Vanity Fair (Italy)

Tutti i battiti del mio cuore

Nella sua famiglia ci sono stati una grande attrice, un grande scalatore e un grandissim­o amore. E adesso che Margherita Vicario recita anche lei (e pure lei è innamorata), unisce ai ricordi la voglia di combattere. Come insegna la serie che interpreta co

- di MARINA CAPPA foto MARIA LA TORRE

C'era una volta una nonna che le sere d’estate si sedeva con la nipotina e «mi raccontava tante storie, facendo le vocine». C’era una volta un’altra nonna che le sere d’inverno prendeva la nipotina e la portava con sé a teatro. C’è oggi una ragazza che ha 30 anni e da quelle serate con le nonne ha tratto un mestiere, quello di attrice. Si chiama Margherita Vicario, e dal 19 novembre è su Raiuno, nella serie Nero a metà. La si riconosce, in tv, dal pancione di otto mesi: una protesi così ben fatta che «a volte le comparse si alzavano per farmi sedere, convinte che fosse tutto vero». Ma torniamo alle nonne. Quella materna le ha trasmesso la passione dello spettacolo dal vivo, che adesso lei realizza con la musica: cantante in un paio di gruppi, poi solista e autrice-interprete dello spettacolo di canzoni Lem Lem - Liberi esperiment­i musicali, in gennaio pubblicher­à un nuovo album. «La musica», dice, «per me è come il vaso di Pandora: se lo scoperchio, esce tutto ciò che mi abita; nella recitazion­e amo il fatto di essere al servizio degli altri, quando compongo invece sono la capocomica di me stessa». La recitazion­e però ha anche a che fare con l’altra nonna, quella paterna che raccontava favole. Il suo nome era Rossana Podestà, grande attrice che a un certo punto lasciò il cinema per Walter Bonatti, con cui visse un amore durato fino alla morte di lui. Margherita, figlia del regista Francesco Vicario, che la Podestà ebbe dal primo marito, ricorda però che per lei lo scalatore «era come un nonno, uno con cui ci voleva rispetto perché spesso stava chiuso nello studio a scrivere, però anche molto presente. Curioso di quello che ci succedeva, mai distratto. Anche a lui piacevano le storie, e mentre ci raccontava le sue avventure, la nonna vicino a lui lo aizzava, lo spingeva a ricordare, come l’assistente di un illusionis­ta». La giovane attrice non intende però seguire l’esempio della nonna: «Lei cambiò vita per amore, e non ebbe mai rimpianti. Ma un conto è farlo a 45 anni, come nonna, e un altro sarebbe – per me – rinunciare a tutto adesso: non mi sembra giusto. D’altra parte, nessuno me l’ha mai chiesto». A proposito di uomini: felicement­e innamorata (tanto che sul set nel pancione finto si trovava molto bene e «un po’ di voglia me l’ha fatta venire») di un coetaneo «non noto», in passato Margherita ha avuto una relazione di quasi quattro anni con Pietro Sermonti. Come compagno, meglio un attore o uno che fa tutt’altro mestiere? «Meglio essere nello stesso settore, perché ti dà una comprensio­ne di base. Può essere un tecnico del suono, un direttore della fotografia... Però preferisco che non reciti: se sei un attore, anche nel privato hai sempre bisogno di un palcosceni­co, di uno spettatore. E se ci si trova in due a cercare la scena, questo può diventare un problema». Non sono un problema invece le scene d’amore, che Margherita si è trovata a girare in un paio di casi, in cui «tutti sono stati estremamen­te delicati». Lo è stato anche Fausto Brizzi, quando l’ha scelta per il film Pazze di me? «Con me è stato molto carino. Quando ho letto delle denunce ho pensato che esistono più sfaccettat­ure: da una parte non mi piacciono i processi mediatici, dall’altra però trovo assurdo che la legge imponga termini estremamen­te ristretti per le denunce, ci vuole tempo per elaborare situazioni di questo tipo, non è che corri subito a denunciare». Non parla, comunque, per esperienza diretta: «Come a tutte, anche a me è capitato di incontrare il deficiente, dal gommista sotto casa al musicista, mai però nel cinema, e ho visto come certe avance, anche quando non sono “pericolose” ti fanno venire le lacrime agli occhi, ti senti così fragile...». Indossare la divisa – cosa che le ricapiterà presto nel film tv Non ho niente da perdere, con Carolina Crescentin­i – non l’ha invece fatta sentire fragile, anche se poi «penso che per un bel po’ non starò più in polizia». Nel frattempo, però, Margherita spiega che cosa l’ha coinvolta in Nero a metà: il fatto di essere l’unica donna nella squadra di poliziotti, coccolata e protetta, e – certo – il piacere di tornare a recitare con Claudio Amendola, già incontrato sul set dei Cesaroni. Ma soprattutt­o il tema di fondo della serie, i cui due protagonis­ti sono Amendola e il suo collega nero Miguel Gobbo Diaz, originario di Santo Domingo: l’intolleran­za. Perché è proprio «grazie alle vie traverse di una serie che a volte si comunicano meglio certi messaggi che toccano tutti». Margherita lo dice da persona «molto interessat­a a ciò che succede nel mondo, convinta che sia un dovere degli artisti parlarne». È ciò che fa quando compone e «sublimo le cose che non mi piacciono, in particolar­e proprio questa crescente insofferen­za verso gli altri. L’opposto della musica, che è condivisio­ne, voglia di raggiunger­e tutti».

«QUANDO FACCIO MUSICA, SONO LA CAPOCOMICA DI ME STESSA»

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