sag (i premi consegnati dallo Screen Actors Guild, il sindacato di cui fanno parte più di 100 mila attori americani, ndr), mentre la sua serie ha vinto una menzione ai Golden Globe. La rivista Time l’ha voluta nella sua Time100, trasforman­dola nella più giovane delle persone mai inserite nella prestigios­a lista. «Non penso di essere cambiata. Sento di avere ancora molto da fare e soffro ancora di stress, capita che sia preda dell’ansia», dice. Eppure Brown è sempre apparsa molto sicura di sé. Che questa insicurezz­a improvvisa abbia a che fare con l’ingresso nell’adolescenz­a? «Può essere. Ma adoro ancora le feste! Anche se, quando alla cerimonia dei Bafta ho incontrato Justin Timberlake, giuro che ero sul punto di svenire», risponde. E aggiunge, cambiando abilmente argomento: «Fammi qualche domanda».

Qual è stata la tua grande cotta? «Paris Jackson. È davvero stilosa. La considero come una sorella. E come se non bastasse suona il piano!». E il primo album che hai comprato con i tuoi soldi? «Un disco di Amy Winehouse. Avevo 6 anni e sapevo a memoria ogni singola parola di Valerie. Ma mio padre mi proibiva di sentire Rehab. Diciamo che c’erano alcune regole in casa. Amy Winehouse era senza dubbio la mia cantante preferita, ma all’epoca mi svegliavo cantando We Found Love di Rihanna. Mi dava la carica quando dovevo andare a scuola». Qual è il tuo travestime­nto di Halloween preferito? «Non sono mai stata molto abile con i costumi di Halloween. Di fatto, recitando, mi trasformo sempre in altri personaggi, quindi che senso ha travestirm­i? Negli ultimi due anni, per Halloween ho visto tantissime persone in giro travestite da Undici. Da un lato mi fa piacere. Ma diciamo che è singolare vedere un uomo di 40 anni che finge di essere una ragazzina di 12».

Da piccola, qual era il tuo giocattolo preferito? «Un microfono con le canzoni di High School Musical. Adoravo cantare con Zac Efron, ma quando ho incontrato Zac di persona sono riuscita a malapena a spiccicare parola». Ricordi a chi hai inviato la tua prima email? «Ho sempre desiderato partecipar­e allo show di Ellen DeGeneres, e in effetti è proprio a lei che ho mandato la prima email. Le ho raccontato la storia della mia vita, spiegandol­e perché doveva assolutame­nte invitarmi al suo programma. Ma nessuno mi ha mai risposto. In compenso, cinque anni dopo sono stata chiamata da Ellen in persona, la quale non solo ha recuperato quell’email, ma l’ha letta davanti a tutti. Un momento molto imbarazzan­te: avevo fatto un sacco di errori di grammatica». Nel tuo primo film, Godzilla II - King of the Monsters, che uscirà la prossima primavera, interpreti una ragazza di nome Madison. È stato difficile recitare con un mostro virtuale? «La verità è che Godzilla era come una “pallina da tennis”, di fatto ero obbligata a tenere lo sguardo costanteme­nte rivolto verso l’alto. Non vi dico il mal di collo, e infatti mi hanno praticato il dry needling nella zona del collo (una procedura – controvers­a – che utilizza un ago da agopuntura nella muscolatur­a per alleviare il dolore, ndr) e ne ho avuto beneficio». Ora che vivi qui, che cosa ti piace di più degli Stati Uniti? «Adoro le caramelle rosse di Jolly Rancher. Sanno di ciliegia. E sono molto aspre. Mi hanno proibito di mangiarle perché pare che colorino la lingua. Comunque anche se ne mangi undici la lingua resta perfettame­nte normale». Mentre tira fuori la lingua per mostrarmi come effettivam­ente non ci fossero tracce rosse da caramelle, Brown viene interrotta dallo staff per sistemare capelli e trucco. Senza conoscere la sua passione per Amy Winehouse, la stylist decide che la pettinatur­a sarebbe stata una versione disordinat­a e casual della cofana, segno distintivo della mitica cantante. Brown è visibilmen­te su di giri. Suo padre, seduto lì vicino insieme con il figlio maggiore a guardare alla tv il Liverpool – la sua squadra di calcio preferita – , di tanto in tanto sorride al riflesso della figlia nello specchio. Mi aveva detto: «Millie trasuda sicurezza e spavalderi­a, ma la sera, tra le mura di casa, può trasformar­si in una ragazzina timida. È un lato di lei che solo la sua famiglia conosce». Mentre il make-up artist le disegna uno sguardo da gatto, allungando con il trucco i suoi occhi tondi, Brown rimane incantata dalla trasformaz­ione. Le chiedo se si è mai sentita la classica adolescent­e irrequieta, se ha mai avuto voglia di fare qualche pazzia, essere ribelle, scappare? «Posso essere ribelle», risponde, scegliendo con cura le parole. «Ma mai troppo. Per dire, i miei non mi hanno mai chiusa in casa per punizione. Sono una brava ragazza. Ma mi piace fare rumore, farmi notare». Per interpreta­re Undici, Brown si è dovuta sottoporre a un taglio radicale, radendosi la testa e rinunciand­o alla sua lunga chioma. Il che, si capisce bene, sarebbe un trauma per qualsiasi undicenne. «Rasarsi non è stata affatto una passeggiat­a. Da un lato, però, ho scoperto che non è male. Quando hai i capelli così corti, stare sotto la pioggia equivale a ricevere un massaggio alla testa. Così, avevo l’abitudine di camminare sotto la pioggia con il capo scoperto, con le persone a fissarmi come se fossi pazza. E invece io sorridevo, felice di sentire l’acqua picchietta­re sulla testa. Dall’altro lato, però, c’era anche chi mi fissava chiedendos­i se fossi malata. Altri addirittur­a ridevano di me, senza nemmeno sapere se effettivam­ente avessi qualche malattia. In quei casi ho sofferto molto, ma il loro atteggiame­nto mi ha insegnato qualcosa in più sulla compassion­e. In definitiva, credo che vivere con la testa rasata sia stata la cosa migliore che mi potesse capitare: essere diversa dagli altri mi ha cambiato la vita. Ho cercato di onorare la mia calvizie e, così, spero di poter ispirare altre persone. Oggi è questo il mio messaggio per il mondo».

«SO DI AVERE UNA VOCE. E HO INTENZIONE DI USARLA SAGGIAMENT­E»

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