Vanity Fair (Italy)

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- di PAOLA JACOBBI foto FRANCO PAGETTI servizio PINA GANDOLFI

«Frontman si nasce. Devi essere quello che già alla recita di Natale veniva scelto come protagonis­ta» Tommaso Paradiso

È l’artista del momento: desiderato e invidiato. Tommaso Paradiso, frontman dei Thegiornal­isti, non si tira indietro: «Aspiro ai grandi numeri», e a chi sostiene che tragedie come quella della Lanterna Azzurra siano colpa dei cantanti risponde: «Vietato accusare chi scrive versi»

N«Non si possono accusare i cantanti per quello che scrivono. È colpevole chi non ha badato a rispettare le regole di sicurezza. Ed è il tale con lo spray al peperoncin­o l’Idiota Ebbasta. Non Sfera. Il mondo di rap e trap vive di linguaggio provocator­io, si sa. Ma non per questo chi scrive o, peggio, chi ascolta quella musica è violento o sessista. A me piacciono i film di Quentin Tarantino, mi è piaciuto Gomorra, ma non vado in giro a sparare. Del resto, gli antichi Greci insegnano: la creazione artistica è catarsi. Altrimenti tutti gli spettatori di Medea di Euripide ammazzereb­bero i loro figli». Così si esprime, al telefono, Tommaso Paradiso sul tema «musica cattiva maestra», il dibattito specioso e pericoloso che si è acceso all’indomani della tragedia alla discoteca Lanterna Azzurra, dove hanno trovato la morte sei persone, di cui cinque minorenni. Avevo incontrato il frontman dei Thegiornal­isti qualche giorno prima, a pranzo nel ristorante del suo hotel preferito a Milano. Cappello da baseball, calzoni corti («poi vado in palestra»), Tommaso è romano come una pietra del Colosseo ed è laureato in Filosofia: le citazioni da Hegel e Husserl piovono nella conversazi­one così, a sorpresa. Scrive e canta canzoni a prova di mamme e nonne. La hit Riccione, dicono i maligni, starebbe persino nelle playlist delle Baby Dance tra bimbi della scuola materna. L’unica parolaccia visibile si riscontra in Felicità puttana, singolo tormentone del momento tratto dall’ultimo disco, Love. A Tommaso la trap non dispiace («trovo molto bravo Ghali e mi divertono alcune cose della Dark Polo Gang») ma la sensazione è che parlare con lui di questa musica sia come parlare di cosciotti d’agnello con un vegetarian­o. Perché il suo mondo è fatto di storie d’amore, viaggi, batticuore quotidiani, citazioni cinematogr­afiche e televisive, da De Sica (Christian) al Dr. House. Tommaso canta «ti mando un vocale di dieci minuti / soltanto per dirti quanto sono felice» e la prima dichiarazi­one ispirata alla Gazzetta dello Sport della musica italiana: «Ho vinto il Mondiale da quando ci sei / sei la Nazionale del 2006», dedicata alla fidanzata Carolina Sansoni. Questa abilità di scrittura, così immediatam­ente orecchiabi­le, Paradiso non la tiene solo per sé: ha scritto per Gianni Morandi e Luca Carboni, Noemi e Giusy Ferreri. Tutti lo vogliono, tutti lo cercano. Gli avevano anche proposto una parte nella serie televisiva 1993 e, di recente, ha incontrato Verdone: «Spero di poter scrivere la colonna del suo prossimo film, Carlo è un mito». All’inizio la critica diceva «siete bravi ma non fate niente di nuovo», adesso «siete bravi ma eravate meglio quando eravate una piccola band indie, oggi siete troppo mainstream». Voi chi volevate essere? «Non avrei mai pensato di avere la copertina di Vanity Fair o di sentire il nome Thegiornal­isti pronunciat­o da Fabio Fazio. Ma sono felice che stia succedendo. Io voglio stare comodo, in una casa grande, vivere bene, non ho nostalgia di quando ci facevamo mille chilometri al giorno con il furgone per suonare in giro ed essere pagati quanto bastava per la benzina». Non pensa mai: se mi rivolgo ai grandi numeri, divento meno autentico? «Ma aspirare ai grandi numeri è fondamenta­le! La Cappella Sistina, Picasso, i Beatles piacciono a tutti e un motivo ci sarà. Non mi sto paragonand­o a nessuna di queste

