I pizzini per mia moglie
Tra ruoli in tv e al cinema, è il suo momento d’oro. Ma STEFANO FRESI si definisce soprattutto un «family man» dalle abitudini molto romantiche
L a pancia per me è come il naso per Sinatra, mi caratterizza». Stefano Fresi, 44 anni, attore e compositore, negli ultimi tempi ha catturato l’attenzione del cinema italiano. Lo scambiano per Giuseppe Battiston: «Ci divertiamo a firmare autografi l’uno al posto dell’altro e ad aprile 2019 gireremo un film insieme in cui interpretiamo due fratelli, per la regia di Antonio Padovan». Intanto lo vediamo in due nuovi episodi dei Delitti del BarLume, il 25 dicembre e il 1° gennaio (alle 21.15 su Sky Cinema Uno), la serie di gialli a tinte comedy ispirata ai romanzi di Marco Malvaldi, dove interpreta Beppe Battaglia, un pigrone che vive di inerzia e che si occupa del bar, «il contrario di me, che sono un iperattivo». Dal 27 dicembre sarà al cinema nei panni di Mr. Johnny, un personaggio alla Tim Burton, nel film La Befana vien di notte di Michele Soavi, con Paola Cortellesi. Che cosa direbbe di sé? «Sono un tipo onesto, rispettoso, perfezionista. Uno che a ogni ciak diventa incredibilmente serio. Non vi dico però la fatica che ho fatto con Corrado Guzzanti, sul set dei Delitti del BarLume. Lui improvvisa tutto e il 90 per cento di ciò che dice è geniale. Sforzarmi di non ridere è stata un’impresa». Perfezionista e rigoroso? «Ma quando mai. Sono un incostante, comincio libri che poi lascio a metà, diete che interrompo continuamente, anche se dovrei dimagrire per mio figlio (Lorenzo, 8 anni, ndr): vorrei avesse un papà il più a lungo possibile. Mi impegnerò, anche se la mia pancia, in fondo, come attore mi aiuta a raccontare qualcosa in più». Per lei questo è un momento d’oro. «Non è mai stato importante il successo, per me, ma vivere di ciò che mi piace. Sono figlio di un filosofo che ha lavorato in banca per una vita, solo per permettere a me di seguire le mie passioni. La percezione del cinema nei miei confronti però è cambiata da quando ho interpretato il chimico-lavapiatti Alberto Petrelli in Smetto quando voglio, che mi ha fruttato una candidatura ai David, insieme a mostri sacri come Fabrizio Gifuni e Carlo Verdone». E fuori dal set? «Sono un family man. Nel tempo libero, sto con mia moglie, la seguo nei suoi concerti (è sposato con la sassofonista Cristiana Polegri, ndr), e con mio figlio. Gli ho trasmesso in modo furbo la mia passione per l’arte, me lo portavo da piccolissimo sulle spalle alle mostre e gli raccontavo una storia per ogni quadro. Oggi mi chiede spesso: “Papà, ma quando mi riporti a una mostra?”». Qualcuno ha scritto che lei è un sex symbol. «Mi dicono che ho estimatori nel mondo dei gay “orsi”, ma solo perché sono grosso e peloso. Alle donne, invece, piace il modo in cui parlo di mia moglie. L’amore per me è il motivo per cui vale la pena mettersi alla prova, fare qualunque fatica nella vita. Le dirò un mio feticcio, una specie di rito. A ogni film, cambio una virgola su una battuta e inserisco un dettaglio che solo mia moglie può capire».