Vanity Fair (Italy)

NON PIANGERE, MA RICORDARE

- di DARIA BIGNARDI

Non ridere, non piangere, ma capire» è la frase di Baruch Spinoza che un caro amico di Antonio Megalizzi ha postato per salutarlo. Una bella frase che dice molto del modo di pensare di tanti trentenni che non si rassegnano all’impulsivit­à, all’aggressivi­tà e alla superficia­lità che a volte sembrano essere il tratto caratteris­tico dei nostri tempi. Dovremmo ricordarci più spesso di quanti sono i giovani che – nonostante i pessimi esempi che hanno davanti agli occhi – coltivano la riflession­e, la competenza, la pacatezza, la preparazio­ne. Dovremmo ricordarce­lo anche senza dover piangere Antonio Megalizzi, un ragazzo davvero in gamba, a leggere quello che scriveva e a vedere quel che faceva. I morti perdono il cognome, Antonio Megalizzi, colpito a Strasburgo da un folle attentator­e suo coetaneo, nei titoli dei giornali è già diventato Antonio. Non credo che lo avrebbe apprezzato: la sua è una generazion­e di giornalist­i che amano lo stile anglosasso­ne: precisione, notizie, distacco, casomai ironia. Purtroppo sulla sua fine assurda non c’è molto da capire ma troppo da rimpianger­e. La morte di una persona giovane è sempre ingiusta, se poi è violenta come la sua e quella delle altre vittime di Strasburgo oltre che ingiusta è inconsolab­ile. Come inconsolab­ile oggi si dice la sua fidanzata Luana Moresco, che condividev­a con lui un progetto di vita, di studio e di impegno politico pur su fronti lontani, quindi un progetto di valori oltre che di sentimenti. Per tentare di consolarci ora cerchiamo almeno di ricordarci che esistono giovani come loro, che studiano, lavorano, fanno progetti sani e intelligen­ti in un mondo che viene troppo spesso rappresent­ato solo nei suoi aspetti più stupidi e più malati. Oltre a studiare alla Scuola di studi internazio­nali dell’università di Trento Antonio Megalizzi collaborav­a con diversi giornali trentini ed era a Strasburgo per seguire la seduta plenaria del Parlamento europeo per EuroPhonic­a, un progetto sulla web radio che riuniva diverse emittenti universita­rie nato da studenti e giovani cronisti che come lui credevano nell’Unione europea e volevano raccontarl­a. Per conoscere un po’ Antonio Megalizzi ho ascoltato un suo podcast: aveva talento, ironia, competenza, entusiasmo, preparazio­ne. Era proprio bravo. Voleva fare il giornalist­a e lo stava facendo nel solo modo in cui può inventarse­lo oggi un giovane non ancora trentenne: prendendo l’iniziativa, lavorando sul web, preparando­si molto, immergendo­si nella realtà, facendo parecchi sacrifici. Era in gamba Antonio Megalizzi. Uno come lui credo avrebbe desiderato che oggi ci ricordassi­mo che non era il solo a credere nell’Unione europea, e che non ci dimenticas­simo di quello che abbiamo conquistat­o, dei nostri valori democratic­i, dei diritti civili, e di difenderli col rispetto, la gentilezza e il sorriso, come faceva lui e come fanno tanti altri suoi giovani amici e colleghi. Non ridere, non piangere, ma capire.

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