cose, sia ben chiaro, altrimenti mi prendono per matto. Però quando vedo 12 mila persone saltare all’unisono in un palazzetto e vedo che questi 12 mila sono dai 10 a i 60 anni, sono contento. Thegiornal­isti giocano nel campionato eterno della canzone italiana: canzoni per essere cantate da tutti». Che musica ascoltava da ragazzino? «Stavo in fissa con il Brit Pop: Blur, Verve ma soprattutt­o Oasis. Ho fatto cose pazze per loro. Andavo a Londra sotto casa dei Gallagher. Manco c’erano i cellulari che facevano le foto. Era solo per dire: sono qui, e qui, proprio qui, abita un Gallagher. Prima ascoltavo i preferiti di mia madre: Lucio Battisti, Gianna Nannini, John Lennon e Antonello Venditti. Per me Notte prima degli esami è la canzone perfetta. Sono molto legato all’infanzia, al liceo, a quel momento della vita fatto di motorini e prime sbronze, descritto in parte anche dai primi film di Gabriele Muccino». Lei non ha mai conosciuto suo padre ed è cresciuto, figlio unico, solo con sua madre. Che rapporto avete? «Le voglio bene da morire ma sa com’è, no? Le madri fanno incazzare i figli e viceversa. Mia madre è critica a livelli pazzeschi nei miei confronti. Non le va mai bene niente: i capelli, i vestiti…». E le canzoni? «Eh, insomma. Per lei andrebbe fatto tutto con il pianoforte a coda e gli archi… è una classicona. Quando abbiamo messo il synth in un pezzo, ha avuto moltissimo da ridire. Stanotte l’ho sognata, ho avuto un incubo in cui lei stava male, le colava il sangue dal naso, allora appena mi sono svegliato le ho telefonato tutto preoccupat­o. Stava benone, in macchina, andava da mia nonna che ha 97 anni e, da un paio, la demenza senile. Anch’io quando posso ci vado, me la abbraccio e le stringo le mani e le parlo. Non capisce più niente, non so se ci riconosca, eppure qualcosa, una piccola luce in mezzo al buio della mente, io sento che c’è». Sua madre è religiosa, lei? «Ho frequentat­o scuole cattoliche e c’è stato un periodo in cui mi drogavo di San Tommaso d’Aquino, lettura che apre e illumina, però non ho idee chiarissim­e. Diciamo che il mio rapporto con la religione, al momento, è tra parentesi». Fino a che età si può essere popstar o rockstar? «Vasco e Mick Jagger dimostrano che non esistono limiti, probabilme­nte basta averne voglia e tenersi in allenament­o. Per quanto mi riguarda, io farò questo mestiere fino al momento in cui avrò contezza del fatto che una canzone è buona o no». Frontman si nasce o si diventa? «Si nasce. Devi essere quello che già alla recita di Natale delle elementari veniva preso come protagonis­ta». È il suo caso? «Diciamo che io, già da piccolo, ero molto vivace, naturalmen­te predispost­o a una sana coglioneri­a». Chi sono gli altri due della band che non appaiono mai? «Ci siamo conosciuti al Lian Club di San Lorenzo tanti anni fa. Io suonavo in una band che si chiamava Kosmoradio, loro in un’altra, Ballast. Ci siamo piaciuti e abbiamo cominciato a fare una band parallela di

nascosto. Un corno totale, come quando stai a duemila con l’amante e a zero con la moglie. A un certo punto abbiamo dovuto dire la verità e avviare le pratiche dei due divorzi, è stato complicati­ssimo. Il batterista, Marco Primavera, è la nostra anima zen. Tutto tisane e mai una goccia d’alcol. Si sposta separatame­nte da noi, va con la sua fidanzata a vedere le mostre nelle città dove suoneremo. Il chitarrist­a, Marco Antonio Musella detto Rissa, è più simile a me, giocherell­one, casinista, abbiamo grandi discussion­i, momenti di immense incazzatur­e. Però noi tre siamo indivisibi­li». Lei ha dichiarato di avere sofferto di attacchi di panico. «Ne soffro ancora, nei periodi più stressanti. Li curo con lo sport e qualche pastiglia. Gli psicologi, con tutto il rispetto per la categoria che salva la vita a tanta gente, a me non sono serviti a nulla. L’attacco di panico è una cosa un po’ oscura, non si sa mai quando viene. A me di solito colpisce la mattina perché dormo poco e male. Sono sempre stato insonne, fin da bambino: se cade uno spillo in Norvegia, lo sento e mi sveglio». Sta con Carolina da quasi due anni, questa tranquilli­tà sentimenta­le le fa bene? «Molto. Non è vero che la creatività è alimentata dal tormento, per me è l’esatto contrario». Come vi siete conosciuti? «A una partita di calcio. Lei era seduta dietro di me, l’ho vista e da lì ho iniziato a scatenare l’inferno». Come si fa a essere teorici del romanticis­mo al tempo di WhatsApp? «Ti devono piacere davvero le donne, devi saperti gustare il piacere di una lunga conquista, scrivere e riscrivere messaggi, interpreta­re le spunte blu, attendere e preparare il terreno per il primo bacio. Quelli che vogliono arrivare subito al sodo mi paiono dei disperati, non li capisco. Il corteggiam­ento è la cosa più bella, rende la vita degna di essere vissuta». Vi sposerete? «Aiuto, ma che domanda mi fa?». In questa pagina: cappa di lana, Boss. Pag. 35: cappotto doppiopett­o, CC Collection Corneliani. Dolcevita, Falconeri. Pagg. 36-37: cappotto di lana, camicia e dolcevita, Liu Jo Uomo. Pagg. 38-39: giacca da smoking, Moschino. Dolcevita, Falconeri. Pag. 40: tuxedo di velluto e seta, Brunello Cucinelli. In tutto il servizio: orologio Milgauss, Rolex. Ha collaborat­o Ludovica Misciattel­li. Grooming Francesco Dominici per JuiceHeade­signer. Si ringrazia Giacomo Arengario & Rosa Grand Milano - Starhotels Collezione.

